IL CASO DEL DOCENTE CHE NON AVEVA OTTENUTO L’AVVICINAMENTO AL FAMILIARE DISABILE
di Vincenzo Giannotti
Se è vero che il danno deve essere provato dal docente per chiederne il risarcimento, in caso di mancata assegnazione della sede di lavoro più vicina, tale onere della prova può essere assunto in via equitativa o presuntiva dal giudice se il Ministero dell’Istruzione è inadempiente.

Con questa motivazione la Cassazione (ordinanza n.8101/2022) ha riformato la sentenza della Corte di appello e accolto la richiesta del risarcimento del danno, patrimoniale e non, subito dal docente leso dall’inadempimento del Ministero.

Un docente ha presentato ricorso al giudice del lavoro, per farsi riconoscere i danni patiti per mancato avvicinamento al familiare disabile. La sede ambita, infatti, è stata ottenuta da altro docente sulla base di una documentazione risultata non veritiera.

Il ritardo di diversi anni dalla conoscenza dei fatti era dovuto al diniego di accesso agli atti del procedimento, richiesti dal docente estromesso, collocato in una sede di lavoro molto più lontana da quella ambita. Infatti, solo con la sentenza del Tar è stato accolto il ricorso con obbligo del Ministero di consegnare la documentazione richiesta. La Corte di appello, pur assumendo come illecita la condotta del Ministero ha, tuttavia, confermato la sentenza del giudice di primo grado, per non aver il docente dimostrato e documentato i danni subiti.

La questione è giunta in Cassazione dove il ricorrente si è lamentato di un mancato giudizio equitativo o presuntivo da parte dei giudici dei danni subiti, posto che il comportamento illecito dell’amministrazione avrebbe impedito, al ricorrente, di portare la prova specifica degli esborsi affrontati nel lungo periodo di lontananza dalla sede ambita, rispetto a quella vicina al familiare disabile, nonostante la sua precedenza alla scelta della sede ai sensi della Legge 104/1992.

Per la Cassazione il ricorso, a differenza di quanto evidenziato dai giudici aditi, è fondato. Infatti, nel caso di specie, la responsabilità dell’amministrazione pubblica costituisce un fatto indiscusso e accertato e, a distanza di tempo dal comportamento illecito assunto, il giudice avrebbe dovuto valutare le condizioni di maggior dispendio di energie e danaro in cui si è trovato il ricorrente nell’affrontare impegnative trasferte settimanali.

La sentenza dei giudici di appello deve essere considerata errata nell’assunto che il risarcimento del danno non possa essere dimostrato in via presuntiva o liquidato in via equitativa. Inoltre, in merito al danno morale o esistenziale dedotto, altrettanto errata è l’affermazione della Corte di appello che esso, quale conseguenza di un illecito, sia insussistente perché non avrebbe intaccato beni costituzionalmente rilevanti inerenti alla persona del ricorrente.

Il giudice di merito avrebbe dovuto considerare, sotto questo profilo, il maggiore disagio e il peggioramento delle condizioni di esistenza del ricorrente nell’assicurare la presenza e l’assistenza ai propri familiari, sopportati per anni, prima del ripristino della situazione cui aveva originariamente diritto.
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