Il costruttore ed editore romano è entrato in Mediobanca con l’1% ma punta a Generali (5,6%). E può comprare ancora forte di una liquidità accreditata di 1-1,5 miliardi grazie all’ultima plusvalenza sulla quota (3,5%) in Suez. A questo cassa si aggiungono i miliardi dell’impero industriale, finanziario e immobiliare
di Andrea Montanari

Se Leonardo Del Vecchio ha deciso di entrare nelle partite che contano del mondo finanziario italiano – Unicredit, Mediobanca e Generali – da tempo Francesco Gaetano Caltagirone era «dormiente», concentrato sul futuro dei suoi business industriali (immobili, costruzioni, cemento ed editoria) e pronto a rafforzare la sua presenza nel capitale della sola compagnia assicurativa di Trieste.

Ma il blitz messo a segno mercoledì 3 marzo con l’acquisto dell’1,04% della merchant di Piazzetta Cuccia – investimento da 80 milioni – ha riportato l’attenzione sulle scelte d’investimento dell’industriale romano proprietario di Cementir, Vianini Lavori, dell’omonimo gruppo editoriale (Messaggero, Mattino, Gazzettino, Nuovo Quotidiano di Puglia, Corriere Adriatico e il free press Leggo).

E se l’investimento, strategico, nel capitale del Leone è quello più rilevante – ai prezzi attuali vale 1,4 miliardi, presentando una plusvalenza latente importante visto che il titolo quota 16 euro rispetto a un prezzo di carico medio di 11,5 euro per azione – è altrettanto vero che l’ingresso in Mediobanca ha un forte connotato simbolico, seppure di tratti di investimento finanziario.

Anche perché non va trascurato Caltagirone può continuare a comprare azioni di entrambe le società, se è vero che la partecipazione in Generali storicamente si incrementa di un 1% all’anno, se i prezzi sono convenienti: lo shopping viene sostenuto con i dividendi incassati annualmente dal gruppo guidato da Philippe Donnet.

Lo shopping a Piazza Affari può avvenire anche perché, l’industriale romano, secondo indiscrezioni di mercato raccolte, attualmente è accreditato di una liquidità di 1-1,5 miliardi: disponibilità che contempla anche l’incasso, stimano in 380 milioni, derivante dalla cessione della partecipazione (3,49%) nella francese Suez, secondo azionista (23,33%) dell’utility romana Acea della quale lo stesso Caltagirone detiene il 5,5%.

A questa cassa si va a sommare il controvalore della galassia di società quotate, a partire dal 65,9% Cementir (vale 857 milioni) e dal 5,6% in Generali (valore 1,4 miliardi) che è quantificabile in 2,5-3 miliardi visto che comprende anche le mini quote che vengono accreditate a Caltagirone, in Intesa Sanpaolo ed Enel. Il tutto senza trascurare il perimetro del patrimonio immobiliare, compresa Fabrica sgr (4,4 miliardi di asset under management) che vale altri 2,5-3 miliardi.

Una galassia che ogni anno produce utili totali che sfiorano i 300 milioni e che periodicamente completa operazioni di dismissioni di partecipazioni per rimpolpare la liquidità. Come è stato nel caso di Suez, appunto, e in precedenza di Unicredit. Operazione, quest’ultima, che ha permesso all’ingegnere capitolino, accreditato da Forbes di una ricchezza personale di 3,5 miliardi di dollari (2,9 miliardi di euro) di coprire, in parte, la perdita secca di 220 milioni collegata all’investimento, e alla successiva dismissione della partecipazione (4,7%) in Mps, unica scommessa persa finora.

E se, dal punto di vista del risiko finanziario, le attenzioni di Caltagirone riguardano il futuro di Generali, dal punto di vista industriale l’olandese Cementir pare pronta a nuove acquisizioni internazionali visto che chiuderà il 2020 con debito pressoché a zero e un ebitda di 200-250 milioni: gli analisti stimano una capacità di spesa che sfiora il miliardo. Mentre il business editoriale non vedrà variazioni di perimetro, né in entrata né in uscita. (riproduzione riservata)

Fonte: