Anna Messia
L’attesa è finita. Tempo qualche giorno e la contesa per la gestione delle Assicurazioni Generali, arrivata a livelli di tensione tra i soci mai registrati nella storia della compagnia, entrerà finalmente nel vivo dei contenuti. Con una domanda che domina su tutte. Quale sarà il tandem che Francesco Gaetano Caltagirone proporrà al mercato in risposta al duo Philippe Donnet-Andrea Sironi che il consiglio di Generali ha già indicato come il più adatto a guidare la prima compagnia italiana per i prossimi tre anni?

Se l’assicurazione triestina, nelle scorse settimane, ha già scoperto quasi tutte le carte, quelle dell’imprenditore capitolino, che del Leone detiene ufficialmente l’8% (ma potrebbe aver superato il 9%), sono ancora ben nascoste. Un’attesa che sta però per finire, con Caltagirone che giovedì 10 ha fatto sapere che per l’assemblea Generali del 29 aprile, che definirà il nuovo vertice, presenterà una lista lunga, e non una di minoranza. Tra i suoi candidati ci sarà quindi un amministratore delegato alternativo a Donnet e un presidente diverso da Sironi, con l’obiettivo di dare un nuovo corso a Trieste. La riserva sarà sciolta probabilmente nel weekend del 13 marzo e la scelta, fanno filtrare fonti vicine al dossier, sarebbe tra una short list di quattro possibili presidenti e altrettanti ceo con la decisione ultima che spetterà, immancabilmente, allo stesso Caltagirone. Chi c’è in lista? Le voci sul mercato non mancano, con Claudio Costamagna che appare il nome più accreditato per la figura di presidente. L’ex Goldman Sachs ed ex presidente di Cassa Depositi e Prestiti, ora impegnato come presidente della nuova spac assicurativa Revo quotata all’Aim, avrebbe già dato la sua disponibilità (anche se ad alcune condizioni). Lo stesso Alberto Minali, ideatore di Revo, era stato accreditato come possibile ceo di Generali gradito a Caltagirone ma il manager, ex ceo di Cattolica (che tra l’altro alla compagnia di Verona, finita nel frattempo nel Leone, ha chiesto 9,6 milioni di danni) sarebbe ora concentrato sul definitivo decollo della spac dopo l’acquisto di Elba Assicurazioni.

Non sarebbero inclusi nella lista (sempre come possibili presidenti) neppure Maria Patrizia Grieco (presidente Mps) e Marco Alverà (ad Snam), che pure erano stati contattati, e decisamente improbabile appare una candidatura dello stesso Caltagirone. Mentre tra gli ultimi nomi a spuntare ci sarebbero quelli di Flavio Cattaneo (vice presidente di Italo) e Massimo Ferrari (Webuild). Si vedrà. L’attenzione maggiore è comunque focalizzata sulla figura dell’amministratore delegato che dovrà tentare di sfidare Donnet su numeri e piano industriale. Al momento, il nome più ricorrente è quello di Diego De Giorgi, candidatura circolata già a fine 2021 e lo stesso manager si era detto indisponibile. Si tratta di uno dei pochi banchieri italiani che ha ricoperto posizioni di vertice nelle grandi banche d’affari internazionali (da Goldman Sachs a Merrill Lynch) e insieme a Jean Pierre Mustier ha lanciato Pegasus, la più grande spac d’Europa da 500 milioni, entrando anche nel cda di Unicredit. E si è poi fatto pure il nome pure di Giulio Terzariol, cfo di Allianz, che avrebbe un focus più specifico sul settore assicurativo e proprio come De Giorgi è un italiano che si è fatto apprezzare all’estero. Ma, come sempre accade in queste partite, non possono escludersi outsider dell’ultimo momento.

In ogni caso, già martedì 15, l’assetto delle squadre in gioco potrebbe essere definitivamente chiaro e il mercato, che in questa partita è il vero ago della bilancia, potrà iniziare a fare le sue considerazioni. Da parte loro le Generali, che lunedì 14 riuniranno il consiglio di amministrazione per approvare il bilancio 2021, sono di fatto pronte a presentare le lista definitiva, che sarà di certo composta da Luisa Torchia e Alessia Falsarone, già cooptate nei giorni scorsi, insieme a Sironi, per prendere il posto dei dimissionari Caltagirone, Romolo Bardin (rappresentante di Leonardo Del Vecchio) e Sabrina Pucci, usciti in polemica dal consiglio.

Oltre alla riconferma certa di Donnet per un terzo mandato, appare probabile la ricandidatura di Clemente Rebecchini (in quota Mediobanca, primo azionista con il 12,8%), di Lorenzo Pellicioli, di Diva Moriani e di Antonella Mei-Pochtler. E pure per le altre figure mancanti (per arrivare probabilmente a 13) il criterio guida sarà il mercato, promettono dalla compagnia dopo aver approvato il «parere di orientamento»: ci sarà una maggioranza di amministratori indipendenti, anche nei comitati interni, e nell’indicazione dei consiglieri saranno rispettate «in maniera prioritaria» competenze, nel digitale, nella sicurezza cibernetica e nell’IT, oltre che nella prospettiva internazionale maturate in mercati di riferimento diversi da quelli del Leone. Lo stesso criterio che, sottolineano dalla compagnia, ha portato all’indicazione come presidente di Sironi, ex rettore della Bocconi, esperto di problematiche aziendali e di vita societaria, ex presidente della Borsa e membro del board di importanti istituzioni finanziarie italiane (da Cdp a Unicredit fino a Intesa Sanpaolo). Una figura garante dell’indipendenza del consiglio e in grado di gestire le tensioni sorte in questi mesi nella governance di Trieste e arrivate fino alla chiamata in campo, da entrambe le parti, delle autorità di controllo Consob e Ivass. Subito dopo si attende la risposta di Caltagirone che, in tempi ormai strettissimi, dovrà indicare il manager capace di presentare un piano alternativo a quello di Donnet, che pure arriva da oltre cinque anni di risultati positivi, e per i prossimi tre anni ha già promesso al mercato cedole comprese tra 5,2 e 5,6 miliardi.

A decidere, come detto, sarà il appunto il mercato. Caltagirone oltre alla sua quota, con ogni probabilità, potrà fare affidamento sul sostegno di Del Vecchio (6,62%) e sulla Fondazione Crt (1,7%) e forse anche sui Benetton, che di Generali detengono il 3,9%. Un fronte che potrebbe quindi arrivare a superare il 20% contrapposto a quello di Mediobanca che tra titoli di proprietà (12,8%) e prestito (4,4%), più il sostegno di De Agostini (1,44%), la cui quota è in vendita ma che ha diritto di voto fino all’assemblea, arriva a una percentuale molto simile. Ma è opportuno ricordare che il 35% del capitale della compagnia è in mano a investitori istituzionali e il 22,4% al retail. A incidere sugli equilibri potrebbe essere quindi anche la terza lista che Assogestioni sembra pronta a presentare mentre non è ancora del tutto chiaro se Consob e Ivass, chiamate in campo sia da Caltagirone (per la questione del prestito titoli di Mediobanca) sia da Generali (che ha mosso dubbi sul concerto tra i tre soci) lasceranno fare al mercato o daranno una loro indicazione prima del fatidico appuntamento di aprile. (riproduzione riservata)
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