Per fronteggiare gli effetti economici dell’emergenza Coronavirus abbattutasi anche sui professionisti potrebbe, entro certi limiti, intervenire il welfare del sistema previdenziale delle Casse. Come rilevato dal Centro Studi di Itinerari previdenziali nel suo recente report «Il bilancio del sistema previdenziale italiano», fino ad oggi la cifra stanziata per queste prestazioni è ammontata a circa 400 milioni di euro. Per avere un’idea, il «Fondo per il reddito di ultima istanza» del decreto «Cura-Italia» destinato a lavoratori e professionisti (anche iscritti agli ordini) per i danni subiti dall’emergenza sanitaria mette sul piatto complessivamente 300 milioni di euro. Anche se ancora non è chiaro quanto di questo plafond sarà destinato agli iscritti alle Casse e con quali criteri accedervi.
Welfare e coronavirus. Ormai da qualche anno praticamente tutti gli enti hanno affiancato alle prestazioni pensionistiche tradizionali una serie di interventi assistenziali a sostegno dei propri iscritti, delle loro famiglie oltre che a sostegno alla professione: indennità di maternità, prestazioni a sostegno degli iscritti, prestazioni a sostegno della professione, ammortizzatori sociali, polizze sanitarie.
C’è da aspettarsi che quanto sta accadendo nel 2020, però, inevitabilmente indirizzerà gli organi statutari degli enti a prevedere interventi economici (oggi definite «provvidenze straordinarie») a favore di tutele più ampie nei confronti di eventi come le emergenze sanitarie.
Come già documentato da ItaliaOggi del 12 e del 14 marzo, infatti, già diversi enti si sono attivati in tal senso.
Risorse che andranno ad arricchire il budget già ogni anno allocato sulle prestazioni assistenziali e che negli ultimi due anni ha segnato una crescita. Il 2020, in questo senso, non sarà da meno. Basti pensare che solo Inarcassa (ingegneri e architetti) per affrontare la crisi ha stanziato 100 milioni di euro per aiutare i suoi iscritti.
Ad essere più attivi sul welfare sono gli enti di privatizzati (avvocati, medici, ingegneri e architetti, consulenti del lavoro, notai, farmacisti, giornalisti, veterinari, geometri, commercialisti e ragionieri) con 363 milioni di euro.
Gli altri enti di nuova generazione (biologi, psicologi, infermieri, attuari, chimici, geologi ecc.), che cmq contano sui versamenti di una platea di iscritti numericamente inferiore, vi destinano invece poco più di 30 milioni di euro. L’importo complessivo di queste prestazioni costituisce solo una parte marginale rispetto ai volumi delle prestazioni pensionistiche pagate. Tra le varie tipologie si evidenzia la continua crescita delle indennità di maternità e i premi pagati per le polizze sanitarie mentre sono più legate agli andamenti dell’economia le altre prestazioni con particolare riferimento al sostegno alla professione.
Il confronto con i dati dell’anno precedente riporta la sostanziale stabilità sia riguardo ai contributi che alle prestazioni con importi praticamente uguali. Va ricordato che queste prestazioni non incidono sulla sostenibilità degli Enti in quanto finanziate in parte da contributi di scopo e in parte da quote del contributo integrativo, ma, soprattutto, non comportano impegni futuri permanenti in quanto vengono finanziati di anno in anno in base all’andamento delle entrate. Al momento della rilevazione contenuta nel Rapporto 7/2020 di Itinerari previdenziali solo gli enti dei consulenti del lavoro (Enpacl) e dei geometri (Cipag) coprono tutta la spesa tramite contribuzioni specifiche.
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