CATIA BARONE

Rappresentano l’eccellenza italiana, si specializzano per curare e salvare più vite umane possibili, e passano gran parte del loro tempo in sala operatoria. Eppure, per i chirurghi, esercitare la professione è sempre più difficile. Colpa delle troppe richieste di risarcimento, colpa dei troppi rischi ai quali i medici si espongono durante gli interventi. Per loro il mercato delle assicurazioni ha alzato un muro, diventato nella maggior parte dei casi invalicabile. E così, figure professionali di alto livello non riescono trovare una copertura contro il rischio clinico. La situazione è talmente critica che ha spinto il Collegio Italiano dei Chirurghi a scrivere una lettera al presidente del consiglio Mario Monti e al Ministro della Sanità Renato Balduzzi. Un vero e proprio appello, per chiedere un intervento e scongiurare il fallimento di un’eccellenza italiana, preziosa al nostro Paese. A pochi giorni da quella lettera, un passo avanti è stato già fatto. Il recente incontro in Senato, tra il presidente del Cic Marco d’Imporzano e le Istituzioni ha portato all’inserimento delle richieste sul rischio clinico e l’assicurabilità dei chirurghi nel disegno di legge n.50, in attesa della sua approvazione.
Secondo l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici i cittadini hanno fatto 34.000 denunce fatte in un anno per danni legati alla sanità. “Manca un sistema di gestione del rischio clinico a livello aziendale, regionale e nazionale, e non esiste una previsione di responsabilità delle strutture sanitarie per difetto di organizzazione e violazione dell’obbligo di sicurezza nell’erogazione delle cure – spiega il Collegio – fatto ovviamente distinto da quello che fonda tutto l’impianto responsabile sulla negligenza, imprudenza ed imperizia del medico”. Secondo il Cic la struttura dovrebbe infatti avere l’obbligo di dotare il chirurgo di una assicurazione subito attiva per la copertura dei danni ai pazienti che possono essere provocati non solo dal singolo chirurgo ma anche dall’intera equipe, oltre a quelli derivati dalle carenze strutturali e organizzative della struttura.