di Stefano Casertano
I tassi negativi generano mostri: così si può riassumere il fallimento di Greensill Bank, istituto attivo in Germania e noto per garantire rendite sui depositi liquidi. Non era granché: è bastato uno 0,9% l’anno per attrarre i risparmiatori. Il buco è di 3,6 miliardi di euro, che è grande, ma non enorme. almeno in paragone ad altri e recenti avvenimenti tedeschi. Gioverà all’autostima straniera ricordare che lo scandalo Wirecard, nella sua rozzezza di fatture false in stile anni 60, ha fatto sparire almeno 12,5 miliardi. Ma c’è di peggio per i cugini teutonici: la Germania sarebbe stata scelta appositamente da Greensill perché c’è molto risparmio e soprattutto gli organismi di vigilanza adottano una politica precisa di laissez-faire. Trattasi però più di lassismo, che di libera finanza, almeno secondo quanto commentato dal Sueddeutsche Zeitung alla notizia del fallimento. La banca esiste dal 1927 e fino al 2014 si chiamava un po’ banalmente NordFinanz Bank. Nel 2014 è stata rilevata dal finanziere australiano Lex Greensill, il quale ha intitolato l’istituto alla sua persona. Il signor Lex ha acquisito le quote tramite una società londinese e nel 2014 ha avviato le attività.

Ci sono aziende che hanno bisogno di credito per finanziare l’acquisto di beni o servizi sul mercato internazionale. Greensill si occupava di mettere a disposizione il cash, e poi le fatture venivano convertite in titoli negoziabili. Detti titoli venivano poi rivenduti ai fondi. Si tratterebbe quindi di uno schema tra i più a rischio nel caso in cui dovesse esplodere una pandemia globale. Ma non si è trattato solo di sfortuna: a quanto pare, Greensill non ha disdegnato di far ricorso al buon vecchio sistema della Catena di Sant’Antonio: i nuovi depositi andavano a finanziare i ritorni di quelli esistenti. Si tratta però ancora solo di supposizioni, per quanto vi sia una certezza granitica: Bafin, la Consob tedesca, era persa in un sonno contabile di rara profondità. Perché poi la sfortuna finanziaria va oltre. In un ipercubo di eventi avversi, tra i maggiori investitori in Greensill era presente anche Hypo Real Estate per 75 milioni. Il nome era già noto ai registri fallimentari perché nel 2009 aveva rischiato la bancarotta, se non fosse stato per una statalizzazione che ha fatto storcere il naso ai più. Con questa strana decisione d’investimento in Greensill, i nasi potrebbero essersi fratturati: è tutto il sistema statale-finanziario che necessita di più di una riforma. Non si tratta in realtà di un problema solamente tedesco. La scintilla che ha fatto scoppiare lo scandalo è stata extra-germanica: Greensill di Londra aveva perso la copertura assicurativa sulle operazioni di rifinanziamento commerciale; ma è chiaro che BaFin doveva prestare attenzione su questo enorme fattore di rischio, in grado di far crollare tutto il castello di carte finanziarie. Lo scandalo va ancora oltre. A quanto risulta, Greensill era popolarissima tra le piccole città, e ne sono state coinvolte una cinquantina. Thüringen aveva investito 50 milioni, Wiesbaden altri 20, Colonia 15, fino a cittadine piccolissime come Pöcking e Vaterstetten con 5 milioni a testa. Il distretto di Erzgebirgkreis (come una nostra provincia) ha investito la medesima cifra il 14 febbraio, ma nonostante tanti romantici auspici la relazione si è interrotta subito. «Le valutazioni della banca erano in ordine e sembrava un’operazione senza rischio», ha comunicato il consiglio provinciale. Le condizioni offerte alla provincia sarebbero state ridicole in altri tempi: un ritorno dello 0,15% in otto mesi. È poco, ma è comunque meglio rispetto al lasciare i soldi dormienti su un conto a tasso negativo. Per questo, si diceva, i tassi negativi generano mostri. Il problema per Erzgebirgkreis e compagne è che l’assicurazione bancaria copre solo le persone fisiche e non i soggetti giuridici e istituzionali. Hypo Real Estate garantisce che i suoi soldi verranno restituiti, perché dal 2015 non è più un istituto di credito, ma un gestore di patrimoni. Pronta è arrivata la replica dell’associazione bancaria tedesca, che ha risposto picche. Hypo Real Estate è una banca e non è coperta dall’assicurazione sui depositi. Per i comuni mortali, si tratta di 100 mila euro a testa.

Greensill non è un problema di sistema, ma un’infelice operazione finanziaria che si è sviluppata in un contesto di vigilanza non all’altezza della nuova economia. Certo è che se la Germania aspira a diventare la potenza europea del Nuovo Secolo non può permettersi simili situazioni. Tra Wirecard e Greensill stanno emergendo fin troppi motivi di conflitti d’interesse e commistioni tra pubblico e privato, inammissibili in un paese all’avanguardia. Di positivo c’è che la Germania, da qui, può solo migliorare. (riproduzione riservata)

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