GIURISPRUDENZA

Autore: Andrea Magagnoli
ASSINEWS 362 – Aprile 2024

Sale a dieci anni il termine per potere richiedere l’indennizzo previsto in un’assicurazione sulla vita qualora l’evento luttuoso si sia verificato in data ricompresa tra il giorno 28 agosto 2008 (data di entrata in vigore del d.l n. 134/2008) ed il giorno 12 ottobre 2012
(data di entrata in vigore del d.l. n.179/2012).

La Corte Costituzionale – con la sentenza n. 32 depositata il giorno 29 febbraio 2024 – modifica un importante aspetto della normativa riservata alle cosiddette assicurazioni sulla vita, intervenendo in maniera radicale sulla tempistica per la presentazione della domanda
di corresponsione dell’indennizzo da parte del beneficiario.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale operata con la recente sentenza sarà destinata a produrre effetti anche sulle pratiche ancora in esecuzione: non sempre, infatti, nonostante il decorso di un consistente lasso temporale dal periodo di vigenza della normativa dichiarata incostituzionale, le procedure di richiesta di corresponsione dell’indennizzo apertesi durante tale lasso temporale saranno del tutto esaurite, ma durante la loro restante operatività non potranno più trovare applicazione le norme dichiarate incostituzionali con la recente sentenza.

Il contratto di assicurazione sulla vita ed il termine entro il quale richiedere l’indennizzo

Il contratto di assicurazione rientra nella categoria dei cosiddetti contratti tipici e trova una diffusa regolamentazione all’interno del codice civile. Si tratta di un contratto a titolo oneroso che può presentare due forme di realizzazione pratica. Una prima forma prevede tre soggetti partecipare al negozio giuridico: un primo soggetto, detto contraente, che assicura la propria vita, un secondo detto assicuratore, tenuto a corrispondere l’indennizzo previsto nel contratto di assicurazione, ed infine un terzo, detto beneficiario, al quale verrà corrisposto l’indennizzo. L’assicurazione sulla vita può assumere anche una seconda forma, che differisce dalla prima in quanto vede l’inserimento di un altro soggetto nel rapporto contrattuale. Si tratta della cosiddetta assicurazione a favore di terzo. In tale caso i soggetti facenti parte del negozio giuridico diverranno quattro: un primo soggetto, detto contraente, che assicura la vita di un altro, un secondo, detto assicurato, titolare del bene vita oggetto del contratto, un terzo, detto assicuratore che provvede ad assicurare l’evento luttuoso, ed infine un quarto al quale spetterà la corresponsione dell’indennizzo previsto nel caso di decesso dell’assicurato. Tale caso si realizza qualora taluno assicuri la vita di un soggetto diverso. Con frequenza la prassi ha visto lo sviluppo e la diffusione delle polizze vita. Contratti appartenenti al gruppo delle assicurazioni sulla vita che nel caso di decesso obbligano l’assicuratore a corrispondere un indennizzo al beneficiario. Si tratta anche in questo caso di un contratto a titolo oneroso che he prevede veri e propri obblighi. All’obbligo del contraente di versare il corrispettivo pattuito corrisponderà, in capo al beneficiario, un vero e proprio diritto di ottenerne la corresponsione. Tale diritto, come la stragrande maggioranza di quelli previsti nella legislazione civile vigente, è soggetto a termini temporali ben precisi, superati i quali esso non potrà più in alcun modo essere azionato. La durata del termine concessa al beneficiario per la presentazione della richiesta di indennizzo è stata fatta oggetto di un intervento legislativo specifico, verificatosi con l’entrata in vigore del decreto legge 28 agosto 2008 n. 134 convertito con modificazioni nella legge 28 ottobre 2008 n. 166. A seguito dell’entrata in vigore dell’intervento normativo di cui sopra è stato inserito all’interno dell’art. 2952 codice civile un comma 2 contenente una disposizione in materia di prescrizione del diritto del beneficiario della polizza vita. Il termine fissato tuttavia si presenta come molto ridotto, quantificato in appena due anni, che decorrono dal momento del verificarsi del fatto costitutivo del diritto, rappresentato come ovvio dal decesso del soggetto assicurato dal quale traeva origine il diritto del beneficiario. Quello previsto dalla normativa oggetto di dichiarazione di illegittimità costituzionale, era un termine senza ombra di dubbio piuttosto ristretto, tale da non potere reggere al vaglio dei giudici della Corte Costituzionale che dichiarano incostituzionale la disposizione che lo contiene. L’irrazionalità di un così ristretto termine temporale per la presentazione della domanda da parte del beneficiario si rivela del tutto ingiustificata in relazione ad un esame complessivo dell’ordinamento ed alle caratteristiche della situazione di fatto che caratterizza il suo esercizio. Circa il primo di tali aspetti, ove si considerino i termini previsti per l’esercizio di altri diritti, emerge con tutta evidenza la loro maggiore consistenza temporale, si pensi a quello previsto per l’esercizio dell’azione da fatto illecito (responsabilità extracontrattuale) fissato in cinque anni, ovvero a quello previsto per i diritti derivanti da un contratto (responsabilità contrattuale), fissato addirittura in dieci anni. Ma l’irrazionalità della previsione del termine biennale la si coglie altresì in considerazione delle caratteristiche della situazione di fatto che circonda l’esercizio del diritto da parte del beneficiario. Contraente e beneficiario, infatti, nella maggior parte dei casi non coincidono, pertanto il secondo potrebbe non essere a conoscenza della conclusione del contratto e del suo potenziale diritto a riscuotere l’indennizzo. Il beneficiario potrebbe rendersene conto solo decorso un lasso temporale molto consistente. Il legislatore, consapevole della necessità di porre fine ad una situazione legislativa caratterizzata da una forte irrazionalità, interviene quattro anni più tardi. Attraverso il d.l. 18 ottobre 2012 n.179 viene abolito il termine previsto dal comma 2 dell’art 2952 codice civile, e ne viene inserito uno nuovo fissato questa volta in dieci anni. Oggi, pertanto, al beneficiario è assicurato un lasso temporale piuttosto esteso, che sicuramente gli garantisce la facoltà di far valere il proprio diritto e di ottenere la somma che gli spetta.

L’intervento della Corte Costituzionale e le norme dichiarate costituzionalmente illegittime

Con l’intervento della Corte Costituzionale attraverso la sentenza n. 32, depositata il giorno 29 febbraio 2024, cambiano le tempistiche per la richiesta di indennizzo. La decisione dei giudici della Consulta trova il fondamento nei principi posti dagli articoli 3 (uguaglianza) e 47 (tutela del risparmio) della Costituzione, sicuramente violati dalla norma oggetto del giudizio di costituzionalità. La particolarità della decisione, al di là del suo esito, la si coglie nel fatto che essa riguarda una norma oggi non più vigente. Ad esserne oggetto è infatti l’art. 3 c.2 ter del d.l. 28 agosto 2008 n. 134 (Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi), convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2008 n. 164, sostituito dall’art. 22 c. 14 del d.l. 18 ottobre n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021 n. 221. La disposizione dichiarata incostituzionale conteneva il termine per la presentazione della richiesta di corresponsione dell’indennizzo applicabile anche alle polizze vita fissato come abbiamo visto in due anni.

Gli effetti della sentenza n 32/2024 sulle richieste del beneficiar io di una polizza vita

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 32/2024, interviene sulle tempistiche del diritto del beneficiario dell’indennizzo. Si tratta all’apparenza di un provvedimento di scarso rilievo, in quanto avente ad oggetto una disposizione ormai da lungo tempo non più in vigore. Tuttavia tale conclusione deve essere corretta sulla base di una considerazione circa gli effetti pratici e processuali che derivano da una sentenza di dichiarazione d’incostituzionalità e che potrebbero realizzarsi su rapporti che, anche se instaurati al momento di vigenza della normativa dichiarata incostituzionale, siano comunque ancora pendenti. Su tali rapporti riguardanti il diritto del beneficiario si dispiegheranno gli effetti della recente sentenza della Corte Costituzionale. Per cogliere l’essenza di tali effetti dobbiamo portare la nostra attenzione sui principi basilari del diritto costituzionale ed in particolare di quelli che riguardano le conseguenze di una dichiarazione che dichiari incostituzionale una norma. Gli effetti di un provvedimento di tale tipo si diversificano in maniera notevole a seconda che riguardino rapporti instaurati successivamente alla dichiarazione d’incostituzionalità ovvero già in essere rispetto alla data di emissione del provvedimento della Corte Costituzionale. Nel primo caso infatti non sarà più possibile l’applicazione della norma oggetto della dichiarazione d’ incostituzionalità, che perderà ogni efficacia per il futuro. Per quelli invece del secondo tipo invece dovrà essere effettuata una distinzione; la dichiarazione di illegittimità costituzionale non avrà alcun effetto in relazione ai rapporti esauriti mentre per quelli che invece difettino di tale carattere e non siano ancora esauriti dovrà essere escluso dal giorno di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale che la norma dichiarata incostituzionale possa produrre effetto sui rapporti che sarebbero stati oggetto della sua regolamentazione. Se questi sono gli effetti di una dichiarazione d’incostituzionalità, vediamo quali conseguenze potrebbero assumere in relazione all’esercizio del diritto del beneficiario di una polizza vita. Facciamo due esempi pratici al fine di chiarire il concetto. Si tratta di due ipotesi relative, la prima al caso in cui il diritto sia ancora nella fase di trattazione amministrativa della pratica, la seconda invece al caso in cui la richiesta di indennizzo sia stata portata più avanti, tanto da costituire il presupposto di un procedimento giudiziario. La prima ipotesi riguarda le richieste di indennizzo presentate in relazione ad un fatto verificatosi durante il periodo di vigenza della norma dichiarata incostituzionale che – nonostante il decorso di un lasso temporale piuttosto consistente (ricordiamo che la sentenza della Corte Costituzionale riguarda disposizioni in vigore ormai più di un decennio addietro) – siano ancora in corso d’istruzione e non abbiano ancora trovato il loro esaurimento. Per tali casi non potrà in ogni modo essere applicato il termine biennale di prescrizione qualora ci si trovi a valutare la tempestività della richiesta, optandosi invece per quello previsto dalla normativa vigente, che sicuramente garantisce un più sicuro esercizio del diritto. A medesima soluzione si giunge anche nel caso che vede la questione del diritto del beneficiario essere oggetto di valutazione da parte dell’autorità giudiziaria. Qui l’iter è stato più tortuoso, posto che ad una prima presentazione di una richiesta di indennizzo ha fatto seguito un rigetto da parte dell’organo competente ed una ulteriore richiesta questa volta in sede giudiziaria dell’indennizzo. Se il fatto posto a fondamento della richiesta si è verificato in una data ricompresa nel periodo di vigenza della normativa oggetto di dichiarazione di incostituzionalità, non potrà anche in questo caso a seguito della recente sentenza della Corte Costituzionale, essere più considerato il termine biennale.


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