Pagine a cura di Sibilla Di Palma  

 

È caccia alle donne manager. Entro il 2012, infatti, i vertici delle società quotate e a partecipazione statale dovranno essere composti per almeno un quinto da donne. Ecco perché le società di executive search si sono già attivate alla ricerca dei migliori profili femminili sul mercato.

 

La legge.

La legge bipartisan sulle quote rosa n. 120 del 12 luglio 2011 stabilisce che i cda delle aziende quotate e delle società a partecipazione pubblica in scadenza dal 12 agosto 2012 dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto (20%) dei propri membri alle donne. Dal 2015 poi la quota rosa dovrà salire a un terzo (30%). Tradotto in numeri, secondo le stime, dovranno essere inserite nei board delle società quotate almeno 469 donne entro il 2012. Mentre alla fine del prossimo triennio ne serviranno altre 351. L’8 febbraio scorso, inoltre, la Consob ha stabilito le regole per garantire la realizzazione delle quote rosa negli statuti con una decisione a favore del genere femminile: l’arrotondamento della quota per eccesso all’unità superiore. Scelta che dovrebbe produrre una rappresentanza di donne ancora più alta, pari al 24,6% (anziché al 20%) al primo rinnovo e al 37,5% (anziché al 33,3%) in seguito. Con un turnover forzato dei consiglieri maschi pari al 32% in un triennio.

 

Le iniziative delle società di ricerca e selezione del personale.

Un dato che ha portato diverse associazioni e società di cacciatori di teste ad attivarsi per non farsi trovare impreparate. La Fondazione Bellisario, per esempio, ha incaricato due aziende di executive search, Heidrick & Struggles e Beyond International, di realizzare un database analitico chiamato «Mille curricula eccellenti» che ha portato all’individuazione di 1.700 profili papabili certificati, composti in prevalenza da docenti universitarie e manager italiane che hanno ottenuto riconoscimenti in patria e all’estero.

«Nella creazione del database, che abbiamo messo a disposizione di aziende, enti pubblici e ministeri che vi potranno attingere per i loro ruoli di vertice, abbiamo cercato di immedesimarci nello spirito di una legge in cui crediamo molto», sottolinea Maurizio Panetti, amministratore delegato di Heidrick & Struggles. Un’occasione che potrebbe essere sfruttata dalle aziende per inserire nei cda figure in grado di apportare valore aggiunto. «In vista del prossimo 12 agosto, le società quotate stanno infatti razionalizzando e ripensando la strategia di board, stanno cioè cominciando a domandarsi che competenze devono essere inserite nei loro cda, quante persone sono necessarie e quali sono le più indicate per ricoprire il ruolo di consigliere», prosegue Panetti.

L’associazione Pwa (Professional women association) ha lanciato, invece, il progetto Ready for Board Women, in collaborazione con quattro aziende dell’executive search: Eric Salmon & Partners, Heidrick & Struggles, Key 2 people e Korn Ferry International, che ha portato alla creazione di un dossier, messo gratuitamente a disposizione di tutte le società interessate, con circa 200 profili di donne manager adatte a sedere nei cda delle aziende italiane. «Già dal 2009 abbiamo iniziato a lavorare per costruire una lista di profili femminili per i consigli di amministrazione in modo da essere preparati, visto che della possibilità di introdurre la legge si parlava già da tempo», spiega Maurizia Iachino, partner di Key 2 People.

Una norma importante perchè in grado di scuotere il sistema che altrimenti sarebbe cambiato in maniera molto più lenta. «Inoltre, d’ora in poi chi sceglierà la composizione dei board dovrà valutare attentamente chi tenere e chi no, visto che il sistema prevede non l’aumento del numero dei componenti del board ma la sostituzione di una certa quota di consiglieri uomini con donne», aggiunge Iachino. «Questo aspetto contribuirà a innalzare la qualità dei cda». Un’opinione condivisa anche da Francesca Caricchia, executive director di Michael Page International, secondo cui «i dati dimostrano che l’equilibrio tra componenti maschili e femminili ai vertici aziendali è in grado di incidere positivamente sulle prestazioni delle imprese, sulla loro competitività e sui profitti». Da più parti la normativa è stata criticata perché limiterebbe la libertà di scelta privata ma secondo Massimo Milletti, managing director di Eric Salmon & Partners, l’intervento normativo era necessario per supportare il cambiamento culturale, secondo un approccio già seguito con successo in altri paesi europei. «Anche se forse sarebbe stato meglio prevedere un meccanismo di adattamento più graduale perché oggi la disponibilità di professioniste pronte per assumere ruoli importanti nei cda non è così ampia, visto che le donne difficilmente hanno avuto accesso a ruoli di top management negli scorsi anni». Da segnalare anche il servizio «quote rosa» dedicato alla ricerca di consiglieri di amministrazione donne, lanciato dalla società Miccoli Knudsen International e rivolto alle aziende interessate dalla legge, ma anche alle imprese che, pur non avendo vincoli di genere nella scelta dei propri amministratori, sono attente al tema delle pari opportunità.

 

Esperienza e competenze specifiche i requisiti fondamentali. Ma quali sono i requisiti che le aspiranti consigliere devono avere? Prioritarie sembrerebbero essere le competenze in campo finanziario e la seniority, cioè l’esperienza accumulata, preferibilmente in campo internazionale, nel settore dell’azienda in cui verranno inserite.

Molto appetibili risultano, in particolare, le donne che hanno ricoperto in precedenza ruoli di partner o di amministratore delegato. Ma c’è spazio anche per senior manager, docenti universitarie, professioniste e imprenditrici. «Un aspetto molto importante», spiega Panetti, «è che siano figure in grado di implementare le esigenze strategiche dell’azienda». Inoltre, aggiunge Milletti, «negli ultimi tempi sta emergendo la richiesta di donne da far entrare nel board con esperienza nell’ambito della gestione del personale, in grado cioè di assumere un ruolo rilevante anche nei comitati di remunerazione». Anche se chi sceglie la composizione dei cda al momento attuale si affida ancora molto raramente a società esterne. Come sottolinea Iachino, secondo cui «solo nel 15-20% dei casi la scelta dei profili viene affidata all’esterno. Una tendenza che speriamo cambierà nei prossimi anni».