Anna Messia
Quattordici anni da timoniere e un totale di 32 anni nel gruppo. Entrato in Unipol nel 1990, a 25 anni, fresco di laurea con lode in Economia all’Università di Bologna, in occasione della prossima assemblea di primavera Carlo Cimbri lascerà la guida operativa del gruppo assicurativo per assumerne la presidenza. Un passaggio che è stato annunciato dalle stesse cooperative azioniste di Unipol che considerano il manager l’uomo giusto per prendere il posto di Pierluigi Stefanini, avendo dimostrato sul campo, in questi anni, di saper catalizzare la fiducia di tutti e la stima dal mercato. ll coronamento di un percorso iniziato per Cimbri da responsabile dell’area finanza della compagnia, fino ad essere nominato direttore generale unico nel 2007 e poi amministratore delegato nel 2010. Anche da presidente potrà far valer le sue capacità ma il mercato inizia a chiedersi chi prenderà il suo testimone al comando della seconda compagnia assicurativa del Paese (subito dietro Generali). Una selezione che sarebbe ancora aperta, tra una rosa di manager tutti interni alla compagnia, e che andrà ben calibrata. Perché se è indubbio che si tratterà di una staffetta nel segno della continuità (il nuovo piano, che sarà pronto a maggio, seguirà inevitabilmente il percorso avviato dal ceo) è altrettanto evidente che la poltrona è molto delicata e richiede doti non comuni. Cimbri, che è anche consigliere di amministrazione di Rcs e presidente dello Ieo, l’istituto europeo di oncologia che vede Mediobanca tra i soci fondatori, è stato il regista indiscusso della crescita di Unipol in questi anni lavorando di competenza e relazioni e cogliendo al volo le occasioni giuste.

La più ghiotta, almeno sul fronte assicurativo, si è rivelata il salvataggio, nel 2012, del gruppo Fondiaria-Sai sotto la regia congiunta di Mediobanca e Unicredit. Un’operazione tutta in salita, per cui non sono mancate critiche e ricorsi. Tanto lunghi, questi ultimi, che l’ultimo si è chiuso solo a dicembre scorso, con l’archiviazione di Cimbri e del presidente Stefanini dall’accusa di aggiotaggio. Ci sono voluti otto anni anche per placare, evitando il giudizio, la guerra tra UnipolSai e gli ex azionisti, manager, consiglieri e sindaci revisori protagonisti di Fondiaria-Sai. Una transazione che è stata firmata l’anno scorso e che ha previsto il pagamento di una somma di 42,2 milioni, rispetto all’iniziale richiesta di 60 milioni avanzata dalla compagnia assicurativa partecipata dalle coop. Ora che tutte le pendenze sono definitivamente sistemate è evidente che quell’operazione si è rivelata una carta vincente per Cimbri, a partire dal valore creato per gli azionisti: se si guarda alla performance di Borsa di UnipolSai dal primo gennaio 2013 fino allo scorso 15 marzo la crescita del titolo (con l’operazione chiusa definitivamente il 6 gennaio 2014) è stata del 167%, contro il 44% dell’indice Ftse Mib. Non solo. Il total shareholder return della compagnia, che oltre alle performance di borsa raccoglie anche le cedole distribuite in questi anni, è stato per la compagnia di Bologna del 373% contro il 94% del Ftse Mib. Anche l’integrazione tra le due compagnie, nonostante le tante società coinvolte e gli enormi volumi di polizze in ballo, ha rispettato la tabella di marcia e alla fine ne è nato il primo gruppo assicurativo Danni italiano (primato ora conteso da Generali dopo l’opa di Trieste su Cattolica) con 7,9 miliardi di euro e 2.100 agenzie sul territorio, evitando allo stesso tempo perdite di posti di lavoro e risanando il bilancio di Fondiaria-Sai senza scossoni. Rispetto ai 4,3 miliardi di premi Danni del 2007, quando Cimbri prese il timone, la compagnia ne vale oggi quasi il doppio (7,9 miliardi), con il ramo Vita passato, negli stessi anni, da 4,6 a 5,4 miliardi. Una capacità di creare valore nel corso degli anni che ha evidentemente fatto contenti i tanti ambiti cooperativi azionisti diretti e indiretti della compagnia sulla direttrice Bologna-Modena-Reggio Emilia, che hanno trovato soddisfazione dai buoni e costanti dividendi pagati da Unipol in questi anni indubbiamente non semplici (dalla crisi economica a quella immobiliare, passando per la pandemia). Anche per il 2021, come già annunciato il gruppo confida di chiudere l’anno superando tutti i target prefissi e promette cedole in crescita.

Negli ultimi anni Cimbri ha rivolto l’attenzione anche al mondo bancario, al centro della strategia di Bologna anche per il futuro, per creare sinergie con la distribuzione delle polizze allo sportello. «Le nostre prese di posizione nel capitale delle banche, Bper innanzitutto, ma anche per la Popolare Sondrio, hanno per noi una valenza prettamente industriale: è un canale che intendiamo sviluppare con ancora maggiore incisività, con idee e progetti adeguati, e sarà uno dei tasselli che guiderà il prossimo piano industriale, ha spiegato di recente. Le «prese di posizione» sono state decisamente consistenti. Nel 2019 la compagnia è diventata primo azionista di Bper, con poco meno del 20%, cedendo allo stesso tempo a quest’ultima la partecipazione detenuta in Unipol Banca per 220 milioni. Ora, dopo l’ingresso di Carige nella Banca Popolare dell’Emilia Romagna, potrà tentare di estendere alla rete della banca ligure gli accordi bancassicurativi (oggi con Amissima) che scadono nel 2028. Poi c’è il 9% nella Popolare di Sondrio, istituto che dopo la trasformazione in spa si ritrova ora al centro di possibili riassetti bancari, a partire dall’ipotesi di un’integrazione proprio in Bper. Dossier caldi che Cimbri lascerà in eredità al suo successore insieme a uno dei principali patrimoni immobiliari italiani (valutato in 4,1 miliardi di euro a dicembre 2021), lievitato anche questo con l’operazione FonSai che portò in dote una manciata di alberghi del gruppo Ata. Quest’ultima venne fusa nel 2016 con Una Hotels and Resorts per dare vita al gruppo Una, forte di un portafoglio di 38 hotel e resort. A chi passerà il testimone? La scelta interna, a meno di colpi di scena, appare scontata, in linea di continuità. Era stato così del resto anche nel 2016, quando in UnipolSai Cimbri, salendo alla presidenza della compagnia, aveva lasciato le redini a Matteo Laterza, dal 2008 nel gruppo, nominandolo direttore generale. Anche ora il suo nome è tra quelli accreditati per raccogliere le redini di Cimbri nella capogruppo, ma non è il solo. Tra i fedelissimi ci sono anche Roberto Giay, oggi group general Manager di Unipol e dal 2003 nel gruppo. Come pure Enrico Sanpietro, co-general manager, head of insurance di UnipolSai Assicurazioni e Gian Luca Santi, Business Development and Corporate Communication General Manager di Unipol. Riserva che andrà sciolta nei prossimi giorni perché se è vero che l’assemblee sono fissate per il 27 (UnipolSai) e il 28 aprile (Unipol), il deposito delle liste dovrà avvenire ben prima, entro i primi giorni di aprile e la sistemazione della casella di numero uno di Unipol potrebbe provocare, a cascata, un riassetto di più di qualche casella nel gruppo. Che deleghe potrà mantenere Cimbri in qualità di presidente? Non molte, almeno sulla carta, a leggere l’ultimo regolamento sulla governance pubblicato dall’Ivass che peri presidenti prevede un ruolo non esecutivo e zero funzioni gestionali. (riproduzione riservata)
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