Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio da Covid è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine all’imputabilità di eventuali comportamenti omissivi del datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio. Anche questo principio è stato (ri)affermato da Inail e ministero del lavoro quando, l’anno scorso, venne fuori la problematica relativa alla presunta responsabilità penale dei datori di lavoro. Inail e ministero del lavoro rassicuravano: non possono confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail (basti pensare a un infortunio in «occasione di lavoro» che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o per colpa esclusiva del lavoratore), con i presupposti per la responsabilità penale e civile che vanno rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni Inail.In altre parole, il riconoscimento del diritto alle prestazioni Inail non assume rilievo nell’accusa del datore di lavoro in sede penale.

Allo stesso modo neanche in sede civile: l’ammissione a tutela assicurativa di un evento di contagio non rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro. Né si può desumere da alcuna norma (ma, qualora ci fosse, sarebbe irragionevole) un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile per evitare qualsiasi danno e garantire, per così dire, un ambiente di lavoro a «rischio zero».

La Corte di cassazione, in merito, stabilisce che non si può automaticamente presupporre, dal semplice verificarsi del danno, l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate, ma è necessario che la lesione derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto (sentenza n. 3282/2020). Pertanto, la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso del Covid si possono rinvenire nei Protocolli e nelle linee guida governativi e regionali (art. 1, comma 14, dl n. 33/2020).

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Protezione estesa all’infortunio in itinere
Per quanto riguarda la disciplina dell’infortunio in itinere, l’assicurazione opera nell’ipotesi di infortunio occorso a lavoratore assicurato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro. Sempre Inail e ministero del lavoro hanno precisato che, poiché in tale fattispecie di infortunio non sono catalogati soltanto gli incidenti da circolazione stradale ma anche altri eventi, allora il contagio da Covid accaduto durante tale percorso è configurabile come infortunio in itinere. Per di più, riguardo all’utilizzo del mezzo di trasporto, Inail e ministero del lavoro hanno precisato che, poiché il rischio di contagio è molto più probabile in aree o a bordo di mezzi pubblici affollati, al fine di ridurne la portata, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere in presenza sul luogo di lavoro è considerato «necessitato» l’uso del mezzo privato per raggiungere dalla propria abitazione il luogo di lavoro e viceversa. Tale deroga vale per tutta la durata del periodo di emergenza epidemiologica, secondo le disposizioni e i tempi dettati in materia dalle autorità competenti.

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