DOPO DUE ANNI DONNET TORNA A BOSTON E NEW YORK. COSTAMAGNA E CIRINÀ A WASHINGTON
di Manuel Follis e Anna Messia
I voti dei grandi investitori Usa, da Blackrock a Vanguard, possono fare la differenze nella competizione che si è aperta per la governance di Generali che sarà decisa con la prossima assemblea del 29 aprile. Non è un caso se martedì scorso il group ceo, Philippe Donnet, candidato della lista del consiglio per un terzo mandato, si è recato di persona a New York dopo due anni di assenza per la pandemia,e nei giorni precedenti aveva fatto tappa pure a Boston. «Abbiamo avuto incontri molto positivi con gli investitori», ha detto Donnet durante un meeting organizzato dal Gei, il gruppo esponenti italiani. «Gli investitori sono molto soddisfatti dei risultati ottenuti nel 2021, del piano che abbiamo presentato e della lista per il prossimo consiglio che sarà sottoposta all’assemblea degli azionisti», ha aggiunto rispondendo positivamente a chi domandava se avesse superato a pieni voti l’esame americano. Negli Stati Uniti si sono recati nei giorni scorsi anche Luciano Cirinà e Claudio Costamagna, rispettivamente candidati presidente e ceo della lista messa a punto da Francesco Gaetano Caltagirone che della compagnia è arrivato a detenere il 9,519% e che all’assemblea di aprile si presenterà in competizione con quella del consiglio, sostenuta invece da Mediobanca che del Leone detiene il 17,2% del Leone di cui un 4,4% tramite un prestito titoli. I due manager hanno già avviato il loro roadshow, recandosi a Washington e realizzando diversi incontri a distanza, e la prossima settimana è prevista anche una tappa prevista a Londra.

Parla Del Vecchio. Ieri a uscire allo scoperto in sostegno dell’imprenditore capitolino è stato Leonardo del Vecchio che del Leone è accreditato per l’8% del capitale ma che dopo aver sciolto, martedì 29, il patto che lo vedeva legato a Crt (1,7%) ha le mani libere per salire, fino teoricamente al 10% (soglia oltre la quale servirebbe l’ok delle autorità). Il supporto di Del Vecchio alla lista di Caltagirone era scontato ma le parole del patron di Luxottica assumono un peso rilevante in vista dell’assemblea. ll piano che prevede la nomina di Cirinà ad amministratore delegato, offre «una visione imprenditoriale di lungo termine che non guarda solo ai dividendi ma anche alla necessità di crescita della compagnia», ha detto Del Vecchio in un’intervista rilasciata a Bloomberg, aggiungendo che il piano potrà accelerare la crescita delle Generali attraverso una grande acquisizione o fusione, e criticando il prestito titoli del 4,4% con cui Mediobanca è salita nel Leone. Ieri è scesa in campo anche Assogestioni pronta a presentare una terza lista di minoranza (sostenuta dallo 0,6% del capitale) composta dal consigliere uscente Roberto Perotti da Alice Bordini, Giuseppe Guizzi e Mariarosaria Taddeo. L’obiettivo è di arrivare almeno al 5%, e rischia di essere incerto anche se i fondi dovessero ottenere il supporto dei Benetton (con il loro 3,97%), come era stato nell’ultima assemblea. Anche perché a questo giro Ponzano Veneto potrebbe dare sostegno a Caltagirone.

Rebus giuridico. Parlando di quote e liste in vista dell’assemblea c’è poi un tema segnalato già in dicembre a Consob da Maurizio Irrera, vicepresidente di Fondazione Crt e professore di Diritto Commerciale a Torino. Cosa accadrebbe se la lista Generali arrivasse seconda, cosa finora mai successa in Italia? Da essa, scriveva Irrera all’authority, «non potranno essere tratti i consiglieri d’amministrazione di minoranza, che invece dovranno essere individuati dalla lista terza classificata». Ciò anche in considerazione del fatto che «la lista presentata dagli amministratori è rappresentativa non dei soci, ma della governance uscente». Un altro tema legale in vista dell’assemblea, mentre davanti al regulator guidato da Paolo Savona resta anche aperto il tema del prestito titoli.

A Donnet 5,9 milioni. Ieri intanto, nel giorno in cui la compagnia ha annunciato di essere diventata azionista di maggioranza nella jv assicurativa Vita in India, è stata anche pubblicata la relazione sulla politica in materia di remunerazione. Ne emerge che nel 2021 il ceo Donnet ha maturato un compenso complessivo di 5,9 milioni. Il 38,8% in più rispetto all’anno prima, quando Donnet, così come altri consiglieri e top manager, aveva destinato circa il 20% dei compensi al fondo per far fronte all’emergenza Covid. (riproduzione riservata)
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