La gestione delle liti assicurative

Autore: Marco Mannucci
ASSINEWS 362 – Aprile 2024

Prima di analizzare nei prossimi numeri gli altri strumenti di risoluzione delle liti in ambito assicurativo, riteniamo doveroso mettere a terra ancora alcuni temi riguardanti la mediazione civile dotati di particolare rilevanza pratica, alla luce dell’ultimo intervento normativo. L’estrema sintesi del tracciato prodotto dalla Riforma Cartabia sulla disciplina in commento parte paradossalmente proprio dallo sdoganamento della mediazione stessa.

Non si può non ricordare che all’indomani del varo del D.lgs. 28/2010 che la introdusse come presupposto procedimentale, banche e compagnie assicurative la consideravano forse ancora più nefasta delle perdite di esercizio, i giudici di pace la ignoravano sistematicamente e gli avvocati, considerandola il peggiore intralcio al corso della giustizia probabilmente dall’epoca dell’antica Roma, convincevano i loro assistiti a fare iscrivere direttamente le cause a ruolo, evitando inutili perdite di tempo e di denaro.

Oggi la situazione non è più questa anche se la materia, in termini di conoscenza collettiva, non è ancora entrata nel dominio pubblico. Ciò che sembra inequivocabilmente essere uscito dalla penna dell’ex ministro Cartabia che ha vergato la Riforma è proprio l’intento di diffondere e di rendere fruibili alla collettività gli strumenti stragiudiziali atti alla risoluzione delle liti. Chi ha memoria cinematografica ed è stato, come me, ragazzo negli anni ’80, ricorderà una certa affinità con l’insegnamento di Mijagi, il saggio maestro di arti marziali della fortunata serie The karate kid: “Combattere è sempre ultima soluzione per risolvere problema”. Sia chiaro, né con la Riforma né con i precedenti interventi normativi si è mai voluto sottrarre il cittadino alla giustizia ordinaria. L’intento del legislatore si è orientato invece a rendere disponibile a tutti uno strumento economico e rapido la cui funzionalità dipende in misura preponderante dalla volontà personale di utilizzarlo proficuamente. Analogamente, nel mondo della sanità, prima di affrontare un intervento chirurgico è doveroso valutare se una patologia possa essere curata e guarita con approccio farmacologico senza che nessuno immagini di sentirsi in tal modo privato del diritto all’accesso in sala operatoria. Fatto questo preambolo, passiamo ora ad illustrare una serie di brevi approfondimenti della materia con particolare focus sugli aspetti pratici ed applicativi.

La mediazione civile nelle liti condominiali

Questo argomento interessa particolarmente tutti quegli intermediari che propongono sistematicamente la polizza di tutela legale del condominio, servizio strettamente complementare alla globale fabbricati. Al riguardo ricordiamo che in Italia vivono in condominio circa 14 milioni di famiglie per un totale di circa 45 milioni di persone, corrispondenti ai tre quarti dell’intera popolazione nazionale. Stiamo quindi parlando di un bacino di utenza praticamente sconfinato. La tutela legale riferita agli stabili non è ancora particolarmente sviluppata nel nostro Paese dove peraltro non esiste ancora l’obbligo di stipula nemmeno della globale fabbricati a meno che non lo preveda il regolamento condominiale. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad una prima tiepidissima forma di diffusione, comunque poco rilevante dal punto di vista quantitativo, stimolata dal sempre maggiore ricorso ai decreti ingiuntivi per il recupero delle spese condominiali, prassi resa più frequente e necessaria dalla legge 220/2012. Non va dimenticato al riguardo che la polizza di tutela legale estende le proprie garanzie sia ai procedimenti giudiziali che a quelli stragiudiziali come appunto la mediazione civile, con le inclusioni o limitazioni che ogni singolo contratto prevede. Nello specifico la mediazione si applica alle vertenze che vedono il condominio contrapposto al singolo condòmino, all’amministratore o a soggetti terzi. Le recenti statistiche del Ministero della Giustizia rivelano un sensibile incremento sia della partecipazione in mediazione con la crescita del numero degli aderenti, sia della percentuale di successo in termini di liti conciliate. Ciò grazie anche agli effetti della Riforma Cartabia che ha contribuito a rendere effettivo il procedimento. Ed ora veniamo alle novità sostanziali: con la precedente normativa, ogni qualvolta il condominio veniva chiamato in mediazione, sull’amministratore incombeva l’obbligo di convocare un’assemblea straordinaria per ottenere sia la delibera a partecipare sia l’indicazione del perimetro entro il quale condurre la trattativa. Nel caso in cui la mediazione avesse trovato esito positivo il risultato era cristallizzato non potendo più né il condominio né un singolo condòmino eccepire alcunché, salvo contestare all’amministratore di non essersi eventualmente attenuto alle indicazioni dell’assemblea. Tale prassi era considerata però ambigua dal momento che, di fronte ad un istituto giuridico costituente condizione di procedibilità della domanda giudiziale dove la mancata partecipazione veniva sanzionata dal giudice nella successiva fase processuale, si dava contestualmente facoltà all’assemblea condominiale di stabilire se partecipare o no come se si trattasse di un normale esercizio di libertà anziché di un iter da dover comunque seguire. Con la Riforma Cartabia il vulnus è stato superato anche se la modalità non trova tutti concordi dal momento che di fatto tende a delegittimare il verbale di conciliazione. Ed ora vediamo perché. L’attuale normativa ha abolito l’obbligo per l’amministratore di indire un’assemblea pre ventiva, anche se è sicuramente consigliato farlo per un intuibile scarico di responsabilità. Il nodo da sciogliere non è stato però eliminato, ma solo posticipato. Infatti adesso, qualora si arrivi all’accordo in mediazione oppure venga presentata una proposta conciliativa, si dovrà necessariamente passare attraverso la delibera assembleare dove solo con l’approvazione verrà conferita esecutività al verbale. Appare quindi evidente che la normativa tenda ad attenuare il rango del procedimento mediatizio nelle liti condominiali dove – unico caso tra tutte le materie – il verbale di conciliazione non risulta equiparabile ad una sentenza definitiva da subito, ma solo dopo il successivo assenso da parte dell’assemblea. Le remore al riguardo albergano nella consapevolezza che gli sforzi compiuti dalle parti e dal mediatore per raggiungere un accordo, possano rivelarsi in molti casi inutili. La rilevante novità della Riforma Cartabia consiste quindi in estrema sintesi nell’aver spostato la decisione assembleare, decisiva per l’esito della mediazione da ex ante a ex post senza, per la verità, aver snellito più di tanto il corso procedurale.

La competenza territoriale ed il primo incontro

In piena linea di continuità con la disciplina precedente, la domanda di mediazione continua ad essere presentata presso la sede principale o secondaria di un Organismo nel circondario del Tribunale territorialmente competente, anche nel caso di incardinamento nel processo d’appello. Ne consegue che la domanda di mediazione presentata unilateralmente senza rispettare la competenza territoriale, non produce alcun effetto e comporta, di conseguenza, l’improcedibilità. Al riguardo però, la Riforma Cartabia ha introdotto un’importante novità: la derogabilità per accordo fra le parti della competenza dell’Organismo di mediazione. Nel caso in cui, ad esempio, in una certa piazza non siano presenti Organismi oppure ve ne siano ma non di gradimento oppure ancora prevalgano particolari esigenze di comodità, le parti in lite possono ora pattuire di svolgere altrove la mediazione. Ovviamente la sopraindicata deroga riguarda la mediazione obbligatoria. Quella facoltativa, proprio per definizione, soggiace a regole meno stringenti e quindi può essere proposta quando e dove vuole la parte istante, ferma la piena facoltà del convenuto di non aderirvi. Quindi se la mediazione, obbligatoria o facoltativa che sia, sfociasse in un accordo conciliativo, esso sarà valido a tutti gli effetti indipendentemente dalla competenza territoriale. Inutile dire che quanto appena espresso, riguardando la mediazione, non esce dall’alveo della stragiudizialità. Qualora invece si passasse poi al giudizio ordinario, prevarrebbe la logica processuale per cui un’eventuale incompetenza, tempestivamente eccepita, renderebbe viziata ed impugnabile la sentenza. Va infine ricordato che il mancato accordo in una mediazione obbligatoria o demandata dal giudice dinnanzi ad un Organismo territorialmente incompetente, non configura il superamento della condizione di procedibilità con tutte le conseguenze del caso. Tale particolare, non certo irrilevante, va quindi tenuto in seria considerazione nella fase dell’istanza. Per quanto riguarda poi il primo incontro di una mediazione, precedentemente denominato “di programmazione”, la Riforma Cartabia ha apportato rilevanti modifiche. Esso deve avere luogo tra il ventesimo ed il quarantesimo giorno dal deposito della domanda, salvo che le parti si accordino diversamente, ma rispetto a prima, non si tratterà più di un incontro filtro in cui i contendenti si limitavano a manifestare o meno la volontà di procedere. Adesso si configura come vera e propria fase iniziale del procedimento che teoricamente potrebbe già chiudersi in una sola seduta. Di conseguenza, rispetto alla precedente normativa che imponeva ai partecipanti che intendevano procedere di corrispondere all’Organismo l’indennità di mediazione prevista solo a seguito dell’incontro di programmazione, adesso il pagamento deve avvenire per l’istante con la presentazione della domanda e per il convenuto nel momento dell’adesione visto che il primo incontro genera già l’attività di mediazione. Se poi essa si conclude al primo incontro senza l’accordo, nulla è più dovuto; se invece il procedimento prosegue, il regolamento dell’Organismo indicherà le ulteriori spese da corrispondere. Tale innovazione ha reso senz’altro più fluida e dinamica la procedura consentendo alle parti, qualora ci sia la volontà di trovare l’accordo, di poterlo fare con tempistiche ancora più brevi. Un rilevante cambiamento riguarda poi la durata. Fermo il termine massimo previsto di tre mesi, viene ammessa una proroga di ulteriori tre qualora le circostanze lo richiedano, risolvendo così un inconveniente piuttosto frequente, data la probabilità di sforare i tempi.

Pugno duro contro chi non partecipa

La Riforma Cartabia ha ritenuto di replicare la previsione che “dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, secondo comma, del Codice di procedura civile”. L’onere di partecipazione al procedimento posto in essere dal legislatore in capo alla parte chiamata in mediazione è quindi evidente. Ma c’è di più: anche nei confronti dell’istante, per quanto possa apparire scontato, vige l’obbligo di presenziare all’incontro, anche in assenza del convenuto, pena l’improcedibilità della domanda giudiziale. Ciò diversifica la procedura mediatizia dal processo ordinario, ambito in cui la giurisprudenza ha invece escluso che la contumacia possa costituire argomento di prova. Varie sentenze di Cassazione configurano infatti la contumacia processuale come un diritto, liberandola da conseguenze sanzionatorie. Oltre a questo, nella mediazione obbligatoria “il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma” la cui entità, con la Riforma Cartabia, è stata raddoppiata. La connotazione sanzionatoria di tale dettato coinvolge in modo particolarmente rigoroso le pubbliche amministrazioni che, fino a tempi recenti, manifestavano spesso atteggiamenti elusivi sottraendosi alla mediazione con il labile pretesto di non voler assumere alcuna iniziativa transattiva che potesse riverberarsi in un danno erariale del quale avrebbero potuto rispondere. La nuova previsione, a scanso di qualsiasi equivoco, consente viceversa alla Corte dei conti di porre a carico delle pubbliche amministrazioni rimaste deliberatamente assenti dalla procedura, eventuali sanzioni connesse al nocumento derivante proprio da tale condotta. Questo disposto inoltre – e qui sarebbe opportuno che i solerti dirigenti e liquidatori assicurativi prestassero la dovuta attenzione – si applica anche a tutti quei soggetti sottoposti ad un’Autorità di vigilanza per consentire proprio a quest’ultima di poter provvedere ed intervenire nei casi di inadempienza. Banche, Compagnie assicurative ed intermediari finanziari sono solennemente avvisati!

Il supporto tecnico in mediazione

La normativa, a garanzia di un servizio il più possibile accurato, prevede la possibilità che in particolari circostanze dove si rendano necessarie alte competenze tecniche, gli Organismi possano prevedere una co-mediazione (presenza di due mediatori), senza che questo vada ad incidere sui costi. Si pensi infatti ad un caso complesso dal punto di vista sia negoziale sia della specificità del tema trattato dove sia necessario avere il contributo in contemporanea di un abile esperto nei rap porti relazionali e di un collega che conosca approfonditamente la materia che potrebbe essere la medicina, la progettazione o l’analisi di bilancio. Non sempre però tale ipotesi è concretizzabile dal momento che non tutti gli Organismi possono avere la disponibilità di esperti in ogni settore. Inoltre le parti in lite potrebbero non essere d’accordo nell’affidare il supporto tecnico ad un secondo mediatore, preferendo magari svolgere la procedura in modalità tradizionale con il contributo di un perito, in rapporto di terzietà anche nei confronti dell’Organismo stesso. Al riguardo la Riforma Cartabia è intervenuta sanando una precedente lacuna normativa. Nei casi in cui si generasse un dubbio o una discordanza su un dato meramente tecnico che inibisse lo sviluppo della trattativa è stata prevista la possibilità di avvalersi di una valutazione peritale, ovviamente pagata dalle parti che, nel caso di insuccesso della mediazione, potrà essere utilizzata anche nel successivo giudizio evitando così ulteriori spese. Non dimentichiamo che in passato al riguardo regnava un alone di incertezza con pareri discordanti tra chi sosteneva l’utilizzabilità giudiziale del contributo tecnico in mediazione e chi invece vi si opponeva richiamando il vincolo di riservatezza. Ora fortunatamente il problema è stato risolto.

La mediazione svolta in modalità telematica

 Come ultimo breve tema di approfondimento non poteva mancare, in epoca post pandemica, lo svolgimento dell’istituto in modalità telematica. Il covid 19 ha mutato sensibilmente le nostre abitudini sociali sia riguardo all’aggregazione ricreativa sia agli incontri ufficiali tra cui, ovviamente, la mediazione civile.  Su questo rileviamo che la Riforma Cartabia abbia inciso marginalmente dal momento che il contatto a distanza era previsto già prima della pandemia. Nell’ultimo triennio si è solo inevitabilmente fatto un utilizzo molto più massiccio dello strumento informatico. Ora che l’obbligo di distanziamento sociale, pur con tutte le precauzioni del caso, risulta fortunatamente alle nostre spalle, si apre un confronto che evidenzia due differenti impostazioni di pensiero. Da una parte c’è chi ritiene che indietro non si debba tornare dopo aver compiuto, se pur forzatamente per le incombenti necessità, un certo progresso tecnologico foriero di razionalizzazione di tempo e di denaro. Dall’altra abbiamo coloro che vedono nella modalità telematica uno strumento indispensabile solo nei periodi di emergenza ma che non tende certo a favorire la normalità relazionale. È innegabile, infatti, che fissando lo sguardo allo schermo di un PC anziché rivolgerlo ai diretti interlocutori si perda quel senso di coinvolgimento che sovente determina il successo della mediazione. La Riforma Cartabia è comunque intervenuta dedicando al riguardo un apposito articolo in cui viene confermato che “gli incontri si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto” e qui forse l’unica concreta novità apportata è rappresentata dal fatto che mentre precedentemente la mediazione telematica poteva aver corso solo con l’accordo di tutte le parti, ora il suo svolgimento non è più subordinato a tale consenso. Detto questo, è però necessario confrontarsi con la realtà ed in particolare con la presa d’atto che tra i contendenti, così come tra i mediatori e gli avvocati, non tutti sono nativi digitali in grado non solo di non provare soggezione davanti allo strumento informatico, ma più concretamente di saperlo utilizzare senza suscitare sensazioni di imbarazzo con i conseguenti ostacoli allo svolgimento.


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