Via Nazionale chiede un immediato aumento di capitale e un accorpamento delle controllate come previsto da Dalu. Faro sulla gestione crediti. Le osservazioni puntellano la strategia illustrata da Ponzellini e dal dg 

di Luca Gualtieri

È stato un j’accuse di due ore e mezza che, a tamburo battente, ha snocciolato dure critiche contro la governance e l’attività della Popolare di Milano.

Ieri gli emissari della Banca d’Italia hanno presentato al cda i risultati dell’ispezione terminata nel marzo scorso. Il verdetto, molto atteso da dipendenti e azionisti, ha confermato i timori circolati negli ultimi giorni.

In un documento di nove pagine Via Nazionale ha puntato l’indice contro la governance di Piazza Meda, con toni duri anche se non inediti. «L’assetto di governo della banca non ne consente il rilancio», spiega lapidario un passaggio della relazione, che chiede a Bpm di dare più spazio ai soci non interni, aumentando il numero di deleghe di voto. Il nodo deleghe, peraltro, era già emerso dall’ispezione del 2008 e la prossima assemblea (prevista per il 30 aprile) approverà un incremento da due a tre deleghe per socio. La misura però non è sufficiente per Bankitalia che chiede esplicitamente di limitare l’influenza dei dipendenti-soci. Secondo il verbale dell’ispezione, infatti, l’attuale assetto di governo della banca limiterebbe «l’autonomia gestionale» del management.

Un altro aspetto finito sotto il faro della Vigilanza è la gestione dei crediti, che non presenterebbe un livello adeguato rispetto agli standard richiesti.

Il verbale fa riferimento ad alcune situazioni problematiche che dovrebbero essere analizzate dal cda convocato per martedì 19 aprile.

Sul fronte patrimoniale, Bankitalia ha chiesto a Bpm un «immediato aumento di capitale» da effettuarsi preferibilmente entro la fine di giugno, per rispondere agli standard richiesti da Basilea 3. Proprio poche settimane fa il cda di Piazza Meda ha respinto una ricapitalizzazione da 600 milioni proposta dal presidente Massimo Ponzellini. L’ipotesi che ha avanzato, che pure andava nella direzione indicata ieri da Bankitalia, aveva allarmato manager e sindacati ed era quindi stata rispedita al mittente. «I sindacati comunque non si oppongono per linea di principio a un’iniezione di capitale», spiega una fonte interna alla banca, «ma chiedono che ogni operazione di questo tipo sia discussa in modo collegiale senza strappi unilaterali». Dopo i duri rilevi di Bankitalia, l’aumento potrebbe essere varato molto presto, sulla scia delle operazioni di Ubi Banca, di Intesa Sanpaolo e del Monte dei Paschi.

 

Un ultimo aspetto analizzato da Bankitalia è il progetto di Bancone, avanzato nei mesi scorsi dal direttore generale Fiorenzo Dalu. La proposta, duramente criticata dai sindacati, prevede la fusione delle controllate Banca di Legnano e Cassa di risparmio di Alessandria nella capogruppo. Da un lato questo riassetto ridurrebbe i costi e aumenterebbe l’efficienza del gruppo, dall’altro però limiterebbe l’influenza dei sindacati che sono da tempo sul piede di guerra.

Sono questi, a grandi linee, i contenuti del verbale presentato ieri al cda di Bpm. Le accuse risultano pesanti e circonstanziate e pongono un vero e proprio ultimatum all’istituto di Piazza Meda. Peraltro le osservazioni della Vigilanza sembrano dare ragione alle scelte di Ponzellini e di Dalu che, in questi due anni, hanno cercato di trasformare l’istituto di Piazza Meda. I tentativi di limitare l’influenza dei dipendenti-soci e di dare spazio a agli investitori istituzionali e alle minoranze si sono scontrati con forti resistenze. Adesso però i vertici della popolare hanno un’arma in più per portare avanti la loro battaglia. E potrebbe essere un’arma decisiva. (riproduzione riservata)