Pratiche scorrette in banca: la denuncia del maggior sindacato di settore
di Lando Maria Sileoni – segretario generale della Fabi

Il contratto nazionale di lavoro introdusse, l’8 febbraio 2017, un accordo storico per il settore bancario sulle pressioni commerciali. Furono introdotti e regolamentati nel contratto collettivo due confronti aziendali e nazionali per le segnalazioni di dipendenti e di organizzazioni sindacali anche territoriali, che avrebbero potuto indicare tutte le anomalie rispetto non solo alla vendita di prodotti finanziari ma soprattutto ai metodi e ai sistemi che venivano loro imposti. I due livelli di confronto hanno lo scopo di accertare comportamenti anomali da parte dei rappresentanti delle banche che attraverso e-mail, telefonate e richiami verbali attuano forme di coercizione verso le lavoratrici e i lavoratori delle agenzie bancarie.

Fino all’8 febbraio 2017 le banche si erano sempre rifiutate di arrivare a un vero confronto su dati oggettivi, sui comportamenti di taluni loro dirigenti e sui danni causati alla stessa clientela oltre a tutti i danni anche di carattere psicologico subiti dalle lavoratrici e dai lavoratori. L’esasperazione degli obiettivi commerciali delle banche era arrivata al punto limite. Nel recente rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, sottoscritto il 19 dicembre 2019, l’accordo sulle pressioni commerciali del 2017 è stato puntualmente e integralmente confermato: questa è, in sintesi, la rappresentazione storica degli avvenimenti. In questi ultimi anni l’argomento delle pressioni commerciali verso le lavoratrici e i lavoratori bancari è diventato purtroppo attualità e oggetto di discussione e confronto anche fuori del settore bancario. Se ne sono occupati i partiti politici e le associazioni dei consumatori, l’associazione Vittime del salva-banche. Banca d’Italia e Consob inoltre hanno dimostrato con i fatti maggiori responsabilità e sensibilità sul tema. L’argomento nel suo complesso è stato attentamente delineato con l’intenzione di diminuire ed eliminare tutti quei comportamenti che dall’interno delle banche vengono impropriamente esercitati sui dipendenti. Nel contratto nazionale fu poi introdotta un’altra norma per tutelare al meglio le lavoratrici e i lavoratori del settore: «Il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi commerciali non determina di per sé una valutazione negativa» e «non costituisce inadempimento del dovere di collaborazione attiva e intensa».

Quando l’Abi del presidente Antonio Patuelli sottoscrisse con le organizzazioni sindacali nazionali un accordo di questa portata – che tutelava contemporaneamente i dipendenti di banca e la clientela – i principali gruppi bancari e i loro amministratori delegati dimostrarono nei fatti di aver cambiato passo rispetto a quel fosco passato di un settore che aveva tragicamente vissuto anche episodi di cronaca giudiziaria come le vicende delle due banche venete – Popolare di Vicenza e Veneto Banca – e di Banca Marche, Cassa di Risparmio di Chieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Etruria e Popolare di Bari. I mezzi di comunicazione e informazione misero attentamente sotto osservazione le politiche spregiudicate di alcune banche che obbligavano i loro dipendenti a vendere prodotti finanziari anche ad alto rischio. Ancora oggi sono in corso processi per inchieste della magistratura che faranno – è auspicabile – completamente luce sulle responsabilità. L’intento delle organizzazioni sindacali era ed è valutare le politiche commerciali delle banche e la qualità dei prodotti venduti alla clientela, ma anche evitare che le aziende sottoponessero a un asfissiante pressing i dipendenti per raggiungere risultati commerciali esasperati nei numeri e nei metodi.

Alcuni grandi gruppi bancari – per opera non degli amministratori delegati ma di alcuni responsabili delle relazioni sindacali che smaniano di mettersi in luce a danno della salute psicofisica dei lavoratori – stanno cercando in tutti i modi, anche in maniera subdola, di vanificare quanto concordato in sede nazionale nel febbraio 2017. Se io fossi il responsabile commerciale di un grande gruppo bancario incoraggerei e stimolerei qualsiasi iniziativa volta a fare chiarezza su un tema così delicato, che – ripeto – interessa i dipendenti di banca ma inevitabilmente tocca anche la clientela, intervenendo con fermezza verso quei dirigenti di banca che agiscono nei territori con metodi psicologicamente violenti e inammissibili. E se io fossi un amministratore delegato «illuminato» cercherei di far gestire le relazioni sindacali, nei gruppi bancari e nelle aziende, a professionisti veri che sappiano interpretare il ruolo con una visione e con comportamenti non anacronistici, affrontando tutte le situazioni per come effettivamente sono, smettendola di nascondere la polvere sotto al tappeto. Più chiarezza e trasparenza ci sono da parte delle banche, più tutto il settore se ne avvantaggia in termini di reputazione verso l’esterno e di credibilità verso l’interno.

L’aspetto più grave di un problema che sta nuovamente e più cruentemente emergendo, rispetto a qualche anno fa, è rappresentato dalle scorciatoie, dagli imbrogli e da talune spregiudicate azioni messe in piedi in qualche gruppo bancario per annullare le segnalazioni dei rappresentanti sindacali di base e degli stessi dipendenti. Valanghe di volantini, a firma di tutte le organizzazioni sindacali territoriali, vengono in alcuni casi cestinate e annullate con sorprendente faciloneria e pressapochismo tipiche di chi non è in grado di accettare un confronto su comportamenti e dati evidenti. Infatti in alcuni gruppi bancari sono stati creati con l’inganno stratagemmi che non permettono l’anonimato delle segnalazioni dei dipendenti col risultato che alla commissione nazionale in Abi – composta dai rappresentanti del sindacato e delle banche, che dovrebbe verificare le anomalie e poi intervenire – le segnalazioni arrivano col contagocce. In altri casi invece, quando azienda e sindacato hanno entrambe avuto interesse a far emergere il problema delle pressioni commerciali, hanno loro sollecitato congiuntamente in forma anonima ogni forma di segnalazione delle lavoratrici e dei lavoratori bancari. In questi casi è stato sufficiente attuare un confronto di gruppo per giungere a una positiva conclusione della vertenza.

In sintesi: i personaggi che trattano coi sindacati nazionali, concordando una norma per la tutela dei dipendenti e della clientela, sono poi in alcuni casi gli stessi che nei gruppi bancari in cui operano tentano di mettere in piedi sistemi e procedure per vanificarla. E questo dissennato metodo vale anche per altri argomenti che denunceremo. Questo aspetto deve essere portato a conoscenza degli amministratori delegati delle banche – piccole, medie e grandi – perché il loro lavoro rischia di essere vanificato e perché rischiano ancora di più i lavoratori delle banche e la clientela, costretti a subire effetti collaterali e danni inestimabili. Una banca ben gestita, con una forte vocazione di carattere sociale, apprezzata per la sua generosità anche rispetto all’emergenza Covid e pronta a garantire anche un fondamentale sostegno a famiglie e imprese, non può osservare senza intervenire, non può osservare che qualcuno le rovini immagine e reputazione. La Fabi agirà a ogni livello con Consob, Banca d’Italia, Bce, governo e partiti politici per far rispettare il contratto nazionale, augurandosi comunque un pronto e risolutivo intervento degli stessi amministratori delegati. (riproduzione riservata)

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