Tra i gioielli che il governo vuole difendere ampliando il golden power ci sono le Generali. Che sono alle prese con la nuova governance e hanno spostato l’assemblea a Torino a causa dell’epidemia

di Anna Messia
Questo sarà un anno che rimarrà negli annali della storia delle Generali. Per la terza volta da quando la compagnia triestina è nata, nel 1831, l’assembla della società non si terrà come di consueto a Trieste. Era successo solo in periodo di guerra: nel 1947, quando la lotta tra Italia e l’ex Jugoslavia per il dominio sui territori della Venezia Giulia, spinse i dirigenti della compagnia a spostare prudentemente altrove la riunione, tenutasi poi tra Milano e Venezia. Poi ancora nel ‘48 con la scelta di restare sempre a Venezia. Questa volta è stato il coronavirus a causare lo spostamento: il prossimo 30 aprile, l’assemblea si terrà a Torino, dove risiede il presidente Gabriele Galateri di Genola, a porte chiuse, come richiedono le norme per l’emergenza sanitaria.

Un evento eccezionale, come sono eccezionali i fatti che stanno avvenendo in questo periodo in Italia e nel mondo e che non risparmiano di certo le Generali di Trieste. Anzi. La compagnia, come altri gioielli nazionali nei giorni scorsi sarebbero state al centro di movimenti di borsa anomali, al punto che il governo, come anticipato da MF-Milano Finanza, sarebbe pronto ad alzare uno scudo protettivo, estendendo la golden power al comparto bancario e a quello assicurativo, rispondendo così alle segnalazioni arrivate dal Copasir, il comitato parlamentare che esercita il controllo sui servizi segreti, che già in passato e poi di nuovo qualche settimana fa, aveva lanciato l’allarme per la difesa dei campioni nazionali. I cantieri, come annunciato dal premier Giuseppe Conte, sono aperti e la riserva potrebbe essere sciolta con il Cura-Bis di aprile con tante domande ancora aperte. Sarà creato un fondo ad hoc oppure come braccio del governo verrà utilizzata Cassa Depositi e Prestiti che già ha in pancia alcune delle principali partecipazioni pubbliche, da Eni a Terna e Snam oltre che Poste Italiane? Se così fosse sarebbe anche in questo caso un ritorno al passato visto che Cdp, tramite il Fondo Strategico, nel 2012 aveva ricevuto in dote una quota del Leone del 4,5%, ereditata da Banca d’Italia., che è poi stato collocata nel giro di un biennio. Intanto in soccorso è arrivata anche Consob che, non solo ha vietato le vendite allo scoperto, ma ha anche fissato all’1% la soglia di comunicazione delle partecipazione, alzando il velo su eventuali raider. La guardia, insomma, resta alta nonostante il group ceo, Philippe Donnet, il 13 marzo scorso, presentando i conti del 2019 (chiusi con un risultato operativo record di 5,2 miliardi) abbia anzi ribadito che le Generali, forti di una cassa di 3 miliardi, se si presentasse l’occasione giusta sarebbero pronte all’azione, con operazioni di fusioni e acquisizioni, anche in questa fase di incertezza.
La prossima assemblea di Torino sancirà anche un altro fatto storico per la compagnia assicurativa perché verrà portato ai voti il cambio dello statuto, prevedendo importanti novità nella governance di Generali: il consiglio di amministrazione potrà di nuovo proporre una propria lista (anche in questo caso con un ritorno al passato, visto fino al 2005, quando venne introdotta la lista di minoranza, era già possibile presentare una lista del consiglio, anche se quella clausola non venne mai utilizzata); i componenti nel cda passeranno da un numero minimo di 13 a un 17 membri (rispetto all’attuale intervallo di 10-21), è previsto l’incremento del numero minimo di consiglieri indipendenti alla metà dei componenti in carica e, soprattutto, gli amministratori di minoranza potranno essere nominati da due liste, classificate dopo la prima, che abbiano ricevuto almeno il 5% del capitale.
All’ultima assemblea di Trieste di aprile dello scorso anno, Francesco Gaetano Caltagirone (azionista con il 5%), pur affermando di essere pienamente soddisfatto dell’andamento e del piano industriale della compagnia guidata da Donnet era andato in affondo sulla lista presentata da Mediobanca, primo azionista con una quota pari oggi al 13,3%. Nonostante, insieme a Leonardo del Vecchio (che controlla il 4,86%) Caltagirone avesse appoggiato la lista della banca, alle domande dei giornalisti aveva detto piccato che il consiglio di amministrazione proposto, benché avesse ben operato, era però l’espressione delle Generali di tre anni prima mentre nel frattempo c’era un nuovo azionista che non era stato rappresentato. Il riferimento era a Edizione Holding dei Benetton che nel frattempo era salita al 4% dell’azionariato e che alla fine aveva scelto a sorpresa di appoggiare la lista presentata da Assogestioni. Con il nuovo assetto che sarà votato il 30 aprile e che varrà a partire dal 2021, quando il consiglio arriverà a scadenza, ci sarà quindi spazio per due liste di minoranza ma ovviamente bisognerà verificare anche i nuovi equilibri azionari, visto che le manovre sulla società sono continue. Solo lo scorso 20 marzo Caltagirone, approfittando proprio della volatilità dei mercati, ha arrotondato ancora la sua quota, salendo al 5,12%. (riproduzione riservata)

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