Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Il progresso raggiunto negli ultimi 10 anni è evidente, con informazioni più leggibili e più precise. Ma i questionari utilizzati dagli intermediari finanziari per valutare l’adeguatezza degli strumenti finanziari offerti ai clienti hanno bisogno di essere ancora sensibilmente affinati: mancano verifiche sull’attendibilità delle dichiarazioni rilasciate dai clienti, ci sono casi di incoerenza tra età del risparmiatore e profilo di rischio, troppo spazio è lasciato all’autovalutazione e nozioni chiave per un investitore, come quella sul bail-in, ovvero la soglia oltre la quale il risparmiatore partecipa all’eventuale crisi di un intermediario, sono praticamente assenti (18% dei casi). Uno scenario emerso ieri durante il seminario Consob con la presentazione del nuovo studio (curato da Francesco Quaranta e Paola Soccorso) che ha scattato una fotografia aggiornata rispetto alla prima rilevazione fatta nel 2012. «Se i risultati dell’analisi indicano una serie di elementi positivi», ha sottolineato il commissario della Consob, Paolo Ciocca in apertura dei lavori «c’è anche un’area dove è possibile un miglioramento e dove le sfide possono tramutarsi in opportunità», ha spiegato, riferendosi all’ingresso di nuove tipologie di investitori grazie alle nuove tecnologie. Nel giro di due o tre anni il contesto è destinato a cambiare radicalmente, tra gamification e metaverso, mettendo in crisi l’approccio e le regole usate fino a oggi ha aggiunto e «il perimetro della Mifid dovrà necessariamente essere aggiornato»
Banche e assicurazioni hanno ancora capacità di acquistare e assorbire bonus edilizi per 17,4 miliardi di euro. Una parte consistente dei 19 miliardi «fermi», di cui le imprese chiedono lo sblocco. I dati forniti dall’Agenzie delle Entrate in audizione sull’ultimo decreto Superbonus sono però parziali. «L’amministrazione finanziaria non conosce i dati delle operazioni di cessione non ancora concluse e, quindi, non ancora comunicate», ha chiarito il direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, «si può ragionevolmente ritenere che le rate annuali dei crediti in capo alle imprese del settore delle costruzioni, potrebbero essere assorbite dal sistema bancario e assicurative».
Una grande banca oggi ha esigenze molto diverse da un intermediario medio-piccolo e i contenuti del contratto di lavoro devono tenerne conto. Queste sono le motivazioni sostanziali per cui Intesa Sanpaolo si è smarcata dall’Abi proprio mentre sta per entrare nel vivo la partita per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. La banca guidata da Carlo Messina ha comunicato a Palazzo Altieri la revoca del mandato di rappresentanza sindacale con l’effetto che d’ora in poi affiancherà l’Abi nel confronto con i sindacati. La mossa di Intesa ricorda per certi versi quella fatta nel 2014 da Unipol. In quell’occasione la compagnia bolognese uscì a sorpresa dall’Ania, l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici. La nota diffusa giovedì 2 precisa però che la banca intende continuare «il dialogo con i sindacati nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come sempre avvenuto, continuando a ritenere le relazioni industriali elemento essenziale nel raggiungimento degli obiettivi del gruppo, nell’interesse delle nostre persone e della banca». In sostanza quindi Intesa continuerà a partecipare all’attività del Comitato Affari Sindacali e del Lavoro (Casl, presieduto da Ilaria Dalla Riva di Unicredit), pur tenendosi mani libere sul contratto.
Intesa Sanpaolo sale al 100% di Rbm Salute, in anticipo rispetto a quanto inizialmente previsto, con un’operazione da 360 milioni. I consigli di amministrazione di Intesa Sanpaolo e di Intesa Sanpaolo Vita hanno approvato in particolare l’acquisto, per cassa, del 26,2% delle azioni di Intesa Sanpaolo Rbm Salute che era ancora detenute dalla famiglia Favaretto (tramite Rbh). Nel 2020 Intesa Sanpaolo Vita, guidata da Nicola Maria Fioravanti, aveva già acquisito, per 325 milioni di euro, il 50%+1 azione da RBH e a fine 2021 era stata deliberata un’operazione di rafforzamento patrimoniale, a cui non aveva partecipato Rbh, diluitasi così al 26,2%. Ora il controllo totale. Un’operazione, del valore appunto 360 milioni euro, che è avvenuta prima del tempo rispetto all’esercizio delle due opzioni call, fissate inizialmente al 2026 ed al 2029.

 

Avvio d’anno positivo per le reti di consulenza finanziaria. In gennaio la raccolta netta totale è stata pari a 3,3 miliardi di euro di cui 2,59 miliardi nel risparmio amministrato, 49 milioni nei conti correnti e 686 milioni nel gestito. Si rileva però un calo rispetto a gennaio 2022 (3,8 miliardi), una contrazione dei volumi, spiega Assoreti, riconducibile alla componente assicurativa ed alle gestioni individuali mentre aumentano gli investimenti netti in fondi comuni. «Il 2023 inizia con un risultato particolarmente solido sulla scia di quanto già realizzato nel corso dell’anno precedente» dichiara Marco Tofanelli, segretario generale dell’associazione che riunisce le reti di consulenza finanziaria.

Sono disponibili 40 milioni di euro di spesa pubblica, interamente finanziati con fondi nazionali, per sostenere le assicurazioni agevolate relative alle campagne 2021 e 2022, a copertura dei rischi sulle strutture aziendali, sui costi di smaltimento delle carcasse animali e sulle polizze sperimentali. Lo prevede il decreto del ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare n. 124922 del 27 febbraio 2023, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che contiene anche tutte le disposizioni per la raccolta e l’istruttoria delle domande. A tal riguardo il provvedimento stabilisce che gli agricoltori interessati devono presentare l’istanza di aiuto entro il prossimo 21 aprile 2023, rivolgendosi direttamente all’organismo pagatore Agea ed utilizzando il modello di domanda contenuto nell’allegato 2 del decreto. Le polizze agevolate riguardano quelle per la copertura dei costi per lo smaltimento delle carcasse animali, le polizze che coprono i rischi sulle strutture aziendali (impianti arborei, reti antigrandine, serre, impianti antibrina, ecc.) e, infine le cosiddette coperture sperimentali.

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Il problema dei crediti d’imposta derivati dai bonus edilizi che le imprese edili non riescono a cedere potrebbe essere risolto da banche e assicurazioni. Questo il succo dell’audizione in Parlamento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. I crediti oggetto di cessione e sconto in fattura dal 2020 a oggi ammontano a 110,8 miliardi, di cui 62 derivanti dal Superbonus del 110%. I crediti in capo alle imprese edili e non ancora monetizzati dalle stesse valgono 20,4 miliardi. Assorbire questi crediti è la priorità. Potrebbero farlo banche e assicurazioni, spiega Ruffini. Le banche versano 20,4 miliardi l’anno di tasse e contributi; nel 2022 ne hanno pagati solo 3,7 attraverso i crediti edilizi da loro acquistati, utilizzando la compensazione nel modello F24.
  • Sito del Comune in tilt. Ipotesi attacco hacker
Attacco hacker al sito del Comune di Roma. È questa l’ipotesi al vaglio dei tecnici di Roma Capitale in seguito alle anomalie del servizio del sito istituzionale del Campidoglio che, per tutta la giornata di ieri, ha funzionato a intermittenza subendo ripetute disconnessioni. In serata il sito è tornato consultabile ma l’anomalia ha motivato la richiesta di verifiche della polizia postale che ora sta vagliando l’ipotesi dell’intrusione pirata.

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Banche e assicurazioni possono assorbire i crediti legati al Superbonus e agli altri bonus edilizi per 17,4 miliardi nel 2023. Poi ancora 17,1 miliardi all’anno dal 2024 al 2026 e 26,2 miliardi all’anno dal 2027 al 2031. E dunque, secondo l’Agenzia delle Entrate, possono – se vogliono – risolvere, anche gradualmente con quote annuali, il problema dei crediti incagliati rimasti in pancia alle imprese edili per 19 miliardi. I numeri forniti ieri dal direttore Ernesto Maria Ruffini cambiano decisamente il quadro dell’emergenza creata dal decreto del 16 febbraio, quello che ha bloccato all’improvviso sia le cessioni del credito che gli sconti in fattura legati ai bonus edilizi. Non è vero dunque, secondo l’Agenzia, che le banche – come sostiene l’Abi – hanno finito gli spazi fiscali per compensare debiti e crediti. Anzi esistono «ampi spazi» a considerare il sistema bancario nel suo complesso e non il singolo istituto che può in effetti aver esaurito la capienza, come pure ammette Ruffini. E pur considerando che ci sono “impegni” di cessione di crediti che la piattaforma dell’Agenzia ancora non registra.