Caro direttore, onde evitare contrasti con la linea di MF-Milano Finanza a proposito di un tema controverso, invece di scriverti il solito articolo preferisco scriverti una lettera. Anzitutto ti ricordo che sono tra coloro che da almeno quattro anni sostengono la necessità di una riorganizzazione per finalità del sistema delle Authority operanti nel credito e nel risparmio, attribuendo il controllo totale sulla stabilità alla Banca d’Italia, sulla trasparenza alla Consob e sulla concorrenza all’Antitrust. Ciò comporta l’incorporazione di Isvap e Covip nell’Istituto di via Nazionale. I vantaggi in termini di organicità, efficienza ed efficacia della vigilanza sarebbero rilevanti. Nel governo si sta opportunamente valutando tale confluenza anche in previsione della prossima scadenza del mandato del presidente dell’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni: una circostanza propizia per accelerare questa operazione. A essa vengono tuttavia pretestuosamente rivolte alcune obiezioni che dovrebbero essere insuperabili e che tutte, invece, sono superabilissime. Si dice che l’approccio del controllo sulle assicurazioni è attuariale, dunque poco consono alla Banca centrale: come se in quest’ultima albergasse una monocultura e non un ultrasecolare patrimonio eccezionale di professionalità, competenze ed esperienze che, insieme con le attuali risorse in forza all’Isvap e con gli sviluppi nel rapporto tra banche e imprese anzidette, può consentire un progresso significativo nei controlli di stabilità. Qualcuno parla del potere della Banca d’Italia che, con l’accorpamento, si accrescerebbe. Ma finora, la Banca ha dimostrato di esercitare le sue attribuzioni in piena lealtà istituzionale, trasparenza e, soprattutto, accountability. Il sistema dei contrappesi, anche giurisdizionali, è più che adeguato. Quella del potere è scopertamente una motivazione per spaventare, probabilmente perché non si vogliono avanzamenti nei controlli. Si aggiunge poi l’obiezione sul potenziale conflitto di interesse, in relazione alla partecipazione della Banca nelle Generali. Su questo tema ho avuto modo di scrivere oltre quattro anni orsono, dunque ne parlo nell’insospettabilità di mutamenti di opinione. Il rischio della medesima figura di controllore-controllato si può agevolmente superare ricorrendo a un assetto funzionale-organizzativo o, se si vuole, anche giuridico, che prevenga ogni commistione di compiti, la quale, in ogni caso, sarebbe nei fatti solo potenziale. Del resto, bisogna anche guardarsi intorno: per esempio, che dire del Tesoro che controlla le fondazioni di origine bancaria, le quali poi partecipano al capitale della Cassa Depositi e Prestiti e con essa svolgono una serie di operazioni? Una partecipazione – si ricordi bene – sollecitata dallo stesso ministro dell’Economia dell’epoca del suo avvio? Insomma, l’obiezione non è affatto impeditiva. E i mezzi per superarla sono numerosi. Quanto all’altra critica, pure essa fatta trapelare, riguardante la partecipazione al capitale della Banca d’Italia di banche e assicurazioni, da un lato essa dimostra troppo e non si avvede che già trova la risposta nel modo in cui finora è stata esercitata la vigilanza sugli istituti di credito e, prima ancora, nella giuridica impossibilità per i partecipanti di ingerirsi nella vita della Banca anche sulla base di espressi divieti di legge; dall’altro, la critica finisce per toccare inconsapevolmente la strampalata legge sulla tutela del risparmio (la 262 del 2005) la quale, tra l’altro, prevede l’assurdità della statizzazione dell’Istituto monetario: a quest’ultima nessuno ha pensato di mettere mano, neppure i suoi promotori, stanti la evidente illegittimità costituzionale e l’enormità dell’immagine negativa, per l’esecutivo, che ne scaturirebbe anche a livello internazionale. Del resto, il termine per tale operazione fissato dalla 262, un termine perentorio, è da tempo spirato (tre anni a partire dal gennaio 2006). Si potrebbe concludere che la norma è decaduta. Ma, per tagliare la testa al toro, la normativa sull’incorporazione potrebbe essere anche l’occasione per procedere alla formale abrogazione e definitivamente sistemare, sotto il profilo formale, la materia. Altre problematiche secondarie vengono in questi giorni agitate, ma riguardando i criteri di attuazione dell’accorpamento in questione, sono ancor più rapidamente superabili. Quanto allo strumento normativo per il riassetto della Vigilanza, si potrebbe procedere con legge delega, decreto delegato e norme amministrative di attuazione o scegliendo altri veicoli normativi. Si potrà prevedere un periodo di tempo per la transizione. Ma, si eviti di evocare idola fori per la realizzazione di un’operazione che da tempo avrebbe dovuto essere condotta a termine. È da apprezzare l’intento del governo, a patto che non resti, pure questa volta come con i passati governi, iscritto negli annali dei solo buoni propositi. Angelo De Mattia