Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Finanza e criptovalute danno la scossa al club dei Paperoni. Il rally delle borse registrato lo scorso anno, insieme al balzo in avanti di bitcoin e compagni, si sono tradotti in un forte aumento degli individui con patrimoni superiori a 10 milioni di dollari (poco meno di 9 milioni e 300 mila euro), cresciuti del 4,4% nel 2024, da 2.243.300 a 2.341.378. Mentre gli individui con almeno 100 milioni di dollari (92 milioni e 800 mila euro circa) sono saliti del 4,2%, superando per la prima volta le 100.000 persone a livello globale. A certificarlo, il Wealth report 2025 realizzato da Knight Frank che ha scattato una fotografia al mondo dei super ricchi e dei loro investimenti.
Gli accantonamenti al fondo Tfm risultano fiscalmente deducibili in base al principio di competenza, prescindendo dal momento in cui l’indennità sia effettivamente pagata. Tuttavia, occorre rammentare che per l’effetto del rinvio all’articolo 17, comma 1, lett. C, del Tuir n. 917/1986, la deducibilità dell’accantonamento per il Tfm risulta legata alla condizione che il diritto all’indennità risulti da un atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Sono le conclusioni della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che si leggono nella sentenza n. 1520/2024, depositata in segreteria il 17 dicembre 2024.
A incoraggiare il raggiungimento di un corretto equilibrio fra la vita professionale e quella familiare delle lavoratrici autonome ci pensano sempre più spesso (e con crescenti risorse) le Casse di previdenza private: nella loro offerta di welfare agli iscritti, infatti, avanza il «nudge» (l’espressione di matrice anglosassone che può essere tradotta come «spinta gentile») nei confronti della conciliazione fra il tempo trascorso con i propri cari e quello dedicato all’occupazione. Inoltre, considerato che prendersi cura della salute «pesa» sui conti degli esponenti delle varie categorie di associati agli Enti, soprattutto a causa delle difficoltà, nel nostro Paese, nell’usufruire delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, arriva ancora in soccorso l’assistenza sanitaria fornita attraverso polizze «ad hoc» per affrontare con maggiore serenità malattie, o interventi chirurgici. E per permettere a centinaia di migliaia di professionisti (e ai membri alle loro famiglie) di effettuare «check up» annuali, grazie ai quali prevenire l’insorgere di patologie.
La cura e le esigenze familiari tengono le donne lontane dal mercato del lavoro. E a essere penalizzate sono soprattutto le potenziali lavoratrici del Sud, dove per esempio i tassi di copertura dei servizi alla prima infanzia restano di dieci punti percentuali al di sotto della media nazionale e la spesa pro-capite in welfare territoriale, seppur in crescita, è comunque un terzo di quella del nord est (Istat). Al 1° gennaio 2024, secondo un’analisi realizzata dall’Inapp (l’Istituto Nazionale per l’analisi delle Politiche Pubbliche) le donne inattive in Italia tra i 15 e i 64 anni, ossia donne che non hanno un lavoro, non lo cercano attivamente o se effettuano azioni di ricerca non sono disponibili immediatamente a iniziare, sono oltre 7 milioni e 800 mila. Il 52,5% di questa cifra presenta bassi titoli di studio, il 38,2 il diploma e il 9,2 la laurea o titolo superiore. Di questa cifra, tuttavia, esiste una quota che si dichiara realmente disponibile a entrare nel mercato del lavoro, a determinate condizioni (forza lavoro potenziale) e che potrebbe essere oggetto di interventi specifici. Si tratta di circa di 1 milione e 260 mila donne (il 16% del totale delle inattive), diversamente distribuita a livello regionale. Il numero maggiore di inattive si registra in Campania, ove effettivamente disponibili sono il 23%, seguito da Lombardia col 9,7% e Sicilia, in cui sono disponibili ben un quarto del totale. Regioni più dinamiche in cui, pur a fronte di un numero inferiore di donne inattive, vi è ampia quota di disponibilità al lavoro sono la Calabria (25,5%), Basilicata, Molise e Sardegna ove le forze lavoro potenziali sono attorno al 23%. La ragione di questa diversità nelle quote disponibili dipende da un lato dalla composizione per età delle inattive e dall’altro dalle motivazioni della condizione di inattività.

Nel nostro Paese, con un’aspettativa di vita che si allunga mentre diminuisce il tasso di natalità, cresce l’incidenza e il peso economico degli over 65: secondo l’Istat, rappresentano una quota del 24,3% della popolazione. E le imprese cercano di intercettare e soddisfare le esigenze di questa fascia di utenti, realizzando prodotti e servizi su misura per loro. La Silver Economy comprende diversi settori, dalla sanità al turismo: il concetto è stato superato dalla LongevityEconomy, che non riguarda solo i comparti associati all’invecchiamento, ma fa riferimento a un insieme di attività che abbracciano l’intero ciclo di vita della persona. «Il valore della Silver & Longevity Economy rappresenta circa il 30% del Pil nazionale», sottolinea Frank Di Crocco, ad interim Head of Distribution Italy di Invesco, ricordando poi che «entro il 2050, si prevede che oltre il 21% della popolazione mondiale sarà costituito da persone over 60. Il potere d’acquisto di questa fascia della popolazione alimenta non solo comparti come farmaceutico, assistenza sanitaria privata, assicurazioni, immobiliare e domotica, ma si espande anche a turismo ed e-commerce». La longevità sta ridefinendo i paradigmi di vita e consumo: cresce la domanda di soluzioni per un invecchiamento attivo e indipendente. E sul fronte degli investimenti, la Longevity Economy sta aprendo nuove opportunità nei settori della sanità, della biotecnologia e della tecnologia applicata alla medicina.
Tra precariato e stipendi spesso inadeguati al costo della vita, il rischio di pensioni insufficienti è sempre più concreto e questo rende importante attivarsi per poter contare su una rendita integrativa una volta andati in pensione. Peccato, però, che in Italia la sensibilità verso la previdenza complementare resti ancora scarsa, nonostante le agevolazioni fiscali messe in campo dal legislatore. «Secondo una ricerca che abbiamo condotto, ben nove italiani su dieci ritengono importante la questione previdenziale, ma solo cinque su dieci dichiarano di aver attivato una qualche soluzione», sottolinea a questo proposito Davide Gatti, responsabile divisione retail & private di Anima Sgr. Per questo, aggiunge, «è essenziale che la divulgazione sulla previdenza integrativa e sui suoi vantaggi – sia in termini di pianificazione finanziaria sia dinatura fiscale – si affianchi a interventi di supporto da parte del legislatore, come la reintroduzione del meccanismo del silenzio-assenso».
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