di Andrea Pira
Il mondo delle costruzioni chiede al governo chiarezza immediata sulla durata del bonus 110% che deve essere estesa almeno al 2023. Si tratta infatti di una corsa contro il tempo, mentre la messa a terra dello strumento va a rilento. Il superbonus è infatti valido per lavori di efficientamento energetico, miglioramento sismico e per l’acquisto di immobili antisismici fino al 30 giugno 2022 e, nel caso siano stati conclusi almeno il 60% dei lavori, la scadenza può arrivare alla fine del prossimo anno. «Più andiamo avanti più c’è il rischio che le opere iniziate non vengano concluse nell’arco temporale», spiega a MF-Milano Finanza Gabriele Buia, presidente dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili. Prorogarlo, aggiunge, vuol dire tuttavia non modificarne l’impianto. «Togliere o aggiungere qualcosa potrebbe aprire una nuova bolgia interpretativa», sottolinea il presidente dei costruttori, nel ribadire uno dei nodi che finora hanno ostacolato lo strumento. «Purtroppo come spesso succede in Italia la burocrazia ha colpito questo provvedimento, allungando i tempi di risposta», spiega ancora. Il primo grande stop è stata la conferma della verifica di conformità edilizia. «Le pubbliche amministrazioni stanno ritardando l’autorizzazione dei vecchi permessi a costruire. Parliamo di due tre mesi di ritardo soltanto per gli appuntamenti per la verifica dei documenti». C’è poi tutto l’iter progettuale e di verifica, le interlocuzioni con il condominio e con i condomini, i documenti da presentare alle piattaforme individuate dalla banche e dalle società di consulenza incaricate di tutto quello che occorre per verificare la cedibilità del credito. «Un’impresa titanica», chiosa Buia. Considerazioni condivise in modo bi-partisan dal leghista Alberto Gusmeroli, da Lucia Albano di Fratelli d’Italia, da Claudia Porchietto di Forza Italia e da Chiara Gribaudo del Pd nel corso di un seminario della Cassa dei ragionieri commercialisti e degli esperti contabili che paventato il flop senza semplificazioni. «Nonostante il provvedimento sia attuabile già dalla metà dello scorso anno, a oggi sono partiti ancora troppo pochi lavori rispetto alle potenzialità dello strumento», aggiunge Buia Il rischio è quindi che si vada a creare una sorta di ingorgo. «Gli ultimi dati sulle domande presentate indicano al momento che si tratta di piccoli interventi e per cifre piccole. I lavori più grossi devono ancora partire o stanno partendo soltanto ora, ma ci vogliono mesi se non anni affinché vengano realizzati». Da qui la necessità di chiarezza sulla proroga oltre il 2022, già chiesta dai parlamentari con un ordine del giorno e da ultimo dalle commissioni Finanze di Camera e Senato nel parere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il timore è che si creino colli di bottiglia. «Il rischio è di non riuscire a reperire in tempo utile i materiali necessari, anche a causa di un sostanzioso caro prezzi che sta creando grandi difficoltà alle imprese sia che operano nel pubblico che nel privato». Negli ultimi quattro mesi, infatti, il ferro tondo d’acciaio per il cemento armato è schizzato del 126%. Il polietilene del 43,7%, il rame del 17,1%, il petrolio del 34% , il bitume a dicembre era aumentato del 3,8% sul mese precedente. «Si tratta di materiali indispensabili per l’edilizia che quindi sono utilizzati anche nell’ambito degli interventi per il bonus 110%. Con i prezziari attuali e senza un immediato meccanismo di revisione c’è il rischio che i cantieri si blocchino», sottolinea Buia che ha scritto al governo chiedendo un intervento immediato su questo punto. (riproduzione riservata)

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