Nei primi due mesi del 2021 la raccolta delle sgr quotate ha mostrato un boom delle soluzioni gestite. E i loro titoli a Piazza Affari sono balzati in media del 10%. Intanto parte la gara sul fronte dividendi
di Marco Capponi
Nell’industria italiana del risparmio gestito si sta verificando quella che i meteorologi chiamerebbero una tempesta perfetta. Da una parte il rimbalzo fortissimo dei mercati azionari di tutto il mondo in scia all’ottimismo sul ritorno alla normalità post-pandemica. Dall’altra la liquidità ai massimi storici, pronta a essere tolta da sotto il materasso e investita. Tanto più che il fantasma dell’inflazione delle ultime settimane rischia di concretizzare davvero l’evaporazione di una ricchezza lasciata nei conti corrente in maniera sterile. E in questo scenario anche gli italiani, tradizionalmente grandi risparmiatori, sembrano aver capito, complice l’aiuto dai consulenti, che i tempi sono quanto mai propizi per far fruttare il proprio patrimonio. Se il contesto è questo, non stupisce che la parola più usata nel primo bimestre del 2021 dalle società di risparmio quotate sia record: di raccolta, di masse in gestione, di soluzioni di investimento proposte. Una gara in cui tutti lottano per il primato, ma in cui è l’industria nel suo complesso a correre con il vento in poppa.
Basti guardare ai numeri dei due mesi: Azimut, Banca Generali e Banca Mediolanum hanno concluso il periodo gennaio-febbraio con raccolte sopra il miliardo di euro, e per Fineco il bimestre è terminato addirittura con più di 2 miliardi raccolti: un incremento su base annua del 97,1%. Unica a registrare deflussi è stata Anima, che però a differenza dei concorrenti ha la peculiarità di non disporre di una rete di distribuzione propria, e che si è comunque attivata superando la quota di 90 partnership di collocamento. Ultima in ordine di tempo, quella con Banca di Credito Popolare, stipulata in settimana per rafforzare la distribuzione di soluzioni gestite nel territorio.

Una caratteristica che accomuna le varie raccolte è proprio questa: il boom del risparmio gestito nei confronti di quello amministrato. Il che significa, in sostanza, più fondi d’investimento e meno conti correnti. Un caso emblematico è quello di Banca Mediolanum: la raccolta bimestrale di fatto è diminuita, passando da 1,9 a 1,3 miliardi, ma scorporando le singole voci si può vedere una crescita del gestito del 208%, da 248 a 765 milioni, a fronte di un calo dell’amministrato da 1,7 miliardi a 539 milioni. Di fatto, l’istituto guidato dall’ad Massimo Doris aveva iniziato il 2020 con grandi afflussi nell’amministrato, in virtù di un conto corrente promozionale che offriva il 2% annuo lordo sulla nuova liquidità vincolata a sei mesi. Morale della storia: se nel 2020 l’imperativo era conservare il patrimonio, a 12 mesi di distanza la propensione a investire è alle stelle. Stesso discorso vale per gli altri operatori: il gestito di Banca Generali, ad esempio, è salito da 481 a 634 milioni, e le soluzioni sotto consulenza evoluta proposta dal gruppo sono più che quadruplicate, passando da 41 a 174 milioni. Per Azimut, il totale della raccolta di gestito di inizio 2021 si è attestata a 871 milioni, per un patrimonio totale tra gestito e advisory di 48,7 miliardi, in aumento annuo del 4,1%. E anche per Fineco le soluzione di investimento hanno mostrato una raccolta più che raddoppiata su base annua, da 557 milioni a 1,2 miliardi. La banca digital guidata dall’ad Alessandro Foti ha saputo anche valorizzare uno dei suoi cavalli di battaglia, il brokerage, che ha portato nei due mesi ricavi pari a 42 milioni (+24% anno su anno).

Se le raccolte vanno così bene, quindi, appare logico che il confronto tra le società si stia spostando dall’industria alla borsa. Al prezzo di chiusura del 9 marzo la crescita di capitalizzazione di mercato per le sgr quotate da inizio anno era in media del +8,81%, con un incremento addirittura a doppia cifra nel caso di Azimut (+10,6%). Galvanizzati da questi numeri, i cda hanno proposto dividendi elevati sul 2020, con rapporti tra la cedola e il prezzo di mercato che per Banca Generali e Banca Mediolanum sono addirittura superiori al 10%, in quanto tengono conto anche di quelli non distribuiti l’anno prima causa il blocco prudenziale imposto alle banche dalle Authority. Se si esclude Fineco, che non ha dato indicazioni in attesa di nuove indicazioni da parte della Bce, la media dei dividend yield proposti è pari al 7,9% rispetto al prezzo di borsa. Per Azimut, che non è banca, non sarà un problema, tanto che il cda ha confermato la cedola di 1 euro già staccata nel 2020, mentre per le altre, che hanno forma di banca, bisognerà attendere il via libera da parte dei regolatori comunitari. Una cosa è certa: il settore del risparmio gestito ha fiducia nel mercato e nella propensione degli italiani a investire, ed è più che deciso a cavalcare questo entusiasmo premiando gli azionisti che scommettono sui titoli. (riproduzione riservata)

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