di Teresa Campo

Mercati ko per colpa di Trump e Lagarde. Il combinato disposto tra il blocco dei viaggi provenienti dall’Europa da parte del presidente Usa Donald Trump e un’azione del nuovo governatore della Bce Christine Lagarde al di sotto delle aspettative ha provocato vendite a pioggia sui mercati di tutto il mondo. Con perdite tra le peggiori mai viste. Se al mattino le borse di Giappone e Cina si erano limitate a un rosso del 3-4%, quelle del Vecchio Continente sono sprofondate, specie appunto dopo la riunione della Banca centrale europea. Partita già in netto ribasso Piazza Affari ha chiuso con una perdita record del 16,8% a 14.894 punti, il maggior ribasso degli ultimi 20 anni, accompagnato da un nuovo balzo dello spread, volato a 262 punti dai 192 della vigilia. Tanto che la Consob, in costante consultazione con le autorità di borsa europee tramite l’Esma, ha pronto il procedimento di divieto delle vendite allo scoperto che scatterà stamattina.

Ma anche i cali delle altre borse europee sono stati impressionanti: Parigi -12,28%, Francoforte -12,24%, Londra -10,87%. A spiegare l’effetto così devastante dei due eventi è sempre il coronavirus. Il provvedimento di Trump, peraltro dopo giorni in cui si era speso a sdrammatizzare gli effetti del virus, ha suscitato nei mercati la convinzione che la situazione, anche negli Stati Uniti, sia molto peggiore di quanto viene raccontato o quantomeno che si stia deteriorando più rapidamente del previsto, complice il numero di nuove infezioni che include anche nomi famosi della politica e dello starsystem. Non solo: a questo punto i mercati, che già dallo scoppio dell’epidemia in Cina hanno iniziato a scontare almeno un semestre di recessione tecnica, cominciano a ipotizzare scenari ben peggiori. La paura è che, oltre che certa, la recessione invece che tecnica sarà strutturale, e per di più di durata e profondità imprevedibili, almeno finché contorni e portata della pandemia (l’upgrade da parte dell’Oms è di due giorni fa) non saranno più definiti.
In questo quadro le misure prudenti della Bce sono sembrate insufficienti (aumento del Qe da 20 ad appena 33-35 miliardi di euro al mese, contro ipotesi di un raddoppio se non di aumento a 50 miliardi al mese), anzi hanno dato l’idea di un’Europa debole e certo poco solidale con l’Italia, oggi il Paese più colpito. Anzi proprio alcune frasi della Lagarde hanno scatenato le vendite, in primis sui Btp, e a ruota su tutto il resto. «Non è compito della Bce chiudere gli spread», ha infatti dichiarato, aggiungendo poi che «la prima cosa e la più importante è la risposta dei Governi alla minaccia del coronavirus attraverso adeguate misure fiscali». Tali decisioni hanno deluso i mercati, che si aspettavano che la Banca centrale europea seguisse le misure della Fed e della Bank of England .
A questo punto solo misure straordinarie da parte dei governi, con sgravi fiscali, contributi a chi è in difficoltà, sostegni all’economia, potranno forse rasserenare i mercati, che comunque arrivano da una lunga stagione al rialzo e quindi hanno forte propensione a scendere. La stessa Europa, spiega un operatore, deve mettere sul tavolo 50-100 miliardi per dare il via a un piano straordinario di opere infrastrutturali. Naturalmente accompagnato da stop al Fiscal compact e alla firma del Mes. Dunque utopia.
Le misure straordinarie non si sono fatte invece attendere di là dall’Atlantico. Dopo il taglio di 50 punti base dei tassi delle scorse settimane, ieri la Fed è di nuovo intervenuta per fermare il bagno di sangue a Wall Street. Nello specifico la Banca centrale americana ha annunciato che intensificherà le operazioni di finanziamento overnight a oltre 500 miliardi di dollari e che già oggi effettuerà pronti contro termine per 1.000 miliardi di dollari. I listini hanno subito reagito dimezzando le perdite. Ma l’effetto è stato di breve durata perché Dow Jones e Nasdaq hanno comunque chiuso in ribasso entrambe quasi del 10%.

Dagli insider 7,1 milioni a sostegno di Piazza Affari

di Francesco Bertolino
Nella settimana più nera di Piazza Affari arriva un segnale di fiducia dai manager delle quotate italiane. Da lunedì 9 marzo gli insider hanno investito sulle rispettive società oltre 7,1 milioni di euro, comprando titoli a piene mani. Amministratori, sindaci, top manager e azionisti con quote superiori al 10% cercano così di sostenere i titoli in un momento di mercato a dir poco difficile. Anche se ieri dopo il -16,9% del Ftse Mib tutti gli insider hanno perso molto, di norma i loro movimenti anticipano successivi rialzi in borsa. Per il momento, in una situazione senza precedenti, pare impossibile fare previsioni sul futuro. Di sicuro comunque gli acquisti di manager e azionisti inviano un messaggio significativo agli investitori, che stanno penalizzando le quotate oltre i meriti di bilancio e, forse, anche oltre le più nere previsioni. Così i manager di Banco Bpm hanno comprato quasi 3,9 milioni di azioni dell’istituto a un prezzo medio di 1,27 euro. Il presidente in pectore della banca, Massimo Tononi, ha investito 3,8 milioni per acquistare 3 milioni di titoli. Tononi ha dichiarato di «aver fiducia nelle persone e nelle strategie», aggiungendo di essere «ottimista sul futuro della banca, perché sta andando nella direzione giusta» come «dimostrano i risultati ottenuti e la qualità delle persone che li hanno realizzati». In queste settimane, ha rivelato il banchiere, «ho conosciuto tanti professionisti, a partire dall’amministratore delegato Giuseppe Castagna, competenti, motivati, affiatati, orgogliosi del loro lavoro e della loro azienda». Molti altri dirigenti di Banco Bpm hanno investito sull’istituto in questi giorni: Castagna ha comprato 200 mila azioni, il presidente uscente Carlo Fratta Pasini 70 mila, il consigliere Giulio Pedrollo 510 mila e l’altro consigliere Fabio Ravanelli 47mila (che si aggiungono ai 60 mila titoli acquistati venerdì 5 marzo).
Altri manager hanno voluto lanciare un segnale di ottimismo sul futuro di società, quali: Abitare In, Amplifon, Anima Holding, Banca Ifis, Credito Valtellinese, Eni, Finecobank, Mediobanca, Ovs. Spiccano in particolare i 47 mila titoli di Banca Ifis acquistati dal presidente e primo azionista Sebastien Egon Furstenberg per un esborso vicino ai 500 mila euro. Investimenti sostanziosi anche da parte del group accounting & finance director di Amplifon Paolo Terazzi (15 mila azioni a un prezzo medio di 22,62 euro) e il consigliere del Credito Valtellinese Massimiliano Scrocchi (700 mila azione per un esborso di 315 mila euro)
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