di Maria Elisa Scipioni.

Chi ha aderito a una forma pensionistica complementare riceverà a breve nella propria posta la comunicazione periodica relativa all’anno 2019, all’interno della quale è presente il documento “La mia pensione complementare”. Si tratta della busta arancione della previdenza complementare che scaturisce da un obbligo normativo, dettato dalla stessa Autorità di Vigilanza COVIP, che impone ai Fondi Pensione[1] di inviare annualmente un resoconto della propria posizione maturata all’interno del fondo e una stima di quella che sarà la prestazione a scadenza.

Il documento si presenta in due versioni:

  • standardizzata, che deve essere consegnata al momento dell’adesione al fondo;
  • personalizzata, che deve essere inviata unitamente alla comunicazione periodica, entro il 31 marzo di ogni anno.

A partire dal 2008[2] l’Autorità di Vigilanza ha imposto l’obbligo per i fondi pensione di mettere a disposizione degli iscritti, nelle modalità ritenute appropriate, procedure di stima che forniscano agli iscritti indicazioni circa la pensione che essi possono attendersi di percepire dal fondo pensione.

Le disposizioni attualmente in vigore richiedono che:

  • siano consegnate, in sede di adesione, insieme alla Nota Informativa, stime “standardizzate” basate su figure-tipo di aderente;
  • sia trasmessa all’iscritto, ogni anno, insieme alla comunicazione periodica, una stima “personalizzata”, che tenga conto dell’ammontare del capitale fino a quel momento accumulato, del tempo mancate al pensionamento e delle scelte contributive e di investimento effettuate;
  • i siti web delle forme pensionistiche complementari siano dotati di motori di calcolo mediante i quali gli interessati possano effettuare simulazioni personalizzate.

Il documento, che deve essere rappresentato in termini reali (al netto dell’inflazione) e al lordo dell’imposizione fiscale, illustra all’iscritto la prevista evoluzione della posizione individuale nel corso del rapporto di partecipazione e, al momento del pensionamento, l’importo del montante accumulato e della prestazione attesa, sulla base delle caratteristiche della linea del fondo considerata e di un insieme di ipotesi definite dalla Covip e dal lavoratore.

In particolare la versione standardizzata del documento è riferita a figure tipo generiche di aderenti aventi età di 30, 40 e 50 anni che contribuiscono al fondo pensione fino all’età (di pensionamento) di 67 anni, prevedendo il versamento di un contributo iniziale pari rispettivamente di 1.500, 2.500 e 5.000 euro. In questa fase l’aderente dovrebbe individuare la figura che più si avvicina alle sue caratteristiche tra quelle indicate, in modo da avere una prima indicazione di quella che potrebbe essere la prestazione conseguibile al pensionamento.

Mentre, la versione personalizzata, pur basandosi su precise indicazioni fornite dall’Autorità di Vigilanza, prende a riferimento l’effettiva anagrafica del soggetto, la misura della contribuzione e il profilo di investimento che si è scelto.

Le Ipotesi del documento[3]
Stabilite dalla COVIP

•       Tasso annuo atteso di inflazione: 2%

•       Tasso atteso di rendimento della gestione: 2% reale componente obbligazionaria, 4% reale componente azionaria

•       Età prevista al pensionamento: 66, 67, 68, 69 e 70 anni

•       Tasso atteso di crescita della contribuzione/retribuzione di default: 1% reale annuo

Se Se il pensionamento è previsto in un periodo in cui le condizioni di rendita offerte dal fondo non saranno più garantite:

•       Basi tecniche per il calcolo della rendita: IPS 55, tasso tecnico 0%

•       Costo relativo alla trasformazione della posizione individuale in rendita: 1,25% della posizione maturata al termine

Indicate dal lavoratore

•       Dati anagrafici dell’aderente: età e sesso

•       Misura della contribuzione

•       Profilo di investimento

•       Tasso atteso di crescita della contribuzione/retribuzione: diverso da quello di default e non oltre il 3% reale annuo

Relative al Fondo Pensione

•       Costi connessi alla partecipazione nella fase di accumulo

•       Ripartizione della linea fra le diverse classi di attività e eventuali opzioni di riallocazione dinamica

Se Se il pensionamento è previsto in un periodo in cui le condizioni di rendita offerte dal fondo saranno ancora garantite:

•       Basi tecniche per il calcolo della rendita

•       Costo relativo alla trasformazione della posizione individuale della rendita

 

Il documento, che fino al primo gennaio 2017 prendeva il nome di “Progetto Esemplificativo: stima della pensione complementare”, “in un’ottica di semplificazione e di maggiore comprensione della finalità del documento e anche di uniformità rispetto al documento predisposto dall’INPS relativamente alla proiezione della pensione obbligatoria”[4] ha modificato la propria denominazione in “La mia pensione complementare”, in linea appunto con “La Mia Pensione” dell’INPS. L’obiettivo dei due documenti è di fatto lo stesso: mettere a disposizione dell’iscritto una proiezione della prestazione pensionistica futura, cioè l’importo della rendita che lo stesso si potrà attendere al momento del pensionamento. Avrebbe poco senso stimare l’entità di una prestazione pensionistica complementare senza partire dal vuoto che si intende colmare. Tuttavia, è fondamentale che le ipotesi alla base delle simulazioni di I e II pilastro siano coerenti fra loro, ossia siano gestite dallo stesso motore di calcolo (avrebbe poco senso stimare la previdenza obbligatoria con una crescita salariale reale del 3% e quella complementare con un tasso dell’1% reale, ma ciò potrebbe accadere se si separano i due momenti).

Inoltre l’età di pensionamento, che prima dell’entrata in vigore della Riforma Fornero era differenziata per sesso, 60 per le donne e 65 per gli uomini, venne poi sostituita da un range di età, uniforme per entrambi i sessi. Se il soggetto è nato dal 1953 in poi il range di età per cui calcolare la rendita al pensionamento varia dai 66 ai 70 anni, in caso contrario va considerato il range 62-66 anni.

Per quanto riguarda il profilo di investimento, va tenuto presente che nell’attuale configurazione, la valutazione della maggiore o minore rischiosità dell’investimento è demandata al lavoratore che deve tenere in considerazione l’avvertenza secondo cui “nel corso del rapporto di partecipazione la posizione individuale effettivamente maturata è soggetta a variazioni in conseguenza della variabilità dei rendimenti conseguiti nella gestione e che tale variabilità è tanto più elevata quanto maggiore è l’investimento azionario relativo al profilo di investimento dell’aderente”. Come per i medicinali le avvertenze di uso ci pongono in guardia, ma non ci consentono di quantificare i rischi che corriamo (un caso su mille o uno su diecimila?), allo stesso modo come potrà essere ponderata dal lavoratore la rappresentazione di una maggiore accumulazione offerta da un profilo azionario con la sua maggiore variabilità? Non considerare la variabilità dei rendimenti dei diversi profili di investimento potrebbe generare pesanti difficoltà di valutazione per il lavoratore.

Si pensi per esempio a un utente a cui viene proposto un piano previdenziale interamente obbligazionario e un piano interamente azionario, dove l’investimento periodico di 2.500 euro annui per 40 anni genera nel primo caso un montante[5] di 183.390 euro, nel secondo caso un montante di 287.054 euro, ossia quasi il doppio. Quanti lavoratori sapranno confrontare questi due progetti e terranno conto correttamente che la differenza di circa 100.000 euro è viziata dal fatto che nella linea completamente azionaria è possibile che si possa determinare un risultato di gran lunga inferiore ai 287.054 euro rappresentati, ma rimane il dubbio che se fosse inferiore anche di 80.000 euro rispetto al dato riportato sarebbe sempre preferibile la linea azionaria.

Se la variabilità dei rendimenti non trova una sua rappresentazione accessibile anche alle persone che non hanno una cultura finanziaria, esiste la seria possibilità che il maggiore rendimento della componente azionaria diventi uno specchietto per le allodole.

Quindi, pur essendo chiaro che si tratta di una stima, l’esemplificazione aiuta a concretizzare qualcosa altrimenti percepito come troppo lontano da molti lavoratori, permettendo di simulare un viaggio nel tempo e prendendo contatto con una realtà troppo spesso ignorata.

Ricordiamo infatti che l’obiettivo ultimo della partecipazione a un piano di previdenza complementare è finalizzato all’ottenimento di una pensione aggiuntiva che permetta all’individuo di raggiungere un tasso di sostituzione complessivo adeguato rispetto alle sue esigenze. Il processo di presa di coscienza e l’ottimizzazione del risparmio integrativo è un bisogno vero, urgente, che necessita di un supporto di consulenza di alta qualità. Approntare adeguatamente i metodi di comunicazione e gli strumenti di analisi efficaci, dà l’opportunità di intercettare un nuovo bisogno che avrà una crescita certa.

fondo pensione

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[1] a eccezione di quelli preesistenti per cui si applica la precedente disciplina;

[2] Deliberazione del 31 gennaio

[3] Istruzioni adottate dalla COVIP con deliberazione del 31 gennaio 2008 e successivamente modificate con deliberazione del 27 novembre 2012, come descritto successivamente.

[4] Deliberazione del 25 maggio 2016 “Modifiche alla Deliberazione del 31 gennaio 2008 recante le Istruzioni per la redazione del “Progetto esemplificativo: stima della pensione complementare” e ulteriori disposizioni”

[5] Per semplicità in questa simulazione non sono stati considerati i costi, né l’impatto fiscale. I valori riportati quindi sono più elevati rispetto a quelli che si otterrebbero nelle simulazioni reali. Va inoltre considerato che, poiché i costi sono generalmente più elevati per i comparti a maggiore contenuto azionario, le differenze tra i piani risulteranno meno marcate rispetto a quanto rappresentato.