Stando alle indiscrezioni che si rincorrono tra Sondrio e Milano, la morale sembrerebbe un po’ gattopardesca: il radicale cambiamento di governance approvato lo scorso anno con il passaggio dalla cooperativa alla società per azioni nei fatti non determinerà stravolgimenti al vertice della Popolare di Sondrio.

Al contrario, almeno per ora, gli stakeholder appaiono orientati a garantire la continuità sia nell’assetto di vertice che nella strategia. Sono questi gli umori che si respirano a poco più di un mese dall’appuntamento del prossimo 30 aprile. In quella data l’assemblea dell’istituto guidato da Mario Pedranzini e presieduto da Francesco Venosta voterà per la prima volta in 150 anni di storia con le regole della spa. Non varrà più insomma il principio capitario (una testa, un voto), ma a contare sarà la consistenza dei pacchetti azionari con buona pace della tradizione cooperativa. Sul tavolo ci sarà non solo il bilancio, ma soprattutto il rinnovo di un terzo del board compresa la delicata figura del presidente. Per il momento si possono solo fare pronostici visto che lo showdown sulle liste avrà luogo solo tra un paio di settimane, il prossimo 4 aprile. A quel punto il mercato saprà con certezza se l’assemblea sarà una pura formalità o qualcosa di più movimentato. Questa seconda ipotesi però ha chance ridotte e per più di una ragione. Come accaduto per molte banche coinvolte nella riforma Renzi del 2015, anche la Popolare di Sondrio è diventata qualcosa di molto simile a una public company, cioè una società ad azionariato altamente frazionato e con una consistente quota di investitori istituzionali. Basti pensare che, in base alla mappatura fornita da Bloomberg, nel capitale compaiono asset manager come Dimensional Fund (4,35%), Norges Bank (2,75%), Vanguard Group (2,53%) o BlackRock (1,59%), senza considerare la presenza di Amber Capital, il fondo inglese che da 25 anni è tra i primi investitori in Italia e che da tempo segue le vicende della banca valtellinese. Se il cda uscente varerà a breve una propria lista con la conferma del presidente Francesco Venosta, per la prima volta quest’anno qualunque investitore detenga una partecipazione superiore all’1% potrà farsi avanti e presentare delle candidature. Uno scenario che un paio di fonti ritengono realistico, anche se per il momento le valutazioni sono ancora in corso. Nemmeno è chiaro se gli istituzionali sceglieranno di muoversi autonomamente oppure, come appare più probabile, attraverso Assogestioni. L’ingresso in cda di un rappresentante delle minoranze non sarebbe comunque una novità assoluta per la Popolare di Sondrio visto che già lo scorso anno si era fatto avanti il piccolo socio Luca Frigerio, immobiliarista lecchese promotore di una propria lista. Frigerio era però decaduto alla fine dell’anno scorso per «accertamento del difetto dei prescritti requisiti di professionalità».

Se i fondi sono gli indiziati principali per un blitz in assemblea, a Sondrio l’attenzione è concentrata anche sui piccoli soci. Nelle scorse settimane il capoluogo lombardo ha visto nascere «Insieme per la Popolare», un’associazione di azionisti promossa da Enzo Ceciliani e Francesco Grimaldi che sembra fare il paio con il Comitato per l’Indipendenza e l’Autonomia, fondato lo scorso anno da Marco Vitale e Stefano Zane con l’obiettivo di tutelare le radici cooperative della banca. Per il momento è difficile valutare il peso specifico di queste iniziative in termini di possesso azionario. L’associazione «Insieme per la Popolare» per esempio si rivolge ai piccoli e piccolissimi azionisti che, come prevede la legge, posseggono meno dello 0,1% del capitale e organizzerà, raccoglierà e gestirà le deleghe di voto eventualmente e liberamente attribuitele dai soci stessi in vista delle assemblee.

Il soggetto però che oggi sarebbe davvero in grado di spostare gli equilibri in assemblea è Unipol. Con gli acquisti dell’estate scorsa la compagnia bolognese guidata da Carlo Cimbri si è rapidamente portata oltre il 9% nell’ambito di un’operazione più volte definitiva come amichevole. «L’operazione si inquadra nella strategia di UnipolSai finalizzata a contribuire ai piani di sviluppo della banca, partner industriale del gruppo Unipol dal 2010 nel comparto della bancassicurazione danni e vita», aveva spiegato a caldo Bologna. Dopo quegli acquisti però Unipol è rimasta alla finestra. Non solo perché l’azionista è stato impegnato su molti fronti (da ultimo la messa in sicurezza di Carige da parte Bper), ma anche perché sarebbe difficile criticare i risultati presentati da Sondrio. Il 2021 si è chiuso con un utile netto a 268,6 milioni, il risultato migliore della storia della banca nonchè un dato più che doppio (+152%) rispetto all’anno precedente. A breve inoltre l’istituto dovrebbe rinviare la presentazione del nuovo piano strategico, inizialmente prevista per la fine di marzo. La decisione non è ancora stata presa, ma verrà esaminata a breve dal cda anche perché le troppe incertezze derivanti dal contesto geopolitico richiedono prudenza. Quel che è certo è che la strategia sarà esaminata con grande attenzione dal primo azionista.

Ma quali potrebbero essere le mosse di Unipol? Come detto, per il momento la compagnia ha scelto la strada della prudenza. «Sondrio è un’ottima banca, ben gestita, partner da diversi anni. Le scelte sono della banca, quindi se quest’ultima vorrà crescere attraverso aggregazioni valuteremo con loro se possiamo supportarli. Se, invece, vuole rimanere nell’attuale configurazione saremo soddisfatti», ha spiegato recentemente Cimbri, ribadendo comunque l’impegno a difendere la banca «se dovesse essere attaccata da altri soggetti». Sarebbe difficile però non vedere analogie con la partita Bper. Anche il quel caso Unipol entrò nell’istituto con una piccola partecipazione poi incrementata con pazienza. Una ragione in più insomma per non aspettarsi blitz sulla corporate governance. Qualcuno ricorderà però che nel marzo del 2018 Unipol si rivolse al consiglio di amministrazione di Bper per chiedere scelte più coraggiose in termini di candidature e strategie. Una moral suasion ascoltata con grande attenzione dagli amministratori e dagli altri stakeholder dell’istituto modenese. Difficile dire se qualcosa del genere potrebbe accadere anche in Valtellina, ma certamente l’ipotesi non può essere esclusa.

Nel frattempo, in una fase in cui le geografie del sistema bancario italiano stanno cambiando molto rapidamente, anche il vertice della Popolare di Sondrio vuole esaminare con attenzione le molte opzioni sul tavolo. Su questi temi la banca si è fatta affiancare da Wepartner, la società di consulenza fondata dal professor Angelo Provasoli e guidata da Guido Rivolta (ex ceo di Cdp Equity). Oggi i vertici sono in fase di studio, ma qualche decisione potrebbe maturare. Altro che gattopardismo insomma. Se sinora il cambio di governance non ha innescato grandi cambiamenti, i prossimi mesi potrebbero riservare più di una sorpresa. (riproduzione riservata)
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