Generali? Non se ne è parlato, ieri, nel corso di cda di Mediobanca, il primo dopo il ribaltone alla presidenza del Leone di Trieste, facilitato proprio da Mediobanca, da De Agostini, da Fondazione Crt-Ferak e altri e che ha visto Gabriele Galateri succedere a Cesare Geronzi. Almeno questa è la tesi ufficiale proposta dal consigliere di piazzetta Cuccia, Vincent Bolloré, esponente del gruppo C (i soci esteri).


Nessuna indiscrezione è invece venuta dai vertici di Mediobanca, guidati dal presidente, Renato Pagliaro e dall’a.d., Alberto Nagel. Bolloré invece, è stato come un fiume in piena.

Il finanziere francese ha intanto parlato di un clima sereno nel corso della riunione. In ogni caso egli, con il 5% di Mediobanca, non intende uscire dal patto di sindacato, che scadrà a fine anno e verrà automaticamente rinnovato salvo disdette tali da farlo decadere. «Non credo, ha aggiunto, «che ci siano soci che vogliono uscire dal patto, non lo so». Quanto alle ipotesi che la quota sindacata nel patto possa scendere sotto il 40% avvicinandosi al 30%, Bolloré ha commentato: «Non credo che sia nell’interesse di nessuno». In ogni caso, «per ora non è prevista» alcuna riunione del patto, che è in scadenza alla fine dell’anno e attualmente raggruppa il 44,5% del capitale. Gli ha fatto eco anche l’altro consigliere, Tarak Ben Ammar, secondo cui «per il patto c’è l’estate di mezzo. Ne parleremo in autunno».

Ma che la necessità di una riflessione sul tema esista è dimostrato dalle parole del presidente di Unicredit, Dieter Rampl, che, in un’intervista a Repubblica, ha sostenuto che «Mediobanca è il perno di Generali, noi il perno di Mediobanca» ed è arrivato il momento di rivedere il patto di sindacato. «Vedremo cosa succederà, ma penso che discuteremo».

Dal canto suo, Ben Ammar ha voluto smentire le voci che lo danno come legato a Silvio Berlusconi. «La politica non c’entra con Mediobanca. Tutto quello che avete letto è un political thriller che non esiste», ha detto. «Avete letto», ha detto ai giornalisti all’uscita da piazzetta Cuccia, «le ricostruzioni che avrebbero visto Silvio Berlusconi infuriato per essere stato all’oscuro sulla sostituzione di Cesare Geronzi. Avete letto che Berlusconi non era tenuto al corrente di Generali. Se non mi sbaglio, sono da otto anni in Mediobanca e leggo sempre che il finanziere tunisino è vicino al presidente Berlusconi. Ormai sono una colonia di Berlusconi. Sono onorato, è un mio amico, ma questo vi dimostra che separo la mia amicizia dal mio ruolo di consigliere di Mediobanca che prendo molto sul serio. Dunque, veramente, la politica non entra in Mediobanca. Da quando ci sono, non l’ho vista entrare e spero che anche in futuro sarà così»