RCA

Autore: Marco Rossetti
ASSINEWS 361 – Marzo 2024

Il d. lgs. 184/23 ha dato attuazione alla Direttiva 2021/2118 di riforma della disciplina dell’assicurazione R.C.A. Ecco la prosecuzione del commento “a prima lettura” iniziato sullo scorso numero di ASSINEWS

1.Premessa
Nello scorso numero di ASSINEWS ci siamo occupati delle novità introdotte dal d. lgs. 184/23 in tema di delimitazione dell’obbligo di assicurazione. Come dicemmo, sotto questo profilo la riforma fa segnare un passo indietro quanto alla tutela delle vittime incolpevoli, dal momento che sono stati esclusi dall’obbligo assicurativo vari tipi di mezzi che, in precedenza, vi erano soggetti.

È giunto ora il momento di occuparci delle novità introdotte dalla riforma per quanto attiene forma, contenuto ed effetti del contratto di assicurazione (anche rispetto ai terzi danneggiati). Le esamineremo seguendo il consueto ordine logico: la fase di formazione del contratto, il contenuto obbligatorio, gli effetti.

2. Conclusione del contratto
In tema di conclusione del contratto di assicurazione r.c.a. c’è ben poco di nuovo sotto il sole: è stato inserito nel codice delle assicurazioni l’art. 132.1, il quale attribuisce ai “consumatori” il diritto di accedere gratuitamente ad un programma, gestito dall’IVASS, capace di confrontare i premi richiesti dalle compagnie autorizzate all’esercizio del ramo r.c.a. per assicurare un veicolo con le caratteristiche indicate dall’interessato.

Non si tratta però d’una reale novità, in quanto il “preventivatore” era già stato previsto dall’art. 1, comma 6, della l. 4 agosto 2017, n. 124 (legge annuale per la concorrenza), ed attuato cinque anni dopo con regolamento IVASS 21.6.2022 n. 51. L’unica novità è che le caratteristiche essenziali del preventivatore sono ora stabilite direttamente dalla legge, non più dal regolamento. Una “rilegificazione” della materia, dunque.

Così come il vecchio art. 132 bis cod. ass., anche il nuovo art. 132.1 cod. ass. riserva il diritto di accesso gratuito al preventivatore ai soli “consumatori”. Curiosamente, però, chi si volesse divertire a utilizzare il “Preventivass” (così è chiamato il software che compara i premi praticati dalle varie compagnie) ad un certo punto (seconda pagina) dovrà rispondere alla seguente domanda: “utilizzo principale” [scilicet, del veicolo]. La domanda è seguita da un elenco a discesa che consente tre risposte:

a) tempo libero;
b) tempo libero e lavoro;
c) tragitto casa-lavoro.

Ma se un veicolo è usato per lavoro (o per andare al lavoro) da parte di un lavoratore autonomo, quel veicolo è un bene strumentale e chi lo usa non è un consumatore.

In pratica, quindi, il programma creato dall’IVASS consente la comparazione dei premi anche a chi non è consumatore. Sotto questo aspetto l’IVASS si è mostrato assai più intelligente e lungimirante del legislatore, il quale ha creato un sistema surreale.

L’art. 132 bis cod. ass., infatti, tanto nel vecchio quanto nel nuovo testo, continua a prevedere che gli intermediari hanno l’obbligo di informare “il consumatore in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi offerti da tutte le imprese di assicurazione” (primo comma), e che “a tal fine” (e dunque per informare il solo consumatore) debbono collegarsi al preventivatore (secondo comma, inserito dal d. lgs. 184/23).

Previsione in verità bizzarra, dalla quale dovrebbe desumersi a contrario che l’intermediario non abbia alcun obbligo di informazione “corretta, trasparente ed esaustiva” quando gli si faccia innanzi l’idraulico che intenda assicurare il furgoncino col quale va in giro per la città, o lo charcutier che intenda assicurare il mezzo col quale consegna la spesa a domicilio.

Il che è insostenibile, dal momento che l’obbligo di informazione chiara esaustiva e corretta è imposto a tutti gli intermediari non tanto e non solo dagli artt. 120 bis e ss. cod. ass., ma, prima ancora, dagli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono universalmente il dovere di correttezza e buona fede.

Conclusivamente: la riforma ha “legificato” la struttura del preventivatore, che non potrà più essere modificata dall’IVASS in quegli aspetti ormai irrigiditi dal codice; il legislatore mostra di (continuare a) ritenere che l’uso del preventivatore sia riservato ai consumatori; in realtà l’intermediario al quale si rivolga un professionista o un artigiano non può ritenersi “più libero”, quanto ad obblighi informativi, rispetto all’intermediario cui si rivolga un consumatore.

3. Contenuto del contratto
Le novità introdotte dalla riforma in tema di contenuto oggettivo del contratto sono essenzialmente due: un ritocco alla disciplina dell’attestato di rischio e (art. 134 cod. ass.) e l’innalzamento del massimale minimo (art. 120 cod. ass.).

Il massimale minimo oggi previsto dall’art. 128 cod. ass. è salito ad euro 6.450.000. Ovviamente il nuovo massimale si applicherà ai soli sinistri avvenuti dopo l’entrata in vigore della riforma, e dunque ai sinistri avvenuti a decorrere dal 23.12.2023 (compreso), giusta la previsione dell’art. 4 d. lgs. 184/23.

Quanto all’attestato di rischio, il novellato art. 134 cod. ass. (una norma senza pace: modificata nove volte in 16 anni, alla media dunque d’una modifica ogni anno e mezzo circa) ha introdotto la “comunitarizzazione” dell’attestato di rischio, sotto due aspetti.

In primo luogo, l’attestato di rischio “emesso” in un Paese dell’Unione Europea, produrrà gli stessi effetti dell’attestato di rischio rilasciato da una impresa avente sede in Italia. Si badi che la legge non parla di attestati di rischio rilasciati da imprese aventi sede nell’UE, ma di attestati “emessi in altri Stati membri”.

Ma l’attestato “emesso” in uno Stato membro dell’UE potrebbe essere rilasciato anche da una impresa extracomunitaria, autorizzata all’esercizio nell’UE.

In secondo luogo, la legge vieta ora alle imprese assicuratrici di “discriminare” (quale abuso, od ogni pie’ sospinto, di questo lemma!) gli assicurati “in ragione della loro nazionalità o unicamente sulla base del loro precedente Stato membro di residenza”.

Questa previsione è stata imposta al legislatore nazionale dalla Direttiva 2021/2118, e dunque bisogna rassegnarsi a subirla.

Vale la pena tuttavia segnalare come ancora una volta, come già avvenne all’epoca in cui fu imposto agli assicuratori comunitari di non discriminare uomini e donne nemmeno nell’assicurazione sulla vita, il legislatore comunitario ha compiuto scelte che mi paiono più propagandistiche che ponderate, e che mostrano di trascurare del tutto il senso e il meccanismo del contratto di assicurazione.

L’assicurazione ha per oggetto un rischio, ed un rischio è un evento futuro ed incerto che dipende da molte variabili, raccolte e catalogate dalla statistica. Il luogo dove un automobilista risiede o ha risieduto non è l’ultima di queste variabili per l’assicurazione r.c.a..

Nell’anno 2021 in Romania sono stati registrati 91 morti a causa della circolazione stradale per ogni milione di abitanti. Nello stesso anno in Italia il numero di morti per causa del traffico per milione di abitanti è stato di 49, ed in Norvegia di 151. Ben altro dunque è il senso di un attestato di rischio che risulti “clean sheet” per un norvegese, rispetto ad un rumeno.

La residenza dell’assicurato, presente o trascorsa, non è dunque l’ultimo degli indici predittivi dai quali l’assicuratore potrebbe ricavare la misura del rischio, e determinare il premio in misura più corretta.

Per contro, il divieto di tenerne conto ora imposto da Bruxelles avrà il piacevole effetto di far scontare alla massa degli assicurati il surplus di premio che si sarebbe dovuto praticare agli assicurati maggiormente a rischio, e che non si poté loro addebitare in virtù del divieto di cui si discorre.

4. Effetti del contratto
L’unica novità di rilievo in tema di effetti del contratto è l’introduzione della previsione del diritto dell’assicurato alla sospensione dell’efficacia del contratto, per una durata prestabilita (art. 122 bis cod. ass.).

La sospensione è prevista dall’art. 122 bis cod. ass., le cui regole essenziali sono:

a) quanto ai soggetti, la sospensione può essere chiesta solo dal proprietario del veicolo assicurato, dell’usufruttuario, dell’acquirente a rate o dell’utilizzatore in leasing.
Previsione, in verità, singolare, posto che il contratto di assicurazione potrebbe essere stipulato anche da soggetti diversi da quelli appena indicati, il quale ben potrebbe avere interesse a sospendere l’efficacia del contratto.

Se un padre ha stipulato il contratto avente ad oggetto la vettura di proprietà del figlio, non si vede perché negargli il diritto alla sospensione, per il periodo ad esempio in cui il figlio si trova all’estero per motivi di studio.

b) Quanto alla forma, la sospensione può essere chiesta solo con “formale comunicazione all’impresa di assicurazione resa ai sensi dell’art. 47 d.p.r. 445/00”. Previsione, quest’ultima, meravigliosa. Vediamo il perché.

Assicurato ed assicuratore sono parti di un contratto. Le dichiarazioni che si inviano reciprocamente sono dunque dichiarazioni negoziali.

Le dichiarazioni negoziali possono essere compiute in qualunque forma idonea allo scopo, salvo che la legge prescriva una forma particolare.

La forma particolare può riguardare l’atto in sé (ad es. scrittura privata, atto pubblico) o la sua trasmissione (ad es., raccomandata, fax, PEC). L’art. 122 bis, comma terzo, cod. ass., tuttavia non ha né prescritto una determinata forma, né prescritto una modalità particolare di invio.

Si è limitato a richiamare le regole sulla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, di cui all’art. 47 d.p.r. 445/00. Ma l’art. 47 d.p.r. 445/00 nulla dice sulla forma degli atti né sulla loro trasmissione, limitandosi a sua volta a rinviare all’art. 38 del medesimo decreto.

Così, per effetto di questo rimpiattino giuridico, veniamo a scoprire che qualora l’assicurato intendesse sospendere l’efficacia del contratto di assicurazione, dovrebbe sottoscrivere la dichiarazione “in presenza del dipendente addetto”, oppure sottoscriverla e presentarla “unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore”.

La legge dunque ha stabilito la forma della comunicazione rinviando a regole che disciplinano i rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione, che non solo appaiono difficilmente applicabili alla materia contrattuale, ma soprattutto imporrano agli interpreti sforzi inutili, posto che in materia contrattuale sarebbe stata sufficiente qualsiasi forma idonea a dare contezza della ricezione dell’atto.

È facile dunque immaginare quante e quali controversie potranno nascere tra assicuratore ed assicurato, circa la validità della dichiarazione di sospensione.

Quid se la dichiarazione di sospensione fosse inviata per lettera raccomandata? E se non fosse accompagnata dalla copia d’un documento d’identità? Ed ancora, quid iuris se la dichiarazione avvenisse a mezzo PEC proveniente da un indirizzo dell’assicurato, ma non contenente in allegato un documento sottoscritto con autografia? E come dovrà intendersi il rinvio alla norma (art. 38 d.p.r. 445/00) che richiede la sottoscrizione “in presenza del dipendente addetto”?

Credo che a tutti questi dubbi dovrà rispondersi applicando le sane, vecchie, care, perfette regole del codice civile: e dunque che la dichiarazione di sospensione produrrà i suoi effetti non appena pervenga al domicilio (fisico o virtuale) dell’assicuratore; che spetterà all’assicuratore provare di non averne avuto conoscenza senza colpa; che quale che sia la forma adottata per la comunicazione, essa sarà valida in tutti i casi in cui ha conseguito lo scopo, e cioè è pervenuta a conoscenza dell’assicuratore; che l’assicuratore non sarà tenuto ad indennizzare sinistri avvenuti nel periodo di sospensione, se la richiesta di sospensione gli sia stata indirizzata da persona che “falsificò in sé” l’assicurato, come Gianni Schicchi.

In questo caso varrà infatti il principio dell’apparenza incolpevole, se l’assicuratore nemmeno con l’uso dell’ordinaria diligenza poteva avvedersi della falsità.

c) Quanto alla durata della sospensione, la legge non la fissa, ma ne lascia la scelta all’assicurato. Unico limite è che essa non può eccedere i dieci mesi, se il contratto di assicurazione ha durata annuale (undici per i veicoli di interesse storico).

La sospensione può essere prorogata, ma per come è scritta la norma parrebbe che mentre l’assicurato può prolungare la sospensione già richiesta prima che scada il relativo periodo, non potrebbe – scaduto il periodo di sospensione – chiederne una seconda.

In conclusione, l’art. 122 bis cod. ass. eleva a diritto dell’assicurato (tranne, per quanto detto, il conducente) quel che in precedenza era una mera facoltà, ovvero richiedere all’assicuratore la sospensione volontaria degli effetti del contratto.

Nel silenzio più totale della legge, deve ritenersi che alla scadenza del periodo di sospensione il periodo di copertura assicurativa riprenda a decorrere dalle ore 24.00 dell’ultimo giorno di sospensione (ex art. 1899 c.c.), sino alla scadenza originariamente prevista del contratto, maggiorata del periodo di sospensione.

Se nel periodo di sospensione il veicolo dovesse causare danni a terzi, ricorrerà dunque un’ipotesi di sinistro causato da veicolo non assicurato, ed i terzi saranno risarciti dall’impresa designata, che si rivarrà nei confronti dell’assicurato.

5. Diritti dei terzi danneggiati ed azione diretta
Le novità riguardanti la posizione del terzo danneggiato (oltre ovviamente l’innalzamento del massi male, di cui si è detto) consistono essenzialmente in una (inutile) disciplina ad hoc per i danni causati da rimorchi, e nell’ampliamento delle tutele per le vittime di sinistri causati da assicuratori posti in liquidazione coatta.

Sotto il primo profilo, il nuovo art. 144 bis cod. ass. disciplina l’ipotesi dei danni causati da un veicolo cui è agganciato un rimorchio (quel che per la nostra giurisprudenza è il “complesso circolante”).

Per comprendere il senso della novità è bene ricordare che, secondo la legislazione previgente, per come interpretata dalla S.C., dei danni causati da un complesso circolante rispondeva l’assicuratore del veicolo trainante, se ne aveva una.

In difetto, rispondeva dei danni l’impresa designata per conto del Fondo di garanzia. Solo nel caso in cui il danno fosse stato causato da un rimorchio sganciato, spinto o manovrato a mano, ne rispondeva l’assicuratore del rimorchio, che pertanto copriva unicamente il c.d. “rischio statico”.

Il nuovo art. 144 bis cod. ass., ferme restando le ipotesi di responsabilità dell’assicuratore della motrice, accorda alla vittima un’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del rimorchio se: 1) non possa essere identificato il veicolo trainante; 2) la legge nazionale applicabile al sinistro preveda che l’assicuratore del rimorchio provveda all’indennizzo.

Anche di queste previsioni hanno ben poca utilità pratica nel nostro ordinamento. Nella prima ipotesi (sinistro causato da un complesso circolante di cui sia noto il rimorchio, ma ignota la motrice: mi chiedo come possa accadere!) la vittima già beneficia dell’azione nei confronti dell’impresa designata, sicché ben poca utilità trarrebbe dalla corresponsabilità dell’assicuratore del rimorchio.

La seconda ipotesi è un perfetto esempio di tautologia. La norma infatti, messa in buon italiano, suona così: “l’assicuratore del rimorchio risponde dei danni causati dal complesso circolante se la legge nazionale stabilisce che ne deve rispondere” (sic!).

Ma ironie a parte, la nostra legge nazionale non prevede che dei danni causati da un complesso circolante debba rispondere l’assicuratore del rimorchio: e dunque la previsione potrà venire in rilievo nei soli e rari casi in cui il giudice italiano sia chiamato ad applicare la legge straniera.

La riforma ha poi introdotto nel codice un bel blocco di nuove regole (modificando gli artt. 283 e ss.) i cui punti essenziali sono i seguenti:

la vittima di un sinistro causato da un veicolo assicurato con una impresa comunitaria, che sia insolvente o lo divenga (in parole povere: fallisca), sarà indennizzata all’impresa designata per conto del Fondo di garanzia (art. 283 cod. ass.);

tale regola è estesa alle vittime di sinistri causati da natanti;

sono definiti in modo più analitico gli obblighi di assistenza reciproca e scambio di informazioni tra i vari organismi equivalenti al fondo di garanzia previsti negli ordinamenti degli Stati membri;

sono fissati in modo analitico gli obblighi di informazione e pagamento a carico dell’impesa designata che abbia ricevuto una richiesta di pagamento (nuovo art. 288 cod. ass.; in verità la giurisprudenza non ha mai dubitati che l’obbligo di formulare motivata offerta o motivato rifiuto, di cui all’art. 148 cod. ass., s’applicasse anche all’impresa designata).

6. Conclusioni
Scrisse Carl Schmitt che “ogni potere, una volta attribuito, tende ad essere esercitato”.

È dunque più che normale che il Parlamento Europeo abbia voglia di fare qualcosa, e metta mano anche all’assicurazione r.c.a.. Il punto è che questa volta il Parlamento più che aver messo mano, ha manomesso la bozza di Direttiva predisposta dalla Commissione, aggiungendo previsioni inutili quando non perniciose.

Il legislatore nostrano, di conseguenza, si è trovato costretto ad introdurre nel nostro ordinamento:

l’esclusione dell’obbligo assicurativo per i veicoli elettrici c.d. “minori”, riducendo la tutela delle vittime (norma pericolosa);

la sospensione dell’efficacia del contratto, già prevista da quasi tutte le polizze (norma inutile);

la responsabilità dell’assicuratore del rimorchio “se la legge lo prevede”, e la nostra legge non lo prevede (norma inutile);

la copertura a carico del Fondo di garanzia (lo Stato) invece che dell’UCI (gli assicuratori privati) dei sinistri causati da mezzi con targa estera ed assicurati con compagnie straniere poste in l.c.a..

Sono rimasti invece ancora una volta irrisolti i due veri nodi gordiani, i due autentici rovi spinosi dell’assicurazione r.c.a.: da un lato, la previsione di severe misure che rendano tempestivo l’adempimento da parte dell’assicuratore dell’obbligo indennitario nei confronti dei terzi danneggiati; dall’altro, la previsione di altrettanto severe misure di contrasto alle frodi assicurative, che nella r.c.a. trovano purtroppo il loro terreno d’elezione.

Eppure proprio la Commissione Europea, nel dossier di sette anni fa concernente la necessità di ritoccare la Direttiva 2009/103 sulla r.c.a. [Review of Directive 2009/103/EC relating to motor insurance third party liability, Ares(2017)3714481] concluse le proprie osservazioni ribadendo “il suo impegno a difendere un elevato livello di protezione delle parti lese nel contesto della direttiva “assicurazione autoveicoli.

Il nostro obiettivo è garantire che le parti lese, anche in situazioni transfrontaliere, siano risarcite il più rapidamente possibile e non siano soggette a requisiti procedurali sproporzionati che potrebbero ostacolarne l’accesso al risarcimento”.

Se questi dunque erano gli obiettivi, non serviranno molte parole per concludere che essi non possono dirsi non solo centrati, ma nemmeno sfiorati. Qualcuno infatti dovrà prima o poi spiegare come si concilii:

a) l’intendimento di garantire “l’elevato livello di protezione” delle vittime, con l’esclusione dall’obbligo assicurativo di monopattini elettrici et similia (per la cronaca, dati ISTAT-ACI: nel 2022 i monopattini elettrici hanno causato 2.929 sinistri e 16 morti, con un aumento del 78% rispetto al 2021);

b) l’intendimento di garantire “il più rapido risarcimento possibile” con l’assenza di sanzioni efficaci a carico dell’assicuratore renitente; con gli obblighi cumulati a carico della vittima di cui all’art. 148 cod. ass. e poi di negoziazione assistita; con l’abrogazione della legge (saggia) che imponeva l’applicazione del rito del lavoro al contenzioso in tema di sinistri stradali. Insomma, sulla strada dei due obiettivi voluti dalla Commissione c’è ancora molto cammino da fare.


1 Dati Eurostat, in Road safety statistics in the EU, ediz. 2023, in https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php.


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