Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali


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Malgrado la capacità delle imprese italiane di rialzarsi, le conseguenze dell’epidemia da coronavirus dureranno più a lungo. Perché le economie si riprenderanno più velocemente se i loro fondamenti erano già sani. E per l’Italia il quadro era già poco roseo, con una contrazione del pil, nel quarto trimestre 2019, dello 0,3%. La previsione arriva da Atradius, che così commenta, a ItaliaOggi Sette, lo scenario delineato nel «Rapporto 2020 sulle insolvenze» diffuso dalla società, tra i big mondiali dell’assicurazione del credito, cauzioni e recupero crediti. In sintesi cosa ci attende? Un’accelerazione delle insolvenze aziendali nel 2020 per effetto dell’epidemia di coronavirus a livello mondiale (già stimate in crescita del 2,4% rispetto all’1,4% registrato nel 2019). Ma la crescita più alta di fallimenti (già stimata nell’ordine di un +4,2%), la sconterebbe l’Asia-Pacifico soprattutto per la flessione della domanda cinese.
Un calo del fatturato di 650 miliardi di euro e un fabbisogno finanziario di 45 miliardi nel 2020. Due numeri emblematici delle ripercussioni del coronavirus sul sistema produttivo italiano. «Questa pandemia senza precedenti richiede un livello di attenzione simile a quello del Piano Marshall, e una visione simile a quella del New Deal, ma su scala globale», ha avvertito il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria. «Sebbene le severe misure in corso di attuazione siano essenziali per contenere il virus, la situazione sta spingendo le economie in uno stato di congelamento profondo senza precedenti, dal quale la ripresa non sarà diretta o automatica». Bene dunque il taglio dei tassi, l’iniezione di miliardi di euro nel sistema messo in atto dai governi. E bene anche l’aumento del debito pubblico così come richiesto dall’ex governatore della Bce, Mario Draghi, dalle pagine del Financial Times. Al di là degli interventi macroeconomici, esiste tuttavia un mondo fatto di imprese, piccole o grandi che siano, alle prese con gli spettri di una crisi prolungata. Se i più ottimisti, replicando la timeline di Wuhan, ipotizzano una ripresa entro l’estate, c’è chi si muove in maniera prudenziale spostando all’autunno la ripartenza delle attività.
«Tutti fermi» è facile a dirsi, ma i pagamenti ai fornitori, le rate dei mutui, la liquidità per gli stipendi… E quindi? Come fare? Ecco alcuni suggerimenti e i diversi passaggi per le imprese per accedere agli aiuti previsti a seguito della pandemia da coronavirus: Per bloccare i rimborsi alle banche fino al 30 settembre 2020, come previsto nel cosiddetto dl Cura Italia», occorre che, all’interno della richiesta, sia chiaramente scritto che la base della stessa è il dl n. 18 del 17 marzo 2020. Molte banche stanno utilizzano modelli vecchi: non vanno bene, poiché non fanno riferimento al dl e quindi non creano il periodo di cosiddetta «franchigia». Questa operazione consente di spostare mutui, leasing e finanziamenti al 30 settembre 2020.

 

  • Consumi a picco Perdita stimata di 52 mld
Crollano i consumi in Italia. Con il protrarsi delle chiusure delle attività produttive e di quelle del terziario si fa sempre più realistica l’ipotesi della riapertura del Paese solo all’inizio di ottobre, con una riduzione dei consumi stimata in oltre 52 miliardi di euro. L’allarme è stato lanciato da Confcommercio secondo cui i settori più colpiti dalla crisi saranno gli alberghi e la ristorazione (-23,4 miliardi di euro persi nel 2020), i trasporti e l’acquisto autoveicoli (-16,5 miliardi), e la cultura e il tempo libero (-8,2 miliardi), seguiti dall’abbigliamento (-6,6 miliardi). «Tutte le misure annunciate dalla Banca centrale europea per evitare che la crisi migri dal settore reale a quello finanziario, così come i diversi interventi progettati a livello internazionale per assicurare un movimento ordinato del rendimento dei titoli sovrani dei diversi Paesi, non potranno evitare la recessione, ma ne mitigheranno l’impatto favorendo le condizioni di ripresa una volta superata l’emergenza sanitaria», hanno avvertito gli esperti di Confcommercio.

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Secondo uno studio del gruppo Euler Hermes le italiane sarebbero 3.200: per il coronavirus le piccole e medie imprese del Vecchio continente hanno già perso 500 miliardi di fatturato
Lo scenario è da brivido: 13mila piccole e medie imprese in Europa rischiano il fallimento. Di queste. 3.200 in Italia (è il 5% del totale delle Pmi nostrane), e 5.000 in Francia.
Sul listino in questi giorni le compagnie hanno perso lo storico status di titoli difensivi. Eppure la solidità del business non sembra in dubbio. Per chi li considera titoli difensivi, basta dare un’occhiata al listino per ritrovarsi in un incubo: nell’ultimo mese Generali ha perso circa il 28%, Unipol quasi il 35%, Cattolica il 33%, Poste – che assicurazione in senso stretto non è, ma è ai vertici della classifica per raccolta premi nel ramo vita – ha lasciato sul terreno grosso modo un quarto del suo valore. Unica eccezione, UnipolSai scesa solo del 1O% anche grazie ad un sorprendente recupero (dl quasi il 30%) rispetto al minimi del 12 marzo scorso.
Maria Municchi, (M&G Lux Sustainable Allocation): “Bene anche i consumi responsabili, la gente capisce che questa è area di vulnerabilità”. AgilentTechnologies, azienda che opera nel settore delle Life science, diagnostica e chimica applicata; Brambles, società australiana di servizi logistici per la supply chain; UnitedHealth group, attivo nella fornitura di assicurazione sanitaria a prezzi accessibili. Sono alcuni dei titoli globali tra quelli che gravitano nell’universo Esg che hanno meglio performato in queste settimane di turbolenza dei mercati per l’emergenza coronavirus.

Golden Power, Io scudo si allarga. Tra i nuovi settori che il governo potrebbe coprire, banche e assicurazioni, prima di tutto, ma anche aziende quotate e non quotate ma ritenute strategiche, a partire dal settore biomedico e farmaceutico. Nell’elenco, poi, potrebbero rientrare pure le infrastrutture critiche, per l’acqua, la salute, i media, il trattamento del dati personali. E l’approvvigionamento delle materie prime.
Rimasto escluso dai provvedimenti del «Cura Italia», il mondo delle professioni reclama attenzioni e misure adeguate a fronteggiare una crisi senza precedenti. Se si considera tutto il mondo del lavoro autonomo, siamo in presenza di più di tre milioni di persone che producono oltre il 10% del Pil italiano.
Il mondo del lavoro autonomo è rientrato in un piano di aiuti considerato però ancora insufficiente e inadeguato. Il mondo delle cosidette professioni ordinistiche finora è invece rimasto fuori dalle misure di aiuti di Stato. Sono le casse di previdenza privata a chiedere il via libera per adottare misure che possano fronteggiare gli effetti economici dell’emergenza sanitaria.
  • Il bazooka serve alle imprese. Almeno 500 miliardi e presto
Marco Mazzuchelli spiega perché serve l’intervento diretto dello Stato e delle sue articolazioni. Le banche? Serviranno nel “dopoguerra”. Per artigiani e partite Iva fondi diretti. Alle pmi serve una rete di protezione
  • I ventilatori dell’Agricole
Mai come in questa crisi sanitaria si è capito che la rapidità di intervento è importante, fondamentale. Mentre la burocrazia è frequentemente un ostacolo all’agire. Due considerazioni che hanno moltiplicato i loro effetti nel momento dell’emergenza, del pronto soccorso. Così, per aggirare lentezze e complicazioni il Crédit Agricole, che in Italia è guidato da Giampiero Maioli, assieme alle Fondazioni nate dalle banche italiane poi confluite nel grande gruppo francese, hanno cercato una strada diversa. Mancavano ventilatori polmonari? Anziché provvedere con una donazione, peraltro superiore agli 800 mila euro, il Crédit Agricole si è messo sul mercato, ha individuato tre produttori italiani e ha comperato direttamente da loro 60 ventilatori che sono stati poi immediatamente donati alle strutture ospedaliere di Lodi, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Empoli, Rimini, La Spezia. Un intervento rapido e diretto, come si deve fare in qualsiasi emergenza, reso possibile anche dalla disponibilità dei tre produttori contattati: Logisan, del gruppo Nardi Schultze, con sede a Tavernelle (Firenze); Siem srl di Piacenza e Siare engineering international fondata a Valsamoggia (Bologna) nel 1974 da Giuseppe Preziosa.
  • Agrusti esce dal Gruppo Itas
Raffaele Agrusti ha lasciato Itas martedì scorso, al termine del consiglio di amministrazione che ha approvato il bilancio 2019 (risultato in perdita per 9,9 milioni di euro). Dopo tre anni alla guida della compagnia trentina l’amministratore delegato ha lasciato Itas Mutua e la controllata Itas Vita. Agrusti, un passato alle Generali, è stato sostituito da Alessandro Molinari. Alberto Rossi è il nuovo direttore generale di Itas Vita.
  • Polizze Massima stabilità, occhio ai costi
In questa fase di mercato, le polizze vita I rivalutabili possono assumere le caratteristiche di un bene rifugio. Questi contratti assicurativi sono agganciati a una gestione separata — così definita perché il patrimonio dei fondi nel quali confluiscono i premi dei sottoscrittori è separato da quello della compagnia, e non risente della volatilità per effetto di un meccanismo contabile: in base alle norme vigenti gli strumenti finanziari in pancia alla gestione —prevalentemente titoli di Stato italiani o emissioni societarie — sono valorizzati al prezzo d’acquisto, fino a quando non vengono venduti. In questo modo, le polizze vita di ramo I non risentono delle oscillazioni dei prezzi. Il risultato è una forte stabilità dei rendimenti.

  • La galassia dei lavori autonomi cerca aiuti per il reddito perso
Circolari, Faq, decreti, istanze online. E siamo a fine marzo. Mentre ancora si lavora per mettere a punto i meccanismi di aiuto del Dl “cura Italia”, già si pensa al “decreto Aprile”. Con una prima certezza, emersa in questi giorni di lockdown: il mondo del lavoro autonomo è estremamente esposto all’impatto economico della serrata e – al tempo stesso – difficile da inquadrare, perché dietro una singola partita Iva individuale possono nascondersi molti modelli di lavoro diversi. Solo giovedì scorso è arrivata, ad esempio, la conferma ufficiale del Mef che l’indennità di 600 euro per il mese di marzo può essere chiesta anche dai soci lavoratori di Snc e Srl, iscritti alle gestioni speciali dell’Ago (artigiani o commercianti). Figure che – in effetti – ricadono nel lavoro autonomo, pur operando in forma societaria.
  • Ritenute ridotte sulla pensione integrativa
Si applica il regime agevolato previsto dal Dlgs 252/2005 al trattamento pensionistico integrativo erogato a un dipendente pubblico. Lo ha stabilito la Ctr Lazio con la sentenza 7141/16/2019 (presidente Block, relatore Tornatore). Nel caso in esame un ex dipendente Inps aveva impugnato il silenzio rifiuto dell’ufficio sulla richiesta di rimborso delle ritenute applicate alla pensione integrativa. Secondo il ricorrente, il trattamento pensionistico avrebbe dovuto essere assoggettato al regime fiscale agevolato di cui al Dlgs 252/2005 e non al regime fiscale ordinario previgente. Per l’ufficio, invece, in base all’articolo 23, comma 6, del Dlgs 252/2005 si doveva continuare ad applicare la normativa precedente (assoggettamento a Irpef pari al’87,50% del trattamento) fino all’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera p), della legge 243/2004.

Handelsblatt

 

  • I membri del consiglio di sorveglianza di Allianz vogliono un sostanziale aumento di stipendio
Nel bel mezzo della crisi Coronavirus, il Consiglio di sorveglianza di Allianz sorprende con la richiesta di una remunerazione fissa più elevata del 20%. Il Consiglio d’amministrazione, composto da dodici membri, intende farla approvare all’Assemblea generale annuale del 6 maggio. Questo è indicato nell’agenda dell’assicuratore. Al punto 6 dell’ordine del giorno, per il resto poco appariscente, si legge: “Remunerazione dei membri del Consiglio di sorveglianza di Allianz SE e relative modifiche statutarie”.