L’aut aut di Fineco ai clienti con troppa liquidità sui c/c potrebbe presto essere replicato da PopBari. Alla base c’è l’onerosità dei tassi negativi e il bisogno di indirizzare risorse nelle gestioni
di Nicola Carosielli
Siamo davvero prossimi a vedere una quantità di conti correnti molto liquidi finire senza dimora? La domanda sembra aver preso piede tra vari operatori dopo la stretta operata da FinecoBank, riportata da MF-Milano Finanza il 19 marzo. L’istituto guidato dall’amministratore delegato e direttore generale Alessandro Foti ha infatti avvisato i propri clienti che, a partire dal prossimo 18 maggio, si avvarrà del diritto di rescindere il rapporto di conto corrente qualora al momento del recesso e nei tre mesi precedenti si verifichino tre condizioni: presenza sul conto di un importo uguale o superiore a 100 mila euro, assenza di qualsiasi forma di finanziamento e assenza di investimento in prodotti di risparmio gestito o amministrato.
Alla base di tale stretta vi è certamente l’eccessivo costo derivante dai bassi tassi di interesse interbancari come l’Euribor. Ma c’è dell’altro, perché pare che all’interno della banca la decisione venga vista anche come un modo per ridurre la pressione sul leverage ratio, tenuto d’occhio alla luce dell’alto tasso di crescita, con il tentativo di spostare la liquidità in business off-balance sheet, fuori dal conto economico. E se una tale scelta va certamente analizzata alla luce del singolo business model, tuttavia è interessante notare come quella di Fineco non sembri essere un unicum nel panorama italiano. Tanto che, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, anche Banca Popolare di Bari sarebbe in proncinto di inviare ai propri correntisti la stessa informativa. Ma, come spiega l’avvocato Alessandro Engst, partner Dentons a capo dell’area financial services, «la stretta su conti correnti troppo liquidi potrebbe aver senso, alla luce di una condizione di tassi come quella attuale, per una banca che ha un business model specifico, ma non credo sia necessariamente un evento che si potrà allargare in maniera generalizzata. Ritengo sia poco probabile che le grandi banche con un approccio più tradizionale adottino la stessa strategia».
Crédit Agricole Italia, per esempio, fa sapere di non aver attivato iniziative analoghe a quella di Fineco, mentre dal Credem sottolineano che «riguardo la gestione della liquidità, riteniamo che uno dei punti fondamentali sia quello di guidare la clientela con una consulenza proattiva, che partendo dalla comprensione dei reali bisogni di liquidità conduca, situazione per situazione, a soluzioni di risparmio adeguate in termini di asset allocation e di orizzonte temporale, per gestire in modo più efficiente quella in eccesso». In Deutsche Bank, si punta «a rendere i clienti consapevoli del rapporto costi/benefici nel tenere i propri risparmi fermi sui conti correnti, perdendo delle interessanti opportunità di investimento in equity». Una delle strade battute dal gruppo è la campagna Investi con Noi, «con la quale incentiviamo i clienti affluent/high-net a utilizzare i nostri servizi di investimento legati alla consulenza avanzata». Anche Banco Bpm, spiegano dall’istituto, «sta assistendo a una crescita significativa della liquidità presente sui conti correnti in considerazione del particolare momento e della conseguente minore propensione alla spesa delle famiglie anche in relazione alla preoccupazione per il futuro». La banca «è particolarmente attenta nel proporre ai clienti soluzioni di investimento e accumulo, in particolare di risparmio gestito, che possano rappresentare una gestione efficace ed oculata della liquidità in eccesso presente sui conti correnti».
In tutto questo emerge dunque una certezza: la necessità di canalizzare la liquidità parcheggiata, che ora ha raggiunto il livello record di 1.700 miliardi. Senza, al contempo, incorrere nel rischio di veder fuggire via dall’Italia tali capitali. Negli anni sono state varie le iniziative intraprese dalle banche per disincentivare l’immobilismo finanziario. Una su tutte, l’aumento generalizzato dei canoni annui di cui fu apripista Intesa Sanpaolo nel 2017. Una scelta che però è stata affiancata da un solido impianto strategico sul risparmio gestito tramite le controllate Eurizon e Fideuram, da tempo impegnate con una nutrita offerta di prodotti sempre innovativi.
Il tutto mentre sembra ritornare a gran voce la possibilità di applicare anche in Italia i tassi negativi sui conti correnti, richiamando quell’annuncio di fine 2019 (mai applicato) dell’ex ceo Unicredit, Jean Pierre Mustier, di applicare tassi negativi a conti sopra il milione di euro. Una mossa però rischiosa, come sanno bene le banche tedesche, i cui clienti hanno ritirato denaro trasferendolo in Italia. (riproduzione riservata)

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