Se, da una parte, l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni ribadisce per l’ennesima volta che non è allo studio alcun aumento di capitale, dall’altra il manager fa capire che la discussione sui «cashes» in corso con la Banca d’Italia potrebbe creare qualche problema in merito al computo degli indici di patrimonializzazione. Ghizzoni, rispondendo alle domande degli azionisti nel corso dell’assemblea che si è tenuta ieri a Roma e che ha approvato il bilancio 2010, ha spiegato che la banca sta studiando le misure necessarie per contabilizzare il prestito subordinato convertendo in azioni, il cosiddetto «prestito cashes», all’interno del Core tier 1, che al 31 dicembre era pari all’8,58 per cento. Percentuale al cui interno erano per l’appunto conteggiati anche i cashes. Tuttavia, secondo quanto emerso negli ultimi giorni, Bankitalia avrebbe segnalato l’inadeguatezza dell’attuale struttura di questi bond ai fini del loro impatto sul Core tier1, con un annesso rischio di revisione al ribasso dell’indice di patrimonializzazione. Unicredit, ha spiegato l’ad, «sta svolgendo alcuni approfondimenti, dopo le recenti novità regolamentari in materia di capitale bancario. Anche nel mutato quadro regolamentare crediamo che venga confermato il trattamento come core capital degli strumenti emessi». Nel caso in cui «l’esito degli approfondimenti in corso dovesse andare in un altro senso, Unicredit porrà in essere ogni iniziativa per mantenere questo trattamento. Se sarà necessario faremo quel che si deve». L’istituto di Piazza Cordusio, ha tranquillizzato Ghizzoni, «ha oggi un livello di patrimonializzazione adeguato. Il Core tier 1 era all’8,58% a fine dicembre 2010 e pensiamo di superare questo livello già nel primo trimestre del 2011». Ghizzoni ha poi ricordato che «negli ultimi due anni il gruppo ha progressivamente incrementato i propri ratio patrimoniali, anche attraverso aumenti di capitale. Già oggi siamo in linea con i minimi attesi per il 2019. Abbiamo quindi tempo e spazio per continuare a rafforzare il capitale, indipendentemente da un aumento».
Resta il fatto che già sembrava intravedersi la possibilità di una ricapitalizzazione per Unicredit tra la fine dell’anno e l’inizio del 2012, e che la questione aperta con Via Nazionale sembra non fare altro che avvalorare questa ipotesi. L’aumento potrebbe tra l’altro creare qualche problema con i soci libici che, nel complesso. hanno in mano circa il 7,5% e le cui quote sono state sterilizzate dei diritti a causa delle tensioni politiche del Paese. Sempre ieri, Ghizzoni è intervenuto anche su questa questione, puntualizzando che il congelamento delle partecipazioni «non può essere fonte di responsabilità per la banca, in quanto noi stiamo applicando le regole Onu». L’ad della banca milanese ha aggiunto che in caso di aumento di capitale «i diritti di opzione dei libici non potranno essere esercitati» e ha precisato che l’eventuale trasferimento delle quote dipende dalla disciplina del Paese dove queste sono depositate. «Oggi il gruppo è in grado di attirare capitali, se ci fosse necessità», ha tagliato corto l’ad lasciando intuire che ciò prescinde dalla sterilizzazione delle quote libiche.
Tra le altre cose, Ghizzoni ha ribadito che la quota detenuta da Unicredit in Mediobanca, pari all’8,66%, «è strategica». Intanto, dal bilancio di Cariverona, primo socio italiano di Unicredit, è emerso che l’ente scaligero ha limato al 4,21% la propria partecipazione (4,64% la quota risultante dal sito della banca). La cessione di una «quota contenuta» di Unicredit ha permesso una plusvalenza di 49 milioni.