Il bilancio di lungo termine dei rendimenti è positivo per i fondi pensione. Dal 2003 al 2011 i comparti di previdenza complementare hanno battuto il Trattamento di fine rapporto (Tfr) in sei anni su nove. I fondi aperti e i negoziali hanno avuto la peggio solo nel 2007, 2008 e 2011, anni di forte volatilità in borsa. Mentre per i Pip, piani individuali di previdenza nati con la riforma del 2007, l’hannus orribilis è stato il 2008, una débâcle peraltro accusata soltanto dai comparti di tipo unit linked perché le linee legate alle gestioni separate sono riuscite a confermare rendimenti nell’ordine del 3,5% grazie alla valorizzazione degli investimenti ai prezzi di carico e non a quelli di mercato. E anche quest’anno si è aperto in positivo per gli strumenti di previdenza complementare. Dopo il risicato 0,1% realizzato nel 2011, i comparti di categoria hanno archiviato il primo trimestre del 2012 con un rendimento medio di circa il 3,8%, mentre la rivalutazione del Tfr in azienda è stata pari all’1,1%, grazie alla ripresa dell’inflazione. Bilancio in attivo anche per i fondi pensione aperti, che registrano in media un +4,2% che compensa il -2,4% del 2011. Performance positive legate al rimbalzo dei mercati nei primi tre mesi. Che però adesso devono essere difese. La correzione delle borse e la risalita dello spread di questi giorni sta mettendo a dura prova i gestori dei fondi pensione. Che ancora aspettano una revisione delle regole d’investimento da parte del Ministero dell’economia. Da anni infatti si parla di una riforma delle norme sulle possibilità di gestione dei prodotti previdenziali. Il documento è atteso dagli operatori che ora non possono investire in asset che hanno dato buone soddisfazioni agli investitori nell’ultimo decennio, come i titoli dei Paesi emergenti. Le diverse figure professionali che ruotano intorno alla previdenza complementare (Covip, fondi pensione, Casse e gestori) sono in attesa di questo provvedimento perché sono ben coscienti dell’importanza delle decisioni di investimento che saranno prese negli anni futuri per la stabilità degli strumenti pensionistici. La crisi sta cambiando il panorama e gli enti previdenziali sono i primi a dover capire se e quanto sia necessario cambiare le strategie di investimento e la loro applicazione. L’attuale contesto, infatti, ha costretto l’industria dell’asset management a riflettere, anticipare e rispondere meglio alle esigenze dei fondi pensione. Che avranno sempre più bisogno di forme di diversificazione per proteggere i montanti accumulati e garantire un’adeguata pensione di scorta agli investitori. Insieme alle nuove norme sugli investimenti ci sarà anche una stretta dal punto di vista della governance dei fondi pensione in modo da accompagnare una maggiore libertà di movimento nelle scelte gestionali con un controllo rafforzato del funzionamento dei board dei fondi. A maggior libertà dovrà quindi corrispondere un buon governo, sempre nell’ottica della tutela dei sottoscrittori. (riproduzione riservata)