ANDREA GRECO

Chi ha visto Antonio Catricalà venerdì scorso lo ha descritto come un uomo soddisfatto. Gli indirizzi dell’art. 36 sui doppi incarichi, partoriti dopo settimane di palleggi tra authorities e governo, hanno recepito lo spirito – piuttosto radicale – della norma da lui voluta contro le doppie poltrone nella finanza italiana, che ha gradi di connivenza da record mondiale. Quanto ciò abbia aiutato a sviluppare buoni servizi e buone aziende, lo mostrano le ultime vicende, da seguire nella cronaca giudiziaria. Ma entro giovedì, tutti i consiglieri sindaci o manager di vertice di tutti i settori finanziari dovranno scegliere su che poltrona stare, per allontanare l’idea di far concorrenza a se stessi. Il discorso vale anche per l’asse UnicreditMediobancaGenerali, un po’ il fulcro degli intrecci finanziari e dell’economia di relazione. È un passaggio importante, che segna un punto per la concorrenza dopo un decennio di scontri anche duri tra operatori e autorità, Antitrust in testa. Basti ricordare il procedimento FondiariaSai (2002) in cui il garante accertò il controllo di fatto di Mediobanca su Generali, o gli impegni per le fusioni IntesaSanpaolo e UnicreditCapitalia, o l’indagine conoscitiva del 2008. Ma i fan della concorrenza non potranno rallegrarsi davvero fino a quando, oltre ai doppioni negli incarichi, saranno stati sciolti gli intrecci azionari del capitalismo italico.