Finanza tossica: scatta l’allarme
 di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi** * Sottosegretario all’economia nel governo Prodi ** Economista 

I danni della ripresa dei giochi speculativi della finanza tossica dei derivati e affini potrebbero essere ben più gravi di quelli causati dai tornado che si stanno abbattendo sugli Usa. Leggere il recentissimo rapporto «Wall Street and the financial crisis: anatomy of a financial collapse» della Commissione d’indagine bipartisan del Senato americano presieduta dal democratico Carl Levin e dal repubblicano Tom Coburn e nel contempo assistere ai preparativi di una nuova e devastante crisi bancaria e finanziaria è davvero sconcertante. Dati incontrovertibili hanno indotto infatti a gettare un nuovo allarme.

Nel 2010 le 5 maggiori banche americane, con un valore nozionale in derivati per 231 mila miliardi di dollari, hanno incassato da queste operazioni profitti per 19,3 miliardi, 3,1 in più dell’anno precedente. Gli hedge fund hanno aumentato le loro operazioni e superato tutti i record. Sfruttando la debolezza del sistema bancario, per la prima volta essi hanno raggiunto il massimo dei capitali gestiti di ben 2.000 miliardi di dollari.

Con i mercati e le banche pieni di liquidità ampiamente elargita dalla Federal Reserve, le banche di investimento e le altre finanziarie sono tornate a «confezionare» alla grande vecchi e nuovi titoli cosiddetti strutturati, cioè titoli emessi su altri titoli, come gli Asset-backed Securities, i Cdo, i Cds.

In queste cartolarizzazioni esasperate regnano il rischio, l’opacità e l’illusione della finanza «creativa» sganciata dai processi economici reali. Sono potenzialmente tossici ed hanno per sottostante un debito spesso di incerta e bassa qualità.

Tra i sottostanti, oltre ai mutui, annoverano infatti i debiti delle carte di credito, quelli per l’acquisto di auto e di qualsiasi altro bene comprato a rate o addirittura altri derivati. Non hanno altra garanzia che il costante flusso di cassa prodotto dai regolari pagamenti. Se una qualsiasi causa, tornado naturale, sociale o politico, dovesse manifestarsi e interrompere il flusso, avremmo un’altra crisi come nel 2007-8.

Il Financial Stability Board, presieduto da Mario Draghi, di recente ha opportunamente avvertito di possibili «sviluppi inquietanti» di certi derivati e dei loro effetti sui mercati, soprattutto quello delle commodity.

Il complesso di questi operazioni di fatto costituisce il cosiddetto «sistema bancario ombra» che muove ben 16 mila miliardi di dollari, di gran lunga più grande di quello ufficiale con cui comunque interagisce.

Il rilancio in atto della finanza tossica si scontra duramente con il Rapporto Levin che ancora una volta sottolinea come «la crisi non è stato un disastro naturale, bensì il risultato di alti rischi, prodotti finanziari complessi, conflitti di interesse coperti, il fallimento degli organi di controllo, il ruolo delle agenzie di rating e dello stesso mercato che hanno permesso e guidato gli eccessi di Wall Street».

Detto rapporto di oltre 600 pagine rivisita con dovizia di dettagli la follia finanziaria sistemica che ha portato alla crisi. Nel capitolo «Abusi delle banche di investimento: i casi della Goldman Sachs e della Deutsche Bank» si spiega come nel periodo tra il 2004 e il 2008 gli istituti finanziari americani abbiano emesso circa 2,5 trilioni di dollari in derivati Rmbs (basati su ipoteche di abitazioni) e altri 1,4 trilioni di Cdo legati ai mutui casa.

Oltre a ribadire le responsabilità della Goldman Sachs, è significativo, anche per la situazione europea, che si diano le prove a carico della Db tedesca, che è diventata centrale nella «macchina Cdo» e nello «schema Ponzi». Negli Usa una delle prime grandi piramidi finanziarie degli anni venti orchestrata dall’italo americano Charles Ponzi fu così chiamata. Nel 2007 la DB gestiva sul mercato americano 128 miliardi di dollari di Cdo che causarono al suo bilancio una perdita secca di 4,5 miliardi.

Questo fatto la dice lunga sulla partecipazione delle banche europee nella grande speculazione. Svela inoltre una malcelata debolezza del sistema bancario tedesco che ha ancora centinaia di miliardi di euro in titoli tossici da smaltire. Speriamo che ciò spinga Berlino ad un atteggiamento più costruttivo e unitario nell’affrontare i problemi finanziari e del debito pubblico dell’Ue.

Il rapporto della Commissione d’indagine del Senato americano è in definitiva un monito molto forte sui rischi di una ricaduta sistemica nei vecchi schemi della finanza e conferma quanto da noi evidenziato nel libro «I gattopardi di Wall Street» recentemente pubblicato.