Hanno in comune una riservatezza che sfiora la ritrosia ma per storia e profilo Gabriele Galateri e Andrea Sironi non potrebbero essere più differenti. Per questo la decisione presa qualche giorno fa dal cda delle Generali ha spiazzato chi si aspettava una scelta di totale continuità per la presidenza della compagnia. Professore ed ex rettore della più prestigiosa università di Economia in Italia (la Bocconi di Milano, di cui è anche vice presidente), Sironi frequenta da oltre un decennio il mondo della finanza nel quale ha presidiato diversi centri nevralgici. Se si trascura una breve esperienza di analista presso la Chase Manhattan di Londra, le sue radici sono però rimaste ben piantate nell’accademia dove si occupa soprattutto di regolamentazione bancaria, tema oggi quanto mai attuale per l’industria del credito. È stato visiting scholar presso il Department of finance della Stern School of Business della New York University e visiting professor presso la Division of research and statistics del Federal reserve board di Washington. Meriti professionali e solide entrature gli hanno garantito a soli 48 anni la successione a Guido Tabellini quale più giovane rettore della Bocconi dopo Mario Monti. Un professore prestato alla finanza insomma? Non esattamente, perché i prestigiosi incarichi collezionati negli ultimi anni hanno fatto di Sironi un esperto di problematiche aziendali e di vita societaria. È stato presidente della Borsa in anni di delicate trasformazioni e ha fatto parte dei board di importanti istituzioni finanziarie italiane, dalla Cassa Depositi e Prestiti a Unicredit fino a Intesa Sanpaolo di cui è stato consigliere indipendente sino a qualche giorno fa. In Ca’ de Sass Sironi era arrivato nel 2019 dopo l’uscita di Giovanni Gorno Tempini, chiamato a sostituire Massimo Tononi alla presidenza della Cdp. Una cooptazione che non deve stupire, visto il rapporto di stima che lega il docente della Bocconi al vertice e ai grandi azionisti di Intesa. Non per caso, sempre nel 2019, il suo nome era circolato con insistenza per il vertice della Cariplo, lasciato dopo 22 anni da Giuseppe Guzzetti. Se in quel caso la candidatura non era andata in buca, nella city milanese qualcuno sostiene che Sironi (in alternativa a Gorno Tempini) sarebbe potuto entrare in via Manin allo scadere del mandato dell’attuale presidente Giovanni Fosti. Se non prima. Scenari ovviamente non più attuali dopo la candidatura al vertice delle Generali.

Come interpretare la scelta di Trieste? Molti sono convinti che l’ex rettore della Bocconi possa essere non solo un garante dell’indipendenza del cda, ma anche una figura in grado di gestire le tensioni sorte nella governance di Trieste. Attorno al vertice di Generali si è infatti aperto uno scontro senza precedenti. Pur su posizioni diverse, i due grandi soci privati sono determinati a imprimere un cambio di rotta alla compagnia. Francesco Gaetano Caltagirone, ex vicepresidente vicario e secondo azionista (7,98%), spinge per un assetto più plurale della governance e ha ribadito il proprio dissenso disertando l’ultima assemblea di bilancio. Leonardo Del Vecchio invece (6,62%) ha da tempo messo nel mirino la strategia del gruppo triestino. Fulcro dello scontro è la conferma del ceo Philippe Donnet a cui i due imprenditori, affiancati dalla Fondazione Crt, si oppongono duramente in aperto contrasto con il primo socio Mediobanca (17,2%). Le prossime due settimane saranno decisive per l’esito dello scontro. Se la lista del cda è quasi ultimata, ancora nulla si sa della formazione che potrebbe essere presentata da Caltagirone. Di certo c’è solo che l’imprenditore romano dovrebbe presentare una lista «lunga», che potrà cioè essere votata dalla maggioranza degli azionisti. Sui candidati più che di previsioni per ora si può solo parlare di pronostici. L’attuale numero uno di Banca Montepaschi Patrizia Grieco è stata fino a pochi giorni fa il nome favorito per la presidenza anche se oggi le quotazioni sembrano in discesa. Come ceo diversi osservatori guardano a Giulio Terzariol, attuale cfo di Allianz, mentre il banker Diego De Giorgi (ex Merrill Lynch e Unicredit) non sarebbe per il momento disponibile.

Non è peraltro ancora chiaro quali saranno le scelte degli altri frondisti, a partire dalla Fondazione Crt. Al vertice dell’ente torinese (1,7%) è in atto un intenso confronto sulla partita Generali e, in particolare, sulla posizione che la fondazione dovrebbe assumere nell’imminente rinnovo. Se diversi amministratori avrebbero già dato la propria disponibilità per un inserimento in lista, qualche dubbio sarebbe stato alimentato dal parere legale richiesto a un primario studio legale torinese (si fa il nome dello studio Weigmann). «I soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la Fondazione Bancaria», spiega il documento, «non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso nelle società concorrenti della banca conferitaria». Prendendo alla lettera il parere insomma la presenza di Crt nel capitale di Unicredit potrebbe rappresentare una circostanza ostativa a una candidatura in Generali, visto che il business dei due intermediari presenta più punti di sovrapposizione. «Il gruppo Unicredit distribuisce polizze assicurative in tutto il mercato italiano attraverso le proprie filiali e Assicurazioni Generali distribuisce polizze con una rete di agenti in tutto il mercato italiano: dunque sono in concorrenza sul mercato della distribuzione dei prodotti assicurativi», spiega il parere.

L’assemblea di aprile non rappresenta comunque l’unica incognita nel futuro del Leone. Cosa accadrà per esempio se l’assise non sarà in grado di ricomporre la spaccatura nella governance? Con le partecipazioni dei contendenti ormai molto vicine, il rischio è che il confronto si possa chiudere pressoché in pareggio e che di conseguenza il conflitto possa protrarsi. Ecco perché, osserva qualcuno, potrebbe rivelarsi indispensabile una figura di garanzia che, in forza di una riconosciuta indipendenza, sappia preservare l’azienda dalle tensioni tra i soci. Un identikit in cui oggi non è difficile riconoscere lo stesso Sironi.
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