di Anna Messia
Non ci stanno le compagnie di assicurazioni a vedere il rischio del loro business aggravarsi tout court per colpa della pandemia. O meglio, vogliono evitare che certi paletti predefiniti si possano tradurre in un’automatica richiesta di capitale da parte delle autorità di vigilanza. La questione è quella dell’Orsa, acronimo di Own Risk Solvency Assessment. Una valutazione delle imprese assicurative che, a differenza dell’indice di solvibilità, Solvency II, che guarda al passato e al presente, punta a valutare più in particolare i rischi futuri delle assicurazioni, oltre che a considerare con più precisione la situazione della singola compagnia. Un valore decisamente importante, che i regolatori prendono in considerazione nella loro attività di vigilanza.

Già in passato l’Ivass italiana aveva chiesto alle assicurazioni italiane di essere più puntuali nella definizione di questa sorta di stress test che, valutando i rischi della singola impresa, serve a cascata a calibrare meglio i piani industriali e ovviamente a valutare la distribuzione dei dividendi. Un valore quanto mai rilevante in questo periodo, nel nuovo contesto generato dalla pandemia. Basti pensare che a fine 2019, quando il mondo era alla vigilia della pandemia, le assicurazioni italiane avevano chiuso l’anno con il record storico di 9 miliardi di profitti e Solvency II altrettanto elevati. Valori che continuano a essere alti anche oggi, ma è evidente che i rischi per il settore siano aumentati, non solo per i sinistri legati alla pandemia (in Italia decisamente limitati rispetto ad altri Paesi) ma soprattutto per le prospettive economiche e dei mercati.

Per questo le autorità europee hanno chiesto alle imprese di essere prudenti nella distribuzione delle cedole e, a fine 2020, l’Eiopa ha chiesto anche un Orsa su misura per il covid, limitando in parte il principio che lascia autonomia alle compagnia per fissare i parametri da cui poi vengono valutati i singoli rischi. «Eiopa ritiene che la situazione attuale richieda un Orsa ad hoc, straordinaria, nei casi in cui la pandemia abbia un impatto significativo sul profilo di rischio dell’impresa, in particolare nei casi in cui l’esecuzione dell’Orsa regolare non ha consentito all’impresa di valutare e tenere conto dell’impatto della pandemia», hanno scritto dall’autorità europea presieduta da Gabriel Bernardino (incarico che lascerà a fine mese), annunciando che la pubblica consultazione si sarebbe chiusa il 15 marzo. Ieri, puntuale, è arrivata la risposta delle assicurazioni, che nei fatti rifiutano la nuova stretta. «L’industria concorda sul fatto che il Covid19 abbia avuto effetti gravi sulle economie e gli assicuratori dovrebbero valutare le loro posizioni di solvibilità alla luce della pandemia. Che tuttavia non è di per sé un nuovo rischio», hanno dichiarato da Insurance Europe, l’Ania europea aggiungendo che «piuttosto la pandemia colpisce i vari rischi a cui gli assicuratori sono già esposti, come quello azionario per esempio» e ricordando che le regole dell’Orsa lasciano autonomia alle imprese su contenuti e metodi utilizzati, mentre allo stesso tempo standardizzare le regole non consentirebbe più alle imprese di far emergere i singoli rischi. Ma soprattutto «il riferimento a coefficienti di solvibilità sottopressione o che scendono al di sotto dei limiti, lascia immaginare un’azione di vigilanza al raggiungimento di determinati parametri che non hanno alcun fondamento nella regolamentazione», puntualizzano le compagnie europee. Come dire che non si possono immaginare automatismi tra un aumento dei rischi e la richiesta di capitale visto che c’è già il Solvency II. (riproduzione riservata)

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