SINISTRI
Autore: Marco Tassone
ASSINEWS 329 – aprile 2021
Nella liquidazione dei danni del settore PROPERTY una delle frequenti cause di discussione tra periti delle compagnie e periti degli assicurati è la corretta identificazione di quali siano le “vere e proprie” spese di salvataggio sostenute a seguito di un evento dannoso – ad esempio un incendio, un’alluvione, un guasto ad un macchinario –, rispetto a spese di diversa natura.
Le spese di salvataggio vengono normate dal legislatore con il seguente articolo del codice civile:
Art. 1914 codice civile
L’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno. Le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro, anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si è raggiunto lo scopo, salvo che l’assicuratore provi che le spese sono state fatte inconsideratamente. L’assicuratore risponde dei danni materiali direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistro, salvo che egli provi che tali mezzi sono stati adoperati inconsideratamente. L’intervento dell’assicuratore per il salvataggio delle cose assicurate e per la loro conservazione non pregiudica i suoi diritti. L’assicuratore che interviene al salvataggio deve, se richiesto dall’assicurato, anticiparne le spese o concorrere in proporzione del valore assicurato.
Per chiarire meglio la portata di questo articolo, può essere d’aiuto la contestuale analisi di altre definizioni richiamate sempre dal codice civile, esattamente quelle riportate agli articoli 1898 e 1905, che così recitano: SINISTRO: evento il cui verificarsi dà luogo alla prestazione dell’assicuratore DANNO: lesione di un interesse giuridicamente rilevante.
Esso dà luogo al risarcimento qualora, nella fattispecie, l’evento che lo ha determinato è coperto dal contratto di assicurazione. Quindi se: “L’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno” e le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore…” Significa che l’assicuratore è tenuto a risarcire le spese sostenute non per evitare un evento, ma per evitare una perdita economica ad evento (cioè a sinistro) avvenuto.
Anche la frase successiva dell’art. 1914 conferma quanto sopra, quando cita testualmente: I DANNI DEL SINISTRO. “L’assicuratore risponde dei danni materiali direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistro, ecc.” Preso atto di queste precisazioni, è possibile pertanto fare una corretta distinzione tra “spese di salvataggio” vere e proprie (sostenute cioè a sinistro avvenuto) e spese che si possono definire “preventive”. Le spese “preventive” sono tutte le spese sostenute, anche se con il “buon senso del padre di famiglia”, per evitare che un potenziale sinistro possa coinvolgere i beni assicurati. Solo per citarne alcune, rientrano ad esempio tra le spese preventive le spese sostenute per rimuovere la neve da un tetto (per evitare possibili crolli o caduta di neve sulle persone o sulle macchine), per l’installazione degli impianti anti-incendio in un’azienda, per mettere in sicurezza una frana che minaccia abitazioni o aziende assicurate, oppure le spese di guardiania dopo un primo furto con danneggiamento dei serramenti o delle recinzioni o le spese per installare reti antigrandine sopra un parco auto.
Tali spese non possono in alcun caso risultare a carico dell’assicuratore, ma rappresentano degli oneri che restano sempre e comunque a carico degli assicurati tanto quanto, ad esempio, le spese necessarie per la manutenzione e per il buon funzionamento di un macchinario assicurato. Per chiarire con un ulteriore esempio, il proprietario di un capannone industriale, assicurato con una normale polizza PROPERTY con richiamata la particolare garanzia “Crollo o collasso strutturale”, alla scoperta di una trave pericolante, non può sentirsi in diritto di richiedere all’assicuratore le spese per la sua sostituzione in quanto fatte per evitare un possibile crollo. No, sono solo spese “preventive”.
Una volta chiarito quali siano da considerare come spese di salvataggio e quali no, un altro importante aspetto che spesso complica il calcolo finale dell’indennizzo da liquidare a seguito di un sinistro, è il secondo paragrafo dell’art. 1914: “Le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro…” Quindi le spese sostenute per il “salvataggio” non vanno sempre risarcite per intero, dato che va applicato il concetto della “proporzionalità dell’interesse” dell’assicurato e dell’assicuratore sia in tema di danni diretti sia, per analogia, in tema di danni da perdita di fatturato (anche se non richiamati dal legislatore).
Riguardo ai parametri più comuni da applicare per differenziare l’INTERESSE ECONOMICO tra assicurato e assicuratore, nelle attività di salvataggio non sono però da considerare solo le somme assicurate alle varie partite confrontate con le relative preesistenze, ma vanno tenuti in considerazione anche altri fattori, pur non citati nell’articolo, quali ad esempio:
• Le franchigie
• La somma assicurata totale, i limiti di indennizzo per evento o per le singole garanzie ed “in combinato”.
• Il “periodo di indennizzo” della polizza danni indiretti.
• La tempistica di tali spese (difficile immaginare una spesa di salvataggio fatta dopo un mese da un incendio…).
• La presenza contestuale della polizza danni indiretti o, quanto meno, di clausole del tipo “maggiori costi” sulla polizza base.
• La differenza tra spese “provvisorie” e “definitive” nella riparazione di un macchinario.
Di fronte, ad esempio, ad un sinistro abbondantemente al di sotto della franchigia contrattuale, sarebbe un controsenso sostenere che le spese di salvataggio sostenute dall’assicurato siano state fatte nell’interesse dell’assicuratore, a meno che sia assolutamente evidente e dimostrabile che senza tali spese il possibile indennizzo avrebbe superato il valore della franchigia.
Se i danni conseguenti ad un sinistro fossero invece stati quantificati in 500.000 euro, ma per effetto di una sottoassicurazione e/o della franchigia l’importo da liquidare si fosse ridotto a 400.000 euro, e le spese di salvataggio sostenute fossero state quantificate in 10.000 euro, ne sarebbero risarcibili solo i 4/5, quindi 10.000 x4:5 = 8.000 euro. Ben più complicata invece risulta la corretta identificazione e quantificazione delle spese di salvataggio nei sinistri che interessano le polizze del tipo “guasto macchine e danni da interruzione d’esercizio”.
Questo aspetto può essere chiarito meglio con l’esempio di un evento abbastanza frequente nelle centrali termoelettriche o idriche: Durante il fermo per una manutenzione programmata vengono scoperte delle cricche sulle palette del rotore di una turbina. Se le profondità delle cricche è tale da permettere comunque il funzionamento della macchina, anche se a potenza ridotta, le alternative che si presentano sono due:
a) La ditta assicurata può decidere di procedere con una riparazione provvisoria, ordinando nel frattempo il rotore nuovo al costruttore, con l’obiettivo di sostituirlo nel periodo di successiva fermata per manutenzione ordinaria, naturalmente con la speranza che la riparazione provvisoria “tenga”.
b) Oppure può decidere di non rischiare ed ordina il rotore nuovo fermando la centrale. N.B. tale scelta può essere poi anche influenzata dalla richiesta di energia del mercato al momento del sinistro, come noto molto variabile nei prezzi.
È facile quindi intuire che le spese per una riparazione provvisoria, in presenza di una polizza DANNI INDIRETTI, possono essere intese anche come spese per salvare il fatturato assicurato, fermo restando comunque che nel concetto di “proporzionalità dell’interesse” vanno sempre applicati alcuni parametri, quali ad esempio il periodo di indennizzo e le franchigie, cosa questa non sempre di facile calcolo. Se invece ci fosse la sola polizza DANNI DIRETTI, l’assicuratore non avrebbe alcun interesse alla riduzione della perdita di fatturato, e sarebbe tenuto a risarcire la sola riparazione definitiva. Un altro argomento spesso di discussione tra le parti è poi quello relativo alle eventuali spese per le società di bonifica e risanamento quali, ad esempio, le spese per un intervento di STOP CORROSION.
Il mio parere è che i primi interventi dei “risanatori”, fatti nella immediatezza del sinistro, anche se non andati a buon fine (nel rispetto dell’art. 1914: anche se non è stato raggiunto lo scopo…), possano essere in alcuni casi liquidati come spese di salvataggio, ma le complesse operazioni di bonifica e di decontaminazione, ad esempio di un macchinario alluvionato, che possono protrarsi anche per molti giorni, devono essere sicuramente conteggiate come spese per il ripristino dei beni danneggiati. In entrambi i casi, però, il presupposto per la loro indennizzabilità è quello di trovarsi di fronte ad un evento coperto dal contratto! Se l’assicurato sostiene infatti delle spese di salvataggio a seguito di un allagamento, ma questa garanzia non è prevista dalla polizza, nulla potrà essere richiesto all’assicuratore. Per meglio comprendere la complessità della liquidazione delle spese di salvataggio può essere utile ricordare un sinistro accaduto qualche anno fa. Una famosa azienda aveva merci presso un terzista per circa un milione di euro, terzista che aveva in deposito merci anche di altre ditte per un totale di molti milioni di euro. Il deposito, essendo in una zona a rischio «allagamento» per la presenza di una falda, aveva un sistema ad hoc di pompe di sollevamento e smaltimento ben progettato. A seguito di una pioggia eccezionale (bomba d’acqua) il terzista ha noleggiato gruppi di emergenza con altre pompe per evitare, riuscendoci, che si allagasse il deposito se non in minima parte. Non ci sono stati danni alle merci, che erano comunque a più di 12 cm. dal suolo. Il terzista ha poi addebitato la spesa per il noleggio delle pompe ai proprietari delle merci (alcuni assicurati altri non), in proporzione al valore delle rispettive merci. La polizza in questione prevedeva le garanzie «merci presso terzi» ed «allagamento», quest’ultima con franchigia 50.000 euro. La quota di spese che il depositario le ha addebitato è stata pari a 70.000 euro, di cui il broker ha poi chiesto il rimborso.
È vero che il terzista è responsabile delle cose tenute in consegna / custodia, ma è altrettanto vero che l’evento atmosferico era stato eccezionale. In questo esempio è facile cogliere che non esisteva una soluzione giusta ed una sbagliata; tuttavia, di fronte al rischio di un possibile contenzioso di esito incerto per entrambe le parti, la soluzione più opportuna è stata quella di trovare un accordo di tipo transattivo, tenuto anche buon conto dei rapporti commerciali con il cliente.
Spero di essere stato sufficientemente chiaro in questa mia esposizione e concluderei ricordando anche la sottile differenza che si presenta alcune volte nel collocare correttamente, nella liquidazione di un danno, altre voci, che stanno “a metà” tra spese di salvataggio e spese di perizia. Ad esempio le spese per lo spostamento di merci indenni che rischiano di essere coinvolte in un incendio o in un bagnamento che ha interessato un’altra porzione del capannone assicurato, possono essere senz’altro considerate delle spese di salvataggio, ma se, contestualmente allo spostamento, vengono affrontati dei costi per la loro cernita e quantificazione, non potrebbero essere considerate an- che come spese di perizia? E le spese per una prova di carico (non distruttiva) su un solaio danneggiato, cosa sono?
Ovviamente la prova di carico va decisa congiuntamente tra i periti, e diventa una spesa di perizia; se però tale prova dovesse dare come risultato la possibilità di salvare l’intera struttura potrebbe anche essere vista come una spesa di salvataggio. Concludendo, l’unica raccomandazione valida sempre e comunque è quella dell’applicazione della buona tecnica e del buon senso e tutti i soggetti coinvolti in un sinistro – compagnie, assicurati, broker e periti – dovrebbero cercare di condividere ogni decisione in merito alle azioni da fare per il “contenimento” di un danno, fermo restando che “l’ultima parola” non può che restare in carico all’assicurato!
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