Secondo l’accusa l’operazione di Unipol su Via Veneto è stata ispirata dalla visione medievale della vigilanza dell’ex governatore. Ma in sede civile la tesi del patto occulto è stata smontata più volte in Corte d’appello 

di Andrea Di Biase e Fabrizio Massaro

Nonostante ben quattro Corti d’Appello (Bologna per due volte, Roma e Genova) abbiano cancellato le sanzioni amministrative comminate dalla Consob ad alcuni dei protagonisti della tentata acquisizione della Bnl da parte di Unipol, negando l’esistenza del patto occulto tra la compagnia bolognese e i suoi alleati, ieri a sorpresa la Procura di Milano, nell’ambito del processo penale sugli stessi fatti, ha chiesto al Tribunale la condanna di gran parte delle 21 persone imputate e accusate a vario titolo di aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza.

Tra questi spiccano i nomi dell’ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte, accusato anche di insider trading, per il quale il pm Luigi Orsi ha chiesto una condanna a 4 anni e 7 mesi di reclusione e un milione e 200 mila euro di multa, l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, per il quale l’accusa ha chiesto una pena di 3 anni e 6 mesi e una sanzione di 700 mila euro, e il costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone, ritenuto leader del cosiddetto contropatto di Bnl, per il quale è stata proposta una condanna a 4 anni e 1 milione di multa.

A Fazio la Procura ha riconosciuto le attenuanti generiche perché, ha spiegato Orsi, «è l’unico dei protagonisti che ha perso il posto e ha avuto il coraggio di venire in aula a riaffermare l’ideologia che lo aveva pervaso, improntata a una visione medioevale della Vigilanza».

 

Per quanto riguarda gli altri imputati, quattro anni e 4 mesi di reclusione sono stati chiesti invece per l’attuale ad di Unipol, Carlo Cimbri, e per l’ex vicepresidente della compagnia Ivano Sacchetti, mentre per i banchieri che hanno affiancato Consorte nell’operazione (Gianni Zonin e Divo Gronchi della Popolare di Vicenza, Guido Leoni della Bper e Giovanni Berneschi della Carige) così come per gli altri componenti del contropatto (Stefano Ricucci, Danilo Coppola, Giuseppe Statuto, Ettore e Tiberio Lonati) la richiesta è stata di 3 anni e 600 mila euro di multa ciascuno. Chiesti 3 anni e 4 mesi e una sanzione di 500 mila euro anche per l’ex capo della Vigilanza di Bankitalia, Francesco Frasca, mentre 2 anni e 400 mila euro di multa sono stati chiesti per l’immobiliarista Giulio Grazioli. La Procura di Milano, che ha avanzato una richiesta di condanna a una sanzione pecuniaria anche per Unipol (975 mila euro),Carige, Popolare di Vicenza, Bper e Deutsche Bank (600 mila euro ciascuna), si è pronunciata invece per l’assoluzione nei confronti dell’attuale presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini (all’epoca dei fatti numero uno di Coop Adriatica e di Holmo) e dell’ex presidente di Hopa, Emilio Gnutti, e per i manager di Deutsche Bank, Filippo De Nicolais e Rafael Gil-Alberdi.

Nel corso della requisitoria il pm Orsi, oltre a evidenziare le eventuali responsabilità di Consorte nell’ambito di «un’operazione di portata sistemica» che ha visto coinvolta larga parte del mondo bancario e della politica, si è soffermato principalmente sul ruolo di Fazio, definito il «direttore d’orchestra» di tutta l’operazione, su quello di Frasca, descritto come un «tecnico molto capace», che ha messo a disposizione la sua conoscenza delle regole al disegno dell’ex governatore, e su quello di Caltagirone, a giudizio della Procura uno dei leader dell’operazione, per via dell’influenza manifestata sugli altri immobiliaristi. Nel suo racconto Orsi ricostruisce gli eventi della primavera-estate 2005 con la tentata conquista da parte di Unipol della Bnl. Un tentativo di acquisizione messo in atto da Consorte e i suoi alleati, con la supervisione di Fazio, per ostacolare e rendere vana l’ops lanciata su Bnl dagli spagnoli del Bbva. «Siamo di fronte a un’operazione di portata sistemica ad opera del regolatore (Banca d’Italia, ndr) e di una parte del mondo bancario che riguarda, anche in vista della contemporanea scalata ad Antonveneta, la politica della vigilanza in quel momento in Italia», ha affermato Orsi.

Una ricostruzione fortemente contestata dai legali di Unipol. «Il pubblico ministero», si legge in una nota degli avvocati della compagnia, «ha offerto una lettura non condivisibile della vicenda, perché testimoni e tecnici ascoltati dal Tribunale hanno smentito la tesi dell’accusa, che era già stata riscritta in udienza preliminare ed ancora oggi è stata modificata». Le intercettazioni telefoniche «in linea con i documenti e le dichiarazioni di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel tentativo di acquisto del controllo della Bnl compiuto da Unipol insieme ad altri alleati nell’estate del 2005, hanno dimostrato che la società aveva agito con l’obiettivo di tutelare gli interessi dei propri azionisti, nel pieno rispetto della normativa di settore e sotto la costante vigilanza e guida di tutte le autorità di controllo bancaria, assicurativa e della Consob». Quest’ultima, concludono i legali, «ha negato che vi sia stata manipolazione del mercato e per questa ragione non si è costituita parte civile. C’è fiducia che il giudice penale attesti la legittimità dell’operazione, così come già hanno giudicato alcune Corti d’Appello in sede amministrativa in relazione al medesimo episodio». (riproduzione riservata)