di Andrea Pira
Anche l’Antitrust italiana prova a giocare d’anticipo rispetto all’Unione europea per stringere sulle Big Tech. Ispirandosi alla Germania, come riferito da MF-Milano Finanza lo scorso 2 febbraio, il Garante suggerisce al governo di introdurre una specifica disposizione per poter attribuire a Google e agli altri, la qualifica di «impresa di primaria importanza per la concorrenza in più mercati» così da poter vietare prassi anti-competitive. Inoltre il tutore per la concorrenza chiede di estendere alle piattaforme la cosiddetta presunzione di dipendenza economica, ossia quella situazione in cui una impresa può determinare nei rapporti commerciali con un’altra impresa un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi e che ora si applica in particolare alla grande distribuzione. La proposta è contenuta nella segnalazione dell’autorità presieduta da Roberto Rustichelli inviata a Palazzo Chigi in vista della definizione del disegno di legge sulla Concorrenza, in teoria annuale, ma finora approvato soltanto una volta, nel 2017. Il provvedimento, che potrebbe vedere la luce a maggio, è una delle priorità indicate dal premier Mario Draghi nel discorso alla Camere per chiedere la fiducia. I rapporti con i colossi del digitale come Facebook, Google e Amazon sono soltanto uno degli spunti sollevati nelle oltre cento pagine del parere. Sul progetto di rete unica, che dovrà coinvolgere Tim e Open Fiber, anche se non citato in modo esplicito, l’indicazione è quella di promuovere quanto più possibile la concorrenza infrastrutturale nelle rete, quasi l’opposto rispetto all’integrazione. In parallelo c’è la richiesta di rimuovere gli ostacoli alla posa della fibra, anche con incentivi per le aree grigie e con l’introduzione di poteri sostituivi.

Il nodo infrastrutture si lega all’attuazione del Recovery Plan e quindi alla proposta di sospendere nel breve periodo il codice dei contratti pubblici e di mettere in piedi una task force per vigilare sulle grandi opere finanziate con le risorse europee.

Corposo il capitolo energia, a partire dalla definizione dei passaggi intermedi per la piena liberalizzazione, in vista della prosecuzione fino a tutto il 2022 del regime di maggior tutela per i clienti domestici e le microimprese. Spazio anche all’accelerazione della gare per la distribuzione del gas e a misure per favorire la creazione di una rete di ricariche per le auto elettriche e per favorire la sostituzione dei contatori con apparecchi 2G.

«Fenomeni di congestione della rete possono determinare un elevato potere di mercato di alcune unità produttive e un costo per gli utenti stimato in 1,3 miliardi di euro all’anno», scrive ancora l’autorità.

Inevitabile, considerati i ripetuti richiami in materia, toccare l’argomento concessioni. In tal senso l’Antitrust auspica il superamento degli interventi che hanno prorogando la durata delle relative concessioni. Dito puntato sulle spiagge, mentre per le autostrade c’è la volontà di innalzare all’80% la quota di lavori, servizi e forniture da esternalizzare.
Altri passaggi della segnalazione riguardano un più ampio ricorso al voto plurimo nelle società per azioni, la piena portabilità dei fondi pensione, il rafforzamento dei poteri di indagine dell’autorità stessa al di fuori dei procedimenti istruttori.

Nell’ottica di circoscrivere il ricorso agli affidamenti in-house l’Antitrust sottolinea anche la necessità di razionalizzare le partecipazioni pubbliche e di evitare il loro uso distorto come «ammortizzatori sociali impropri». In epoca di pandemia una serie di suggerimenti sono rivolti all’ambito sanitario. Tra queste misure per una maggior apertura all’accesso delle strutture private alle attività non convenzionate. Mentre sui farmaci punta a rimuovere i vincoli esistenti per la registrazione degli equivalenti prima della scadenza del brevetto. (riproduzione riservata)

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