Il dpcm del 22 marzo 2020 salva dalla chiusura anche commercio all’ingrosso e al dettaglio
Attivi alimentare, beni di prima necessità, servizi essenziali
di Giuseppe Dell’Aquila

Il «lockdown» deciso dal governo per le attività produttive non riguarda la produzione primaria (coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali, pesca e acquacoltura), le attività estrattive, le industrie alimentari, il commercio all’ingrosso di alimenti e altri beni di fondamentale importanza, più tutta una serie di servizi essenziali per la comunità.
I settori autorizzati sono individuati mediante la classificazione Ateco 2007, normalmente prevista a fini statistici e utilizzata per individuare le attività di impresa nell’iscrizione al Registro presso le camere di commercio. Qualora un’azienda sia registrata con riferimento a più codici Ateco, deve sospendere le attività non consentite; qualche difficoltà potrà crearsi per linee di produzione diverse ma strettamente connesse.
Lo dispone il dpcm del 22 marzo 2020 (Gazzetta Ufficiale n. 76 dello stesso giorno), per il periodo tra il 23 marzo stesso e il 3 aprile prossimo. Il decreto prevede comunque che le imprese le cui attività sono sospese possono completare il ciclo produttivo già avviato entro il 25 marzo 2020, inclusa la spedizione della merce in giacenza.

L’Ateco prevede un codice principale, che individua il settore di appartenenza, e sottocodici che specificano le attività particolari: se l’indicazione per il mantenimento dell’attività, che fa il dpcm, è relativa al codice principale, tutte le attività che sono ricomprese nei sottocodici saranno permesse.
Il decreto consente sempre e comunque l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari. Resta altresì consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza.

Con riferimento alle attività commerciali, nulla cambia rispetto a quanto previsto nel dpcm dell’11 marzo 2020 e nell’ordinanza del ministero della salute del 20 marzo 2020. In particolare, è consentito il commercio al dettaglio nell’ambito di esercizi di vicinato, medie e grandi strutture, nonché centri commerciali, per la vendita dei generi alimentari e di quelli di prima necessità, individuati nell’allegato 1 al dpcm dell’11 marzo, purché sia consentito l’accesso alle sole predette attività di vendita.

Sono chiusi i mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. Restano aperte le edicole, i tabaccai, le farmacie, le parafarmacie. Nei giorni festivi e prefestivi medie e grandi strutture sono aperte solo per la vendita di prodotti alimentari. Deve essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.

Le attività della ristorazione (ristoranti, bar, pizzerie anche al taglio, rosticcerie, ecc.) rimangono sospese: da chiarire se il lockdown impedisca a tali attività la produzione dei pasti con consegna al domicilio del cliente, che finora era ammessa, ma sulla quale ora sussistono dubbi interpretativi, sebbene si ritenga che essa costituisca attività di supporto all’emergenza e come tale consentita.

È vietato a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati dal comune in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

Rimane possibile l’attività degli alberghi, ovviamente non per finalità di turismo, ma di ospitalità delle persone che si spostano per motivi legati alle comprovate esigenze lavorative e all’emergenza.
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