SI MIRA A RIDURRE LA VOLATILITÀ ATTENUANDO L’ESPOSIZIONE AI SINGOLI RISCHI GEOGRAFICI
di Marco Capponi
Nonostante il parziale recupero nella seconda parte di giornata ieri si è assistito a un’altra seduta di perdite rilevanti per tutte le principali piazze europee, trainate al ribasso dalle nuove sanzioni alla Russia, che hanno colpito in particolare i titoli finanziari, e dai rincari delle materie prime. I gestori tuttavia sono convinti che, in questo contesto di volatilità estrema, il rischio più grande sia uno: lasciare che l’emotività abbia la meglio sulle scelte razionali. Niente panico quindi, anche perché l’orizzonte di investimento a cui guardare resta quello di medio-lungo periodo. «In questa ottica», sottolinea Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch, «il rischio russo non è nuovo e pertanto non abbiamo alcuna esposizione alla regione». Nel suo portafoglio il money manager include «titoli il cui potenziale di crescita e guadagno a lungo termine è in gran parte slegato dai singoli mercati e potenziali rischi Paese». Quanto alla diversificazione, Flossbach evidenzia che «l’oro e il dollaro rappresentano componenti importanti e quindi fisse dei portafogli e fungono in questa fase da coperture immediate».

Il secondo tema caldo resta quello dei rincari delle materie prime, visto anche che, come mostra la tabella in pagina, dalla Russia provengono il 12% del petrolio mondiale, quasi il 17% del gas, addirittura il 44% del palladio. «Il rialzo», avverte Olivier de Berranger, deputy ceo e cio di La Financière de l’Echiquier, «potrebbe influenzare i margini aziendali e le catene di approvvigionamento, già colpiti dal Covid: presteremo dunque attenzione alla capacità delle aziende di incrementare i prezzi per mantenere i margini di profitto», considerando che «il pricing power, presente dall’inizio dell’anno, è stato rafforzato dal conflitto».

Lato banche, dopo le pesanti vendite registrate ieri in seguito alla rimozione degli istituti di credito russi dal sistema internazionale dei pagamenti Swift, gli analisti di Jp Morgan ritengono che sia prematuro procedere a disinvestimenti massicci nel settore. Le società finanziarie «hanno mandato in fumo una parte dei rally registrati da inizio anno», ricordano gli esperti, «ma la loro esposizione a Russia e Ucraina dovrebbe essere molto gestibile, in quanto è inferiore all’1% dei valori contabili». Più in generale, spiegano dalla banca d’investimento americana, le posizioni lunghe in Europa e nei titoli bancari non dovrebbero essere in grado di registrare performance in crescita «finché la crisi sarà in primo piano nei flussi di notizie, ma dovrebbero continuare ad avere una posizione di sovrapeso in portafoglio su qualsiasi orizzonte temporale più lungo di un mese, in particolare se la Russia non taglierà i flussi di materie prime».

Per quegli investitori che volessero continuare a giocare in attacco, puntando sui mercati azionari, un settore interessante potrebbe essere infine quello della difesa. Ieri, dopo che il governo tedesco ha annunciato l’aumento del budget militare fin oltre il 2% del pil, le società esposte alle spese militari hanno vissuto rally di borsa importanti (si veda il box a pagina 19): guardando solo a Piazza Affari Leonardo è cresciuta del 15%, Fincantieri quasi del 23%, e anche la nuova matricola Civitanavi, specializzata in sistemi di navigazione e stabilizzazione per la difesa, di quasi l’8%. (riproduzione riservata)

Ragaini (Banca Generali): in portafoglio è tempo di alzare la quota di asset reali e valute
di Marco Capponi
Più che nell’ottica di un mercato orso, gli investitori dovrebbero continuare a guardare al flusso di notizie sul conflitto tra Russia e Ucraina con un’altra lente: quella della volatilità. A spiegarlo è Andrea Ragaini, vicedirettore generale di Banca Generali con responsabilità su wealth management, mercati e prodotti.

Domanda. Come si pone il conflitto nello scenario di mercato di questi primi mesi del 2022?

Risposta. Prima della guerra si parlava di possibile inflazione strutturale e tassi di interesse, e questo alimentava la volatilità. L’attacco all’Ucraina non fa che esasperarla, ma senza che ciò si traduca necessariamente in un mercato orso.

D. Quali sono le variabili più rilevanti per i mercati?

R. L’andamento delle borse dipende dalla crescita economica, e quindi un aspetto da monitorare con attenzione è l’impatto delle sanzioni sul pil globale, stimato intorno all’1,5%-2%. E poi c’è il tema del rincaro delle materie prime.

D. E le perdite delle banche?

R. A inizio anno i titoli finanziari hanno vissuto un rally in scia alla crescita della curva dei tassi. Più che l’esposizione alla Russia, ora gli istituti di credito stanno soffrendo il nuovo clima di probabile cautela delle banche centrali.

D. Come tenere sotto controllo l’emotività in portafoglio?

R. Di crisi nel corso della storia recente ce ne sono state tante, e quindi anche questo conflitto va gestito con razionalità. Bisogna guardare al medio-lungo periodo, ricordando che i portafogli gestiti da consulenti professionali sono costruiti in base ai profili di rischio dei clienti: vendere in un momento di eccesso di emotività risultata pertanto quasi sempre sbagliato. Un esempio: dopo Pearl Harbor, i mercati in soli 12 mesi erano tornati in positivo. E una cosa simile è successa dopo tutti i grandi scossoni geopolitici degli ultimi decenni.

D. Su quali asset class puntare?

R. In un momento di ritorno dell’inflazione avere asset reali in portafoglio è un elemento imprescindibile, specialmente nei portafogli private. Azioni, commodity, oro: in questa situazione di conflitto tali elementi valgono ancora di più. E poi ci sono le valute: non solo l’euro, ma anche quelle strutturali come il dollaro americano, il dollaro canadese e, in misura minore, yen giapponese e sterlina britannica.

D. Per quanto riguarda l’azionario?

R. In linea di massima è ancora meglio puntare sull’equity che sul reddito fisso, magari facendo partire un piano di accumulo azionario a 12 o 24 mesi. Se settori e geografie invece, oggi più che mai vale la regola della diversificazione.

D. Il Ftse Mib ieri ha rischiato di scendere sotto quota 25mila punti. Potrebbe essere un buon punto d’ingresso?

R. I 25mila costituiscono una soglia significativa. Una rottura di questo limite potrebbe portare anche a un ribasso a 24mila, ma se si riuscisse a restare sopra si potrebbe arrivare a 26.500.

D. E dal punto di vista della composizione degli indici?

R. Il mercato italiano resta di per sé molto interessante, ma è al contempo molto dipendente dalle forniture russe, il che lo rende vulnerabile al rally dei costi energetici. (riproduzione riservata)
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