L’ex presidente della Bce, Mario Draghi, dopo un lungo silenzio scende in campo con un piano dettagliato e rivoluzionario per rispondere alla crisi economica provocata dalla pandemia. Il suo discorso, affidato alle pagine del Financial Times ma rivolto a tutti gli europei, verte su un punto centrale: bisogna salvare i posti di lavoro e, per farlo, occorre dispiegare tutta la potenza dei governi. Perciò non importa di quanto salirà il debito pubblico, perché siamo in guerra e le difficoltà vissute dalle imprese non sono colpa loro. È indispensabile un’immediata immissione di liquidità per consentire alle aziende di coprire le loro spese operative durante la crisi. Va mobilitato l’intero sistema finanziario: il mercato dei bond per le grandi imprese, le banche, e in alcuni paesi le Poste, per tutti gli altri. Bisogna farlo subito, evitando i ritardi della burocrazia. Draghi ha osservato che le banche «possono creare moneta istantaneamente aprendo le loro linee di credito». Il debito pubblico degli Stati salirà alle stelle, ma l’alternativa è la distruzione permanente della capacità produttiva e, quindi, dell’imponibile fiscale.
Intanto hanno preso il via gli acquisti di titoli da parte della Bce nell’ambito del nuovo programma da 750 miliardi di euro per l’emergenza coronavirus. Dai verbali della riunione del consiglio direttivo del 12 marzo è emerso che l’Eurotower ha agito per cercare di mitigare l’impatto negativo della pandemia sull’economia dell’Eurozona, ma è pronta a fare di più. Al tempo stesso è fondamentale che i governi facciano la loro parte: sono necessari provvedimenti quali garanzie del credito per integrare e rafforzare le misure di politica monetaria.
Infine, la Banca d’Inghilterra ha lasciato invariato il programma di allentamento quantitativo a 635 miliardi di sterline (7 mld euro) e il portafoglio di corporate bond fino a 10 mld. L’istituto si è detto pronto a «fornire ulteriori stimoli all’economia e, se necessario, ampliare gli acquisti di asset del Qe».
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