C’è il rischio di non riuscire ad avviare le pratiche in tempo e di pagare troppo i materiali. Luci e ombre della misura che offre l’opportunità di valorizzare il proprio immobile a costo zero (o quasi)
di di Teresa Campo e Rosita Romeo

Corsa contro il tempo per il Superbonus 110, la maxi agevolazione fiscale che consente di mettere mano a importanti lavori di riqualificazione edilizia praticamente a costo zero. Tra burocrazia e oggettiva complessità dei lavori ammessi alla detrazione (tipo cappotto termico e impianti di riscaldamento al fine di migliorare di almeno due classi le prestazioni energetiche di un edifici), il rischio è non riuscire ad approfittare del vantaggio fiscale previsto, oppure di spendere molto più del necessario sforando i massimali. Nonostante manchi più di un anno, la scadenza del 30 giugno 2022 risulta infatti pericolosamente vicina alla luce dei tempi biblici necessari per istruire i lavori per riqualificare condomini o abitazioni indipendenti. Con riflessi appunto anche sui costi. L’ostacolo più grosso è rappresentato dagli uffici tecnici dei Comuni, e in parte anche dagli amministratori di condominio, entrambi in questa fase oberati dal fioccare di richieste di avvio dei lavori di riqualificazione legati al Superbonus 110, e quindi lenti nello svolgere i compiti di loro pertinenza.
Perché i Comuni rappresentino una rischiosa strettoia è presto spiegato. Per accedere alla detrazione del 110% il tecnico incaricato dei lavori deve dimostrare che il fabbricato su cui si vuole intervenire corrisponde al progetto originario depositato. Ma se prima del Superbonus 110 il cosiddetto accesso agli atti avveniva nel giro di qualche settimana, adesso si sfiorano 6-8 mesi, e in ogni caso mai meno di 3-4. E questo a causa della mole di richieste, ma anche della scarsa digitalizzazione degli atti e della carenza di personale. L’inizio dei lavori slitta così inesorabilmente in avanti rispetto alla volontà del committente, con il rischio di non concluderli entro il 30 giugno del 2022, o del 31 dicembre se a giugno risulta ultimato almeno il 60% dei lavori.

A farne le spese al momento sono soprattutto i condomìni, considerando che a oggi contano solo 530 interventi in corso contro i 3.601 di ville e villette o i 2.381 delle abitazioni con accesso autonomo dall’esterno. «Il motivo è facilmente spiegabile», chiarisce Manuel Castoldi, a capo di Rete Irene, network di aziende specializzate nella riqualificazione dei condomini che opera da decenni su tutto il territorio nazionale. «Minori interventi condominiali non significa minore interesse. Tutt’altro. È solo l’iter burocratico a essere più lungo e complesso, al punto da non poter dare l’avvio ai lavori. L’attesa per ricevere i progetti originari degli immobili dai Comuni e soprattutto la verifica che lo stato attuale sia uguale a quello depositato è per forza di cose più complessa per un edificio plurifamiliare che per un’abitazione singola». Per i condomìni, infatti, la verifica riguarda solo le parti comuni dell’edifico se gli interventi sono solo trainanti, come il cappotto o l’impianto centralizzato. Se invece riguardano anche quelli trainati, come per esempio la sostituzione di infissi o caldaie dei singoli appartamenti, la situazione si complica. È necessario, infatti, che la corrispondenza tra il progetto depositato e lo stato di fatto sia verificato per ogni singola unità abitativa interessata. Per fare un esempio, se negli anni il proprietario dell’appartamento al terzo piano ha apportato dei cambiamenti, tipo ampliare una camera demolendo una parete e innalzandone un’altra, ma non ha aggiornare le piante in comune e al catasto, oggi per beneficiare del bonus 110% sui suoi interventi trainati ha solo due possibilità: aggiornare il progetto depositato in comune e al catasto, oppure ripristinare l’esistente se l’abuso non è considerato sanabile. Altrimenti dovrà rinunciare al Superbonus. «Certo, è giusto premiare chi non ha fatto abusi», continua Castoldi. «Peccato solo che i tempi di risposta ormai siano diventati insostenibili».

E non è ancora finita perché le lentezze, purtroppo, si riverberano anche sui prezzi, che rischiano di lievitare a causa della più semplice delle leggi di mercato: se la domanda sale, specie se di colpo, i prezzi aumentano. Affrettarsi a fare i lavori il prima possibile permette quindi di bloccare il prezzo delle forniture, importante anche a fronte di lavori che, grazie al Superbonus, sono di fatto gratis: bloccare i prezzi riduce infatti il rischio di sforare i massimali di spesa, evitando di dover pagare il surplus di tasca propria oppure di eseguire più lavori. Peraltro il rincaro dei materiali non appare così giustificato. «È solo speculazione», accusa infatti Giuseppe Rufo, direttore generale Dei Tipografia del Genio Civile, che edita i famosi prezzari cui i tecnici, come vuole la norma, fanno riferimento per quantificare le spese degli interventi. «Noi aggiorniamo i prezzari due volte l’anno e monitoriamo costantemente l’andamento dei prezzi di tutti i prodotti di costruzione venduti in Italia, dai cappotti agli infissi, dalle caldaie ai pannelli fotovoltaici. Si è effettivamente registrato un aumento dei costi della materia prima, ma è troppo presto perché possa incidere sul prezzo del prodotto finito. Senza un controllo sul regolare aumento dei prezzi dei prodotti finiti il Superbonus 110 porterà più vantaggio ai fornitori e meno ai consumatori finali, vanificando lo spirito della legge: rilanciare l’economia e valorizzare il patrimonio immobiliare esistente».

La buona notizia è che le soluzioni per uscirne non mancano, salvando tutte le potenzialità del Superbonus 110, che altrimenti non verrebbero sfruttate appieno. La prima, più semplice e immediata, è prorogare la misura fino al 2023. L’ipotesi è già allo studio del Governo e contenuta nella sintesi delle note tecniche analitiche del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), elaborata dai Servizi studi della Camera e del Senato. Diluirebbe i tempi diminuendo i sovraccarichi di lavoro, incidendo anche sui prezzi dei materiali. Meglio ancora se la misura venisse resa strutturale, come chiedono gli addetti ai lavori. In alternativa, o in abbinamento, si potrebbe semplificare l’iter ricorrendo ad esempio al silenzio-assenso da parte degli uffici tecnici dei Comuni allo scadere dei due mesi dalla presentazione della richiesta di accesso agli atti da parte dei tecnici incaricati dal committente. La verifica avverrebbe con il confronto fra l’esistente e la planimetria catastale, più veloce da ottenere, accelerando notevolmente le tempistiche».
In ballo del resto è il successo di una misura ben accolta da cittadini e imprese fornitrici, e che ha l’ambizione di efficientare il parco immobiliare residenziale italiano, rilanciando al contempo l’economia dei territori e al sistema bancario.
Nonostante le difficoltà accennate, i dati dei primi mesi di applicazione sono tutto sommato incoraggianti. «Sono 36.521, per un valore di quasi mezzo miliardo di euro, le richieste dei contribuenti accolte dal 15 ottobre, data di apertura della piattaforma per la cessione dei crediti e per lo sconto in fattura, a fine febbraio», spiega Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate. «Cifre importanti che attestano il grande interesse suscitato dal Superbonus, misura che cerchiamo di rendere sempre più accessibile ai cittadini attraverso una guida ad hoc sul sito dell’Agenzia delle Entrate, costantemente aggiornata, e risposte veloci alle migliaia di interpelli che ci arrivano. Per andare incontro ai professionisti che dovranno dare il visto di conformità, abbiamo invece inserito una check list dei documenti e delle dichiarazioni da acquisire per esercitare l’opzione per lo sconto o la cessione del credito».
Più in dettaglio, secondo gli ultimi dati Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, le regioni più operative sul Superbonus 110 sono il Veneto e la Lombardia rispettivamente con 853 e 833 interventi e un ammontare di detrazione per progetto pari a 79,9 milioni per il Veneto e di ben 101 milioni e rotti per la Lombardia. Ma appunto si può fare di più. I politici si stanno già muovendo. «Rendiamo l’iniziativa molto più semplice e poi introduciamo adeguati controlli ex post alla ricerca dei furbi», propone Alberto Gusmeroli (Lega). Gli fa eco Lucia Albano (Fratelli d’Italia): «Solo un terzo delle richieste giunte ai Comuni riesce ad accedere agli atti per le asseverazioni e, di queste solo pochissime vedono la luce. Bisogna dotare enti locali, Agenzia delle Entrate e gli stessi professionisti, di strumenti adeguati per rispondere all’enorme mole di richieste». Conclude Chiara Gribaudo (Pd): «Serve un Testo Unico per il riordino delle leggi che interessano le riqualificazioni edilizie, rendere strutturale lo sconto in fattura e la cessione del credito, e la possibilità di sanatorie al termine lavori». (riproduzione riservata)

Fonte: