Il 45% degli italiani è disposto a sostituire i consulti medici in presenza con appuntamenti virtuali a distanza. Il 73% pensa che le tecnologie digitali contribuiranno alla riduzione del Covid-19, mentre il 57% ripone fiducia nella chirurgia a distanza.

Sono alcuni dei risultati dell’indagine “Digital Frontiers – The Heightened Customer Battleground” commissionata da VMware, secondo cui ad aver aumentato la fiducia nell’healthcare non sono solo le generazioni più giovani, ma anche i 45-54enni.

L’83% degli italiani si identifica come “digitalmente curioso” o “esploratore digitale”: si tratta di un pubblico pronto e ricettivo per i nuovi servizi digitali “con una crescente fiducia nel potere della tecnologia di avere un effetto positivo sulla salute e il benessere delle persone”. Il 61% dei consumatori, per esempio, si definisce “felice” all’idea che i membri della propria famiglia con una malattia cronica possano avere la libertà di vivere più lontano dalle strutture mediche, grazie ai sensori e al monitoraggio dei dati in tempo reale che prevedono quando avranno bisogno di assistenza medica. E il 61% crede che possa migliorare significativamente la qualità della vita delle persone vulnerabili, come gli anziani o i disabili.

Anche gli altri Paesi sono allineati alla nuova tendenza: nel Regno Unito, prima del virus, gli appuntamenti in video costituivano solo l’1% dei 340 milioni di visite annuali con medici e infermieri del servizio sanitario nazionale britannico. Ma, con l’accelerazione dell’epidemia, quando l’Nha ha incoraggiato tutti i 7mila studi medici del Regno Unito a ridurre gli appuntamenti faccia a faccia, abbiamo visto le visite fisiche diminuire del 57% rispetto all’anno prima, mentre le piattaforme di medici online come Push Doctor hanno visto un aumento settimanale del 70% delle consultazioni.

Quella del videoconsulto è una tendenza che sta crescendo anche in Italia: nel 2019, secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano solo il 5% dei medici specialisti e il 3% dei medici di famiglia utilizzavano soluzioni di telemedicina, mentre lo scorso anno tre specialisti su quattro hanno dichiarato che è stata decisiva nella fase di emergenza.

A settembre 2020 la conferenza Stato-Regioni ha approvato un documento, elaborato dalla Commissione Salute, relativo alle modalità di gestione delle prestazioni ambulatoriali a distanza in cui si definiscono specifici criteri e modalità di implementazione della televisita nel paziente cronico.

La pandemia ha costretto molti a superare le preoccupazioni legate alla sicurezza degli incontri virtuali con i medici. Ora, si tende ad accettare molto facilmente l’idea di una videochiamata di 10 minuti per discutere i risultati degli esami del sangue invece che andare in una sala d’attesa fisica e condividere questo spazio ristretto con altri pazienti per un tempo sconosciuto.

In aumento la fiducia nell’Intelligenza artificiale utilizzata in sanità: oggi, il 49% dei consumatori non avrebbe problemi se fosse un computer piuttosto che un medico in carne ed ossa a rilevare e riconoscere alcune anomalie, per esempio le cellule cancerose.

Anche la sfiducia nell’uso dei dati nell’assistenza sanitaria si sta attenuando: il 48% degli intervistati dichiara di essere a proprio agio se il medico ha accesso a dati accurati sulla propria vita quotidiana, come il livello di esercizio fisico, la dieta e l’alimentazione, se questo significa ricevere indicazioni utili per la propria salute. Il 51% per cento vede in modo positivo il fatto che un medico più qualificato conduca un’operazione chirurgica invasiva tramite robotica a distanza piuttosto che a farlo sia un medico meno qualificato ma che operi di persona.

Oggi i dispositivi wearable per il fitness monitorano le nostre statistiche vitali ogni giorno con sempre maggiore granularità e in cui i sensori di movimento possono aiutare il recupero a distanza – per esempio, determinando se i pazienti stanno mettendo abbastanza peso sulle ginocchia dopo un intervento e completando gli esercizi prescritti.

E questo senza considerare il potenziale per sfruttare adeguatamente le applicazioni all’avanguardia come la realtà aumentata e virtuale e l’IA. Molti casi d’uso in questo campo: dall’analisi rapida di certi modelli di malattia all’individuazione del rischio di patologie respiratorie attraverso un algoritmo che semplicemente scorre sulle immagini a raggi X del torace dei pazienti, al confronto dei risultati con milioni di altri pazienti per raccomandare il miglior trattamento.

Fonte: Corcom