PER FINE ANNO CERVED PREVEDE UNA PROBABILITÀ DI DEFAULT DELLE IMPRESE ITALIANE PARI A QUELLA STIMATA A INIZIO PANDEMIA
di Luca Gualtieri
L’invasione dell’Ucraina potrebbe costare al sistema produttivo italiano una caduta più violenta di quella determinata dalla pandemia. Sebbene sia ancora presto per elaborare previsioni puntuali, Cerved Rating Agency ha fatto una prima stima del possibile impatto della guerra, focalizzandosi sui settori che potrebbero essere più seriamente penalizzati. Nell’aggiornamento del suo outlook annuale, l’agenzia di rating del gruppo milanese ha rivisto al rialzo le stime di rischio di default per le imprese italiane: «Le ostilità militari fra Russia e Ucraina stanno avendo ripercussioni macro-economiche di notevole rilevanza per le imprese italiane. Questo conflitto ha generato uno shock che si va ad aggiungere a un quadro che sta ancora scontando numerose problematiche legate alla pandemia», spiega il documento. Alla luce di questi sviluppi Cerved prevede un peggioramento della rischiosità delle imprese non-finanziarie italiane con una probabilità di default media attesa a dicembre 2022 pari al 6,32%, in crescita sia rispetto al dato di dicembre 2021 (5,71%) sia rispetto alla stima espressa nel Credit Outlook 2022 nello scenario base (5,35%). La stima rivista per il 2022 si avvicina a quella riconducibile al downside scenario in cui si prevedeva una probabilità di default del 6,12%. «Solo per dare un metro di paragone, una probabilità di default così alta era stata stimata solo all’inizio della pandemia anche se, grazie alle misure di sostegno messe in campo dal governo, non si era poi concretizzata», spiega a MF-Milano Finanza Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency.

Alla base della revisione vi è la crescente probabilità di un rallentamento del pil italiano dovuto all’acuirsi del conflitto in Ucraina, unitamente all’aumento sostenuto e non di breve respiro dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici, con l’impatto diretto negativo sulle marginalità delle imprese e sui consumi delle famiglie. Inoltre, l’analisi presuppone che, a prescindere dalla durata del conflitto, le sanzioni verso la Russia rimarranno in vigore almeno per tutta la durata del 2022, periodo coincidente con l’orizzonte temporale considerato nell’analisi, con il potenziale rischio di ritorsione alle sanzioni da parte della Russia e delle conseguenti implicazioni sugli sviluppi geo-politici, economici, commerciali e finanziari a livello globale.

La revisione delle stime si basa su tre driver principali strettamente interconnessi fra loro. L’escalation del conflitto armato in Ucraina aumenta le probabilità di un indebolimento della crescita economica mondiale e italiana per quest’anno. L’incertezza scaturita dal conflitto in Ucraina peserà infatti sulle relazioni politiche, commerciali, economiche e finanziarie tra vari Paesi, mentre a livello micro, in termini restringenti, sulle decisioni di investimenti delle imprese e sui consumi delle famiglie. A questo si aggiunge l’impatto dei prezzi energetici, già su livelli molto alti a inizio 2022, che determineranno un’ulteriore erosione delle marginalità per le imprese maggiormente energivore e di trasformazione, finanche la completa interruzione dei processi produttivi in alcuni casi. L’applicazione delle sanzioni e l’esclusione delle maggiori banche russe dal circuito Swift, anche in assenza di puri embarghi commerciali, determinerebbe inoltre una significativa contrazione dell’export verso la Russia da parte delle imprese italiane: settori maggiormente legati all’export verso la Russia quali la manifattura meccanica, l’alimentare, l’abbigliamento e arredamento vedranno venir meno una quota importante di mercato a seguito delle sanzioni imposte dall’occidente ed eventuali contromisure intraprese da parte della Russia. Anche il settore dei servizi risentirà delle sanzioni verso Mosca con ricadute sul turismo e strutture ricettive.

Queste proiezioni si basano su un prolungamento delle sanzioni almeno fino alla fine del 2022 e quindi escludono un ripristino dei rapporti economici, commerciali e finanziari con la Russia ai livelli precedenti il conflitto in Ucraina. Il peso del mercato russo per il nostro Paese va comunque contestualizzato a livello nazionale: i rapporti commerciali tra l’Italia e Mosca nel 2021 hanno generato un interscambio di circa 20 miliardi, l’export verso la Russia valeva 7,7 miliardi, poco più dell’1,5% dell’export nazionale. (riproduzione riservata)
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