di Angelo De Mattia
L’intervento della Federal Reserve con un Quantitative easing illimitato ieri ha avuto un impatto anche sulle borse europee, tuttavia lontane dalla stabilizzazione. Il panorama istituzionale presenta assenze, ritardi, incertezze, inadeguatezze, a cominciare dagli organismi internazionali G7, G20, Financial Stability Board (quest’ultimo proprio «non pervenuto») e lo stesso Fmi, che, considerato il carattere globale dell’emergenza, dovrebbero dare un segnale quantomeno di esistenza in vita. Invece tacciono senza neppure organizzare incontri quantomeno informativi. Altro che nuovo ordine monetario internazionale.
Se si passa all’Europa, è solo da pochi giorni che sembra si stia risvegliando. Oggi si tiene la riunione dell’Eurogruppo che dovrebbe decidere sull’attivabilità del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), non certo secondo il progettato nuovo accordo intergovernativo. Anzi, la condizione di base dovrebbe essere proprio l’assenza di condizioni per l’ottenimento dei prestiti da parte dei Paesi comunitari. Qualcuno sostiene che, al più, potrebbe prevedersi la condizione della non destinazione dei finanziamenti del Mes a spese correnti. Ma si conseguirà un tale risultato o il negoziato tra i partner allungherà la lista delle condizioni, che per l’Italia sarebbero però inaccettabili, in specie se dovessero riguardare la sostenibilità del debito e operazioni di risanamento? Ma con un Mes privo di condizionalità sarebbero possibili le Omt, ossia le operazioni di finanziamento illimitato ma condizionato della Bce (con l’intervento appunto del Mes come previsto) a favore di un Paese in difficoltà?
Quanto poi al Patto di Stabilità, occorrerà la sospensione che ne è stata decisa ai successivi accordi intergovernativi, in specie al Fiscal Compact. Poi è necessario delineare le misure per quando si uscirà dall’emergenza, mentre si profila una recessione drammatica. Il rischio è che si scateni una depressione peggiore di quella avvenuta tra gli anni ‘20 e ‘30 e una crisi di gran lunga superiore alla tempesta perfetta prima finanziaria e poi economica vissuta a partire dal 2008. Fondamentale resta il ruolo della Bce, a proposito della quale il governatore Ignazio Visco ha fatto presente che essa è pronta , se necessario, a rafforzare le misure finora adottate.
Il governo italiano ha mostrato nella gestione della crisi alcuni ritardi e leggerezze, innanzitutto sul piano della comunicazione e del coordinamento. Lo «stato di eccezione» è un’attenuante non esimente. Conte ha dimostrato qualità non prevedibili, tuttavia non vanno nascosti gli errori che ha compiuto, anche con l’utilizzo, forse al di là del consentito, del Dpcm. Sarebbe però autolesionistico in questa fase operare, come alcuni settori politici vorrebbero, per la sostituzione del premier e di alcuni ministri. Non credo che tornare a fare appello a Mario Draghi nelle vesti di presunto salvatore della patria sia un atto di saggezza. È necessario invece agire sui contenuti dell’azione politica e rafforzare l’affidabilità e credibilità del Paese. Non è più il tempo dell’avvento di un «messia». Del resto lo stesso Draghi ha rappresentato la propria indisponibilità in diverse circostanze. Sarebbe quantomai importante porre fine a questa improbabile ricerca di demiurghi e fare leva invece su proposte alternative, se esistono e sono realizzabili. Non si vorrebbe che, proprio perché si potrà versare in una crisi peggiore di quella degli anni ‘30, si finisca con l’imitare le degenerazioni della Repubblica di Weimar con le molto frequenti elezioni politiche e i cambiamenti ai vertici nelle istituzioni. (riproduzione riservata)
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