di Andrea Giacobino
Attenzione all’execution, forte focalizzazione sulla riorganizzazione del business assicurativo e dell’asset management. Sono queste due linee-guida del piano industriale per le Generali di Luciano Cirinà, candidato a.d. uscito come il coniglio dal cappello della lista di Francesco Gaetano Caltagirone presentata al mercato martedì scorso e che comprende come presidente Claudio Costamagna. Secondo indiscrezioni, alcuni fondi azionisti della compagnia sarebbero tuttavia pronti a contestare la designazione del manager, che non potrebbe presentare un piano industriale avendo già contribuito a elaborare anche quello che si propone di sfidare, ossia il progetto strategico firmato da Philippe Donnet.

L’indicazione di Cirinà è stata comunque un colpo a sorpresa che ha spiazzato non poco il fronte avverso della lista del consiglio – sulla quale Mediobanca ha un’influenza importante, forte del 17,3% dei diritti di voto – che propone Andrea Sironi alla presidenza e la riconferma dell’amministratore delegato Philippe Donnet. Nato nel 1965 e di cinque anni più giovane del ceo francese, Cirinà è un roccioso manager proprio del Leone dov’è entrato nel lontano 1989. Un alto dirigente per il quale potrebbe valere la frase di Harvey Keitel in un celebre film di Quentin Tarantino: «Sono il signor Wolf, risolvo problemi». In quasi trent’anni di carriera nel gruppo, culminati con la nomina a capo di tutte le attività dell’Est Europa, di problemi ne ha risolti parecchi. Sempre nel silenzio, così lontano dal «glamour» salottiero di Donnet, un capo azienda «bon vivant». Un basso profilo che non ha impedito, anzi, a Cirinà di essere uno dei manager più apprezzati all’interno della compagnia.

Nato a Trieste (il che per gli uomini del Leone conta parecchio) da famiglia di origini siciliane, il manager dopo gli studi al liceo classico Dante Alighieri della città dove s’è poi laureato, nel 1989 ha iniziato alle Generali partendo subito dall’estero, con base a Monaco in Germania, in Deutscher Lloyd prima come underwriter e in seguito come chief-underwriter, dove è stato responsabile del dipartimento di assicurazione per gli incendi industriali. L’allora presidente del Leone di Trieste Alfonso Desiata seguiva con attenzione la carriera del giovane Cirinà che nel 1996 diventò capo dei rischi in Austria e nell’Europa Centrale e dell’Est, ristrutturando completamente quei business e partecipando all’apertura degli uffici di Croazia, Polonia e Slovenia. Dieci anni dopo Sergio Balbinot, uno dei due amministratori delegati delle Generali e al quale si deve quasi tutta la crescita all’estero del gruppo, promosse Cirinà a ceo dell’Austria dove in sei anni ne attuò il rilancio concludendo e rinegoziando vari accordi di bancassurance e gestendo le fusioni di Bawag Insurance e Post Insurance fino all’acquisizione delle attività assicurative del gruppo ceco Ppf di Petr Kellner. Così quando Mario Greco nel 2012 diventò amministratore delegato delle Generali (salvo doverne uscire quattro anni dopo per contrasti con Mediobanca) promosse Cirinà a ceo di tutto l’Est Europa, con base a Praga e il manager entrò nel management committee del Leone.

Oggi il business che Cirinà ha consolidato e fatto crescere vale 11 milioni di clienti, 7 miliardi di premi e 916 milioni di risultato operativo, con un utile ante imposte salito del 12% tra il 2018 e lo scorso anno e un risultato operativo migliorato dell’11%, percentuali entrambe migliori di quelle realizzate dall’intero gruppo. Le capacità e le conoscenze approfondite dimostrate in uno scenario di mercato complesso come quello dell’Europa Centrale e dell’Est, dove conta anche la conoscenza della geopolitica, proiettavano quindi naturalmente Cirinà a candidato direttore generale del gruppo assicurativo nel 2018 quando Donnet, diventato amministratore delegato due anni prima, voleva individuare il suo numero due. Ma la scelta del top manager francese, invece, ricadde su Frédéric de Courtois, un suo connazionale e suo ex collega in Axa, che ha però lasciato nel 2021 per tornare proprio in Axa. Sposata con la friulana Petra, due figli (Ernesto e Vera), Cirinà gioca ora la candidatura anti-Donnet offertagli da Caltagirone senza nessun desiderio di rivincita. Ma, ancora una volta, con lo spirito di servizio che è nel «dna» del classico top manager delle Generali, volto a portare la bandiera del gruppo del Leone sempre più in alto. (riproduzione riservata)
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