Pagina a cura di Luciano De Angelis  

 

Professionisti e intermediari finanziari dovranno effettuare la segnalazione di operazione sospetta anche nel caso di meri reati tributari commessi dal proprio cliente se il delitto è in grado di generare profitti.

È uno dei passaggi più rilevanti del volume 1 intitolato «Prevenzione e contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e dei traffici transfrontalieri di valuta» della mega circolare in quattro volumi n. 83607 del 19 marzo 2012, emanata dal Comando generale in merito alla attività della Guardia di finanza a tutela del mercato dei capitali.

 

Le segnalazioni di riciclaggio a fini amministrativi.

 

La Gdf nel capitolo 2, parte prima del volume 1, punta l’attenzione sull’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette. Sul tema si ricorda (come peraltro già ritenuto dalla stessa Gdf nella circ. n.81/Incc del 16/8/2010), che con il recepimento della terza direttiva antiriciclaggio (attraverso il dlgs 231/07), la segnalazione di operazione sospetta non sia «più strettamente legata al concetto penale di riciclaggio o di reimpiego di denaro o di beni ai sensi degli artt. 648-bis e ter del c.p., bensì a tutti i casi previsti, ai fini amministrativi dall’art. 2 del dlgs 231/07.

L’obiettivo è, evidentemente, quello di allargare le situazioni da segnalare anche a quelle in cui il potenziale riciclatore non è estraneo al reato presupposto, ma addirittura vi partecipi, lasciando poi, agli organi inquirenti il compito delle valutazioni relative.

In altri termini, anche nei reati fiscali, gli intermediari finanziari ma soprattutto i professionisti dell’area economico-legale, dovrebbero provvedere ad effettuare la segnalazione anche nella situazione in cui il cliente dovesse essere egli stesso sospettato di aver commesso il reato presupposto. Ciò significa, secondo la gdf, che possa diventare oggetto di segnalazione di operazioni sospette anche l’attività di «Money laundering» (cioè reimmissione nel circuito delle spese lecite di proventi di attività illecite) effettuata dalla stessa persona che ha commesso il reato a monte (evasione fiscale con mezzi tali da configurare reato). In tal modo non dovranno più astenersi dalla segnalazione tutti quei professionisti o (intermediari finanziari o altri soggetti) che avevano dubbi sulla estraneità del cliente interessato dalla commissione e/o partecipazione al delitto a monte del riciclaggio.

Ciò non vuol dire, tuttavia, che con l’art. 2 del dlgs 231/01 si sia introdotto in Italia il reato di autoriciclaggio (cioè la configurazione del reato ex art. 648-bis c.c., quando lo stesso sia commesso dai medesimi soggetti responsabili e/o concorrenti nel reato presupposto), ma semplicemente che, a seguito della avvenuta segnalazione, si valuteranno in capo ai soggetti segnalati gli estremi dei delitti perseguibili, cioè, nel caso di specie, il reato fiscale e/o di riciclaggio. Resta, comunque, il fatto che si chiede al soggetto destinatario della normativa (intermediari, professionisti ed altri soggetti), di estendere le proprie segnalazioni a condotte penalmente rilevanti anche ai soli fini tributari quando esse siano finalizzate a sottrarre risorse all’Erario a prescindere dall’eventuale reato di «ripulitura», direttamente o indirettamente eseguita dal fraudolento evasore (si veda tabella nella pagina a fianco).

 

Da segnalare le situazioni «incoerenti». In merito alla segnalazione poi, nella circolare opportunamente si ricorda che la stessa non è un obbligo generalizzato al ricorrere di determinati presupposti (così come ad esempio la comunicazione ex art. 51), ma frutto di un esame complessivo di tutti gli elementi a disposizione sul cliente, nonché sulla rilevanza della medesima operazione. Il tutto al fine di segnalare unicamente quelle operazioni che fanno sorgere dubbi di provenienza illecita nel caso di riciclaggio, ovvero sospetti sulla destinazione finale del denaro nel caso di finanziamento al terrorismo.

In altri termini, secondo il «Corpo» le informazioni in possesso del segnalante non sono quasi mai esaustive per provare la provenienza delittuosa dei beni oggetto dell’operazione, né il professionista o l’intermediario dovranno compiere verifiche o controlli tesi ad accertare il reato. Purtuttavia, l’incoerenza fra i connotati oggettivi delle operazioni (ossia le loro caratteristiche, entità e natura) e i profili soggettivi del cliente (ossia la sua capacità economica ed attività svolta) o eventuali ulteriori anomalie alla luce di altre informazioni o circostanze conosciute dall’intermediario o dal professionista in ragione delle funzioni da esso esercitate devono costituire la base su cui fondare la segnalazione.

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