Verdetto favorevole anche per i manager La procura: è stata un’indagine doverosa Il 2 maggio la Cassazione decide su Tanzi 

di Luca Gualtieri e Fabrizio Massaro

 

Tutti assolti per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste. È questo l’esito del processo che a Milano vedeva imputate quattro banche estere e sei manager per l’aggiotaggio nell’ambito del crack della Parmalat.

Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup e Deutsche Bank erano accusate di aver violato la legge 231, che impone l’adozione di modelli organizzativi per prevenire i reati commessi dai dipendenti. Ieri alle 13,30, dopo tre ore e mezza di camera di consiglio, la seconda sezione penale del Tribunale presieduta da Gabriella Manfrin ha assolto i quattro istituti e i manager Paolo Botta (Citibank), Giaime Cardi (Credit Suisse), Marco Pracca e Tommaso Zibordi (Deutsche Bank) e Paolo Basso e Carlo Pagliani (Morgan Stanley). Per l’accusa, rappresentata in aula dai pm Eugenio Fusco e Carlo Nocerino e che aveva chiesto confische per quasi 120 milioni e una sanzione pecuniaria complessiva di 3,6 milioni, è una dura sconfitta, la seconda dopo l’assoluzione dei funzionari di Bank of America nel primo troncone, quello nei confronti di Calisto Tanzi e del cda Parmalat. Per le persone fisiche l’accusa aveva chiesto condanne da 1 anno a 1 anno e 4 mesi, tranne che per Cardi per il quale era stato chiesto il non doversi procedere per prescrizione. In sostanza, assolvendo perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, i giudici avrebbero stabilito che alcuni comunicati di Parmalat (le banche erano accusate di aver agito in concorso) non contenevano informazioni false, oppure che l’aggiotaggio è stato commesso solo da Tanzi, la cui condanna a 10 anni in appello approderà il 2 maggio in Cassazione. Saranno le motivazioni, attese entro 90 giorni, a chiarire la posizione delle banche nei singoli rapporti che hanno intrattenuto con la Parmalat. Dal punto di vista procedurale il processo era comunque avviato su un binario morto, visto che la prescrizione sarebbe arrivata per tutti gli imputati entro poche settimane. Adesso tutti i fari si spostano su Parma, dove le banche sono alla sbarra per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta.

La sentenza è stata accolta in aula con sorpresa e sollievo dai tanti avvocati, con abbracci e pugni alzati in segno di vittoria. La resistenza per sette lunghi anni ha alla fine pagato, dal punto di vista delle banche. Solo due istituti, Nextra (Intesa Sanpaolo) e Ubs avevano patteggiato una condanna lieve all’inizio del procedimento pur di uscire da un processo dalle molte incognite. Per Bank of America «ancora una volta è stato confermato che nessuno dei dipendenti di Bofa fosse a conoscenza della frode diParmalat». «A dibattimento le singole contestazioni sono state analizzata puntualmente ed è stata dimostrata la correttezza delle banche», ha affermato l’avvocato Francesco Isolabella, legale di Deutsche Bank, mentre l’avvocato Nerio Diodà, che ha difeso Citi, ha lodato il tribunale «forte e indipendente». La banca Usa ha sempre «sostenuto di esser stata defraudata» e tuttavia di aver offerto risarcimenti ai risparmiatori «per ragioni morali». Reazioni opposte da parte dei pm: secondo fonti della procura si è trattato di «un’indagine doverosa», anche se «forse non siamo riusciti a trovare gli elementi sufficienti per dimostrare la responsabilità di questi imputati».

 

L’assoluzione è stata una doccia fredda anche per i 30 mila detentori di bondParmalat: «Non vorremmo trovarci di fronte a giudizi condizionati dalla forza contrattuale dei bankster, che trovano in Italia il Paese di Bengodi, dove banchieri e bancarottieri non pagano mai il conto», ha dichiarato Elio Lannutti dell’Adusbef (riproduzione riservata)