Le ultime due settimane, con il diffondersi dei timori legati al propagarsi del coronavirus, hanno pesantemente colpito i corsi di Borsa delle banche italiane, arrivando a dimezzarne il valore. Intesa è scesa sotto due euro, Unicredit sotto i dieci, Mps che aveva sfiorato quota 2, vale meno di 1,4. Bper venerdì scorso capitalizzava 1,5 miliardi e dovrebbe predisporre un aumento di capitale da un miliardo per acquisire gli sportelli che Intesa Sanpaolo alienerà se l’operazione di fusione con Ubi andrà in porto. Banco Bpm nell’ultima settimana ha perso un quarto del proprio valore ed ora capitalizza 2,1 miliardi. Significa che con poco più di un miliardo una banca estera potrebbe acquisire la maggioranza del terzo gruppo creditizio italiano. Un’operazione che a Londra qualcuno sta valutando. Prezzi da saldo, da liquidazione: Unicredit capitalizza 22 miliardi, Intesa 35, Ubi 3,8 e il Monte dei Paschi 1,6. Qualcuno ne approfitterà? Di certo non sono solo le incertezze di natura sanitaria a pesare sulle prospettive delle banche. La visione lunga ne evidenzia le possibili conseguenze negative. Un rallentamento pesante di un’economia già a crescita lenta potrebbe portare a una nuova impennata dei crediti in sofferenza, con effetti che saranno evidenti sui conti degli istituti di credito. Il picco di 360 miliardi di sofferenze raggiunto dal sistema creditizio italiano oggi si è ridotto a 160 miliardi, per effetto delle politiche di esternalizzazione. Ma il gross book value, il valore lordo di libro di queste esposizioni è destinato a salire proprio per gli effetti del rallentamento in atto.

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