di Anna Messia
Non sembra avere pace la mutua trentina Itas Assicurazioni. Martedì 24 si è riunito il consiglio di amministrazione della società per approvare il bilancio 2019 con un nuovo vertice dopo che, il venerdì precedente, l’amministratore delegato e direttore generale, Raffaele Agrusti, aveva lasciato la compagnia in rottura con il presidente Fabrizio Lorenz, insieme a due consiglieri indipendenti, Paolo Vagnone e Maria Teresa Bernelli. I dati sul bilancio sono stati resi noti solo la sera del giorno successivo al consiglio e hanno mostrato una crescita della raccolta premi in aumento del 16,8% a 1,692 miliardi ma il risultato consolidato è stato negativo per 6,7 milioni, principalmente per effetto del peso straordinario dei sinistri legati a eventi atmosferici il cui costo aggiuntivo, rispetto al 2018, è stato pari a 27 milioni, e il risultato al netto delle imposte è stato negativo per 9,9 milioni. A prendere il posto di Agrusti è stato prontamente il già vicedirettore generale della compagnia, Alessandro Molinari, nominato amministratore delegato, e Alberto Rossi, altro manager interno al gruppo, è stato chiamato alla direzione generale di Itas Vita. Ma la situazione, guardando al futuro, resta inevitabilmente ingarbugliata non solo sul fronte del business ma anche su quello della governance. L’addio di Agrusti, manager molto apprezzato dal mercato, ex cfo Rai con un’esperienza trentennale nel gruppo Generali, che ha lasciato il timone con un anno di anticipo rispetto al previsto ha subito provocato, come visto, le dimissioni di due consiglieri ma anche più di qualche malumore. Agrusti, chiamato dallo stesso Lorenz, aveva raccolto il testimone del direttore generale Ermanno Grassi, uscito tra le polemiche per un’inchiesta giudiziaria per accusa di tentata estorsione (poi ritirata). A lui era stato affidato l’incarico di rilanciare la compagnia in un’ottica quanto più di mercato e di accelerare la crescita di Itas anche nel ramo Vita. Ma, come visto, il piano si è interrotto in anticipo per la divergenza di vedute con il presidente creano inevitabilmente spaccature a Trento. Ieri Alberto Guareschi, delegato della compagnia già consigliere di amministrazione, riferendosi all’uscita anticipata di Agrusti ha sottolineato il fatto che il manager abbia pagato il fatto di aver «anteposto l’interesse della compagnia a qualsiasi altro interesse con esse contrastante». Ma il fronte più caldo, in questi mesi di crisi dei mercati e di volatilità sui titoli di Stato dovuti all’emergenza sanitarie per il coronavirus, è probabilmente quello finanziario e del business. Il combined ratio di fine 2019, pari al 104,8%, mostra che costi e sinistri nel ramo danni hanno superato i premi incassati. Serve quindi una manovra decisa per eliminare lo squilibrio, ma anche sul fronte del capitale l’allerta resta alta. A fine dicembre scorso il Solvency II di Itas Vita era del 184% mentre quello di Itas Mutua del 144%. La volatilità di questi giorni ha inevitabilmente alzato l’attenzione sugli indici di solvibilità, con Ivass, autorità di controllo del settore che, come anticipato ieri da MF-Milano Finanza, vuole avere informazioni aggiornate ogni settimana sul Solvency II. Per Itas, qualora ci fosse necessità di nuovo capitale, la partita si farebbe decisamente complicata vista la forma di mutua. Negli anni scorsi, Isa e Intesa Sanpaolo, che erano soci sovventori della compagnia, hanno liquidato le proprie quote. Restano i tedeschi di Talax e quelli di Vhv ma la strada per un eventuale rafforzamento di capitale sarebbe tutta in salita, e c’è chi bisbiglia il nome di Reale Mutua che potrebbe . Per ora niente più che voci. (riproduzione riservata)

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