Per attenuare gli effetti negativi della riforma è necessario formare subito un tavolo che ripensi la normativa 

Pagine a cura di Gian Marco Giura

I principali assicuratori italiani, riuniti a Milano giovedì 14 aprile in occasione della consegna dei Milano Finanza Insurance Awards 2011, hanno lanciato un messaggio inequivocabile al governo e agli organi di vigilanza: occorre sedersi intorno al tavolo e concertare insieme un nuovo codice di regole condivise che tenga conto della struttura reale del mercato assicurativo in Italia e dell’attuale congiuntura economica, per attenuare le profonde sfasature provocate dalla riforma Bersani al fine di rendere più solida la struttura del mercato, consentendo agli assicuratori di svolgere il loro ruolo con il miglior beneficio del Paese.

 

L’andamento del mercato.

Il segmento assicurativo nazionale viene da 12 mesi caratterizzati da luci e ombre, che dopo la violenta crisi del 2009 si sono alternati delineando una situazione che comunque resta di non semplice lettura. Da un lato l’incremento della raccolta premi pari all’8%, composto da una crescita dell’11% del ramo Vita e da quella del 2,5% registrata nel ramo Danni; dall’altro lato la progressiva diminuzione della capitalizzazione di borsa delle compagnie italiane che nel corso del 2010 hanno lasciato sul tappeto il 14% del proprio valore. Da sottolineare che tale andamento è di segno diametralmente opposto a quello evidenziato dall’indice europeo che a fine dicembre 2010 aveva archiviato un balzo del 15% nei 12 mesi.

Un trend che tuttavia si è progressivamente riallineato a partire da gennaio 2011, al punto che a metà aprile la performance delle compagnie italiane (+12%) non era molto distante dal +18% dell’indice europeo.

Elemento di tendenza positivo è anche la crescita del livello di soddisfazione della clientela nei confronti dei propri assicuratori, che secondo l’annuale rapporto di Eurisko commissionato dall’Ania sarebbe salito al 67%. Il contraltare negativo è invece l’allarme sullo stato di salute delle agenzie i cui conti sono tali, secondo un recente report commissionato sempre dall’Ania, che un terzo di esse rischia la chiusura. Il tutto in un contesto economico globale in cui le compagnie italiane si trovano a operare nella metà del mondo in crisi, con Stati fortemente indebitati, tassi di crescita molto bassi e strutture demografiche non favorevoli, cui fa da contraltare l’andamento fortemente positivo dell’altra metà del mondo, quella dei cosiddetti Paesi emergenti, quali Brasile, Cina e Russia, che vantano una situazione anche prospettica particolarmente favorevole.

 

I danni della Bersani. «Fino alla riforma Bersani il mercato italiano delle assicurazioni era il più interessante d’Europa, con compagnie solide, un sistema distributivo sano e prospettive di crescita molto buone», ha spiegato Enrico Tommaso Cucchiani, membro del Vorstand di Allianz SE e presidente di Allianz Italia. «La Bersani ha introdotto un sistema perverso: se da allora le tariffe sono calate del 20% circa, che è un elemento molto positivo per i consumatori, nel contempo il costo dei sinistri è aumentato del 6% e i costi distributivi sono cresciuti proporzionalmente anche del 15%.

Così i conti non tornano più perché ci ritroviamo in presenza di un sistema assicurativo che per la parte Danni, importante in termini di bottom line, nel corso degli ultimi due anni ha registrato notevoli sofferenze, perdite, contrazione dei margini di solvibilità, necessità di ricapitalizzazione: tutti segnali di un mercato che ha evidenti difficoltà e che è molto meno in salute rispetto all’epoca pre-Bersani».

Che fare per rendere quindi più solido e robusto il sistema assicurativo italiano e fare in modo che gli operatori, che sono gli investitori istituzionali prevalenti in Italia, visto che assorbono fra un terzo e un quarto del debito pubblico italiano, possano operare in modo più sereno? «Occorre fare quanto non è stato fatto al momento di introdurre la riforma Bersani, cioè riunire tutte le parti coinvolte perché affrontino insieme questo tema, che è delicato e complesso, invece di accontentarsi di affidare un tema tanto delicato a qualche professorino che non conosce in concreto il business assicurativo, il quale ha articolazioni più profonde di quanto non si possa immaginare», ha concluso Cucchiani.

 

Solvency 2. A Cucchiani, manager italiano con maggiore responsabilità nel gruppo primo al mondo per raccolta, utile operativo e utile netto, è stato assegnato il premio Lombard-Insurance Elite, destinato alle compagnie, ai manager e alle fondazioni che si sono distinte per credibilità e reputazione. Ma anche alle società che si sono messe in luce per le loro strategie, nel corso di quello che è forse stato il momento più alto della serata e ha visto succedersi sul palco delle Officine del Volo alcuni fra i manager più stimati alla guida delle principali compagnie italiane.

Fra questi va segnalato Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol, che ha espresso la sua valutazione sullo sviluppo del mercato italiano in vista dell’entrata in vigore della direttiva europea comunemente chiamata Solvency 2. «Occorre lavorare molto per far sì che le regole introdotte dall’Unione europea siano in sintonia con le esigenze di stabilità del sistema assicurativo, che sono doverose», ha detto Cimbri, «evitando però che si arrivi a irrigidire il mercato a tal punto da rendere difficile il lavoro delle compagnie, con lacci e lacciuoli che ci impediscono di fornire al paese e all’Europa in generale le risposte che ci si aspetta da società il cui operato è così importante per lo sviluppo del paese». A tal proposito Cimbri (premio Lombard-Insurance Elite per la migliore operazione di integrazione realizzata nel 2010, quella con Arca Vita) ha confermato come al primo posto della sua agenda operativa ci sia la solidità patrimoniale del gruppo e che i rapporti tra Unipol e Coop sono straordinariamente positivi.

 

Informazione & previdenza. Per quanto riguarda lo sviluppo del settore un elemento chiave è la previdenza complementare, su cui si gioca la partita dei prossimi anni. Alla fine di questo decennio cominceranno ad arrivare le prime pensioni erogate con il metodo contributivo (con quello misto a partire dal 2015); ma la cosa grave è che gli italiani non lo sanno e che la pubblica amministrazione non informa a sufficienza. «Ce ne siamo resi conto mano a mano che proponevamo prodotti ai nostri clienti, quando si è manifestata in modo chiaro la necessità di informare e fare emergere una consapevolezza che oggi c’è molto poco, in merito a un argomento così importante per lo sviluppo sociale di una larga fascia di lavoratori», ha rincarato Maria Bianca Farina, amministratore delegato di Poste Vita. «Non si dice con chiarezza cosa cambierà e quindi quali siano gli strumenti di cui occorre dotarsi per affrontare questa svolta epocale. Le persone chiedono soluzioni e queste sono tanto più valide se individuate fino a che si ha un’età ancora giovane, che è molto importante per sviluppare una corretta formula previdenziale», ha continuato Farina (premio Lombard- Insurance Elite quale miglior assicuratore dell’anno) confermando che Poste Vita ha già superato la soglia di 340 mila adesioni alle polizze di previdenza individuale, con un’età media dei sottoscrittori pari a 34 anni. «In quella fascia d’età c’è il futuro della previdenza e lì il settore pubblico dovrebbe giocare la partita della comunicazione e dell’informazione su scala amplissima».

Alcune delle ultime stime della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip) dicono che su un mercato potenziale di 23 milioni di soggetti solo il 20% oggi accede ai prodotti di previdenza complementare. Un’occasione importante che si può cogliere «solamente a patto di informare molto, nel modo giusto e di dare consapevolezza alla gente di quali siano le loro reali esigenze. La comunicazione e l’informazione aiutano a penetrare il mercato con i prodotti di cui la gente ha bisogno, ma occorre concentrare gli sforzi del settore pubblico, e anche delle compagnie in genere, perché ci sia una forte azione in tal senso», ha ribadito Michele Spagnuolo, direttore Vita e Previdenza di Axa Mps (premio Lombard-Insurance Elite quale migliore assicuratore nel segmento welfare). Su quali mezzi? «Le assicurazioni sono un business tradizionale, parliamo di polizze cartacee prima di tutto, e quindi i mezzi tradizionali per noi rimangono quelli più importanti e più efficaci, perché ci consentono di spiegare, informare e intrattenere in modo corretto l’iniziale rapporto con i clienti. La carta, per quanto ci riguarda, è il mezzo vincente per comunicare al pubblico», ha detto a sua volta Fabio Dal Boni, direttore comunicazione e immagine del gruppoAllianz (al quale è andato il premio al Leone D’Oro per la miglior campagna prodotto oltre ad altri otto riconoscimenti per più motivi nell’ambito dell’attività prestata al gruppoAllianz).

 

I canali distributivi. Dopodiché occorre che ci sia una rete di distribuzione adeguata onde fornire le soluzioni richieste, supportata da un’informazione mirata e capace di ascoltare le esigenze della clientela. «In Italia la partita si gioca sulla distribuzione che è funzionale per poter sviluppare fasce di utenza nuove, che consentano di reggere agli scossoni del mercato guardando al di là del proprio bacino tradizionale», hanno convenuto i due amministratori delegati di Willis, Walter Albini e Guido De Sprit (entrambi premiati con il Lombard-Insurance Elite quali migliori broker nazionali per l’ottimo sviluppo in Italia). Willis ha agito in tal senso sviluppando un network di broker di dimensioni più piccole attraverso cui riesce a servire il segmento delle pmi affiancandolo al tradizionale segmento corporate. «Anche per noi la distribuzione è sempre più importante», ha aggiunto Cesare Brugola, presidente di Aviva. Brugola ha ricordato come per Aviva, che dal sesto posto ha intenzione di arrivare al quinto in Italia, il canale distributivo sia sempre stato una leva di crescita molto forte. A Brugola è stato consegnato il premio Lombard-Insurance Elite quale migliore assicuratore estero attivo in Italia.

 

Occorre volare all’estero. Considerando le difficoltà esistenti sul mercato italiano, alcune compagnie puntano decisamente verso l’estero per sviluppare il loro business. Come scegliere i mercati su cui entrare? Redditività delle operazioni, bassa penetrazione di prodotti assicurativi ed economia in crescita sono gli elementi chiave evidenziati dagli assicuratori giovedì sera. «Noi puntiamo al mercato spagnolo, dove vogliamo incrementare il nostro portafoglio da 800 milioni a 1 miliardo di euro», ha quindi dichiarato Luigi Lana, direttore generale di Reale Mutua Assicurazioni, «proprio perché la Spagna, seppure in un momento economico molto difficile, offre una redditività che in Italia non c’è. Svilupparsi all’estero è fondamentale per diversificare il rischio, e infatti il nostro sogno è di espanderci in altri Paesi europei, in particolare in direzione dell’Europa dell’Est», ha continuato Lana (premio Lombard-Insurance Elite quale miglior assicuratore dell’anno nei segmenti diversi dal Vita). Fra le altre frontiere, oltre all’Europa dell’Est, i paesi cosiddetti emergenti tra cui Cina, India e Vietnam. «Sono tutte regioni caratterizzate sia da una bassa presenza di prodotti assicurativi, e quindi da un elevato potenziale di sviluppo, sia da una crescita economica forte, il che li rende particolarmente appetibili», ha detto Giovanni Liverani, responsabile Europa centrale e coordinamento commerciale estero delle Generali, ricordando come il Leone di Trieste da qualche tempo guardi con molto interesse al Brasile, che proprio per questi motivi presenta un grande potenziale. Liverani ha ritirato il premio Lombard-Insurance Elite a nome dell’amministratore delegato delle Generali, Sergio Balbinot, in missione all’estero. La motivazione del riconoscimento è infatti legata alla formidabile espansione internazionale del gruppo di Trieste, che in un solo hanno ha raddoppiato la presenza in Cina aprendo varie sedi in tutta l’Asia. (riproduzione riservata)