di Anna Messia
Tra coloro che potranno esercitare i propri diritti di voto all’assemblea Generali ci sono anche i due principali contendenti: il group ceo, Philippe Donnet, sostenuto dal consiglio, e lo sfidante, candidato ceo della lista di Francesco Gaetano Caltagirone, Luciano Cirinà. Il primo è arrivato a detenere più di un milione di titoli della compagnia (lo 0,06%), il doppio dell’ultima assemblea del 2019. Mentre Cirinà, stando alle ultime comunicazioni, aveva poco più di 100 mila azioni. In ogni caso la caccia al voto, in vista dell’appuntamento del 29 aprile con l’assise degli azionisti chiamata al rinnovo del consiglio di amministrazione della prima assicurazione del paese, è entrata nel vivo.

In questa intricata partita anche una manciata di voti può fare la differenza. I due schieramenti, almeno sulla carta, sembrano avere il supporto di un numero di azioni molto simile. La lista del consiglio, che candida per un terzo mandato Donnet, forte di risultati 2021 da record e di un piano industriale presentato a dicembre che promette ricchi dividendi, ha il sostegno di Mediobanca, che tra titoli di proprietà (12,8%) e prestito (4,4%), arriva al 17,3% ma può salire al 18,24% includendo i De Agostini: la quota del gruppo novarese è in via di dismissione ma verrà comunque conservata la titolarità dell’1,44% dei diritti di voto fino all’assemblea.

Dall’altra parte Caltagirone propone Cirinà, che in questi anni ha guidato lo sviluppo della compagnia nell’Europa centro orientale. Il programma sarà presentato venerdì e la lista potrà fare affidamento – oltre alla quota di Caltagirone (8,5%) – su Leonardo Del Vecchio (6,62%) e forse anche sulla Fondazione Crt (1,7%; si veda altro articolo in pagina). Poi ci sono i Benetton, che di Generali detengono il 3,97%, e che all’ultima assemblea del 2019 avevano appoggiato Assogestioni. A fare la differenza potranno essere quindi gli investitori istituzionali (se decideranno di votare una lista diversa da quella di Assogestioni) e pure il retail, composto anche dai manager della compagnia e dalla rete degli agenti che tutti insieme arrivano a una quota considerevole della compagnia. Nell’ultima assemblea del 2019 a votare per la lista Mediobanca era stato il 33% del capitale, con il 21% confluito ad Assogestioni. Oggi la situazione è diversa. Per gli investitori istituzionali votare la lista dei gestori rischia di tradursi in una sfiducia indiretta a cda e Donnet. Ed è attesa una partecipazione ben maggiore del 54% del 2019 con l’ufficio azionisti delle Generali che nei giorni scorsi ha ricordato pure agli agenti della compagnia, azionisti diretti e indiretti tramite la cassa di previdenza (con circa lo 0,6%), quanto sia importante l’appuntamento del 29 aprile, incoraggiando anche i clienti – anch’essi eventuali azionisti – a partecipare all’assise. (riproduzione riservata)
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